sabato 5 aprile 2014

28° giorno La chiarezza di ciò che sta succedendo non paralizza Etty né tanto meno la rende assolutamente sensibile a qualsivoglia forma di illusione.


Attorno al Signore Gesù la baruffa aumenta sempre di più: «e nacque dissenso tra la gente riguardo a lui» (Gv 7,43). Aldilà degli apprezzamenti - «mai un uomo ha parlato come quest’uomo» (Gv 7,46) – e dei rifiuti netti -«studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea» (Gv 7,52) – rimane la profezia che si compie pienamente nel consapevole e libero cammino del Signore Gesù verso la sua Ora: «Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; allora mi ha aperto gli occhi sui loro intrighi» (Ger 11,18).
Il Signore Gesù ci spiana la via verso la pienezza perché ci indica il modo di portare a compimento il nostro cammino ad occhi aperti, senza stordimento alcuno e in piena coscienza: «Si vedono molti visi sfiniti, pallidi e sofferenti. Un altro pezzo del nostro campo è stato amputato, la prossima settimana toccherà al prossimo pezzo, qui si vive così da più di un anno, settimana dopo settimana» (143) dopo questo primo sguardo riassuntivo Etty apre ancora di più i suoi occhi e aggiunge: «non sappiamo niente del loro destino. Forse lo sapremo presto, ognuno a suo tempo, perché quello sarà anche il nostro destino – non ne dubito nemmeno un istante» (144).
La chiarezza di ciò che sta succedendo non paralizza Etty né tanto meno la rende assolutamente sensibile a qualsivoglia forma di illusione. Da parte sua cerca di affrontare il momento presente con tutta la presenza possibile e, al contempo, animata da un dovere di registrazione del reale cerca di assicurare che nulla vada perso.
Una Quaresima con Etty

venerdì 4 aprile 2014

27° giorno L’olio della mitezza non può che rendere imprendibili come l’olio rendeva più difficile abbattere nella lotta un gladiatore.


Mentre la Pasqua si fa sempre più vicina si fa sempre più forte e chiaro che non è una fatalità o un incidente di percorso bensì un evento a lungo preparato nel cuore e attraverso i passi del Signore Gesù: «nessuno riuscì a mettergli le mani addosso perché non era ancora giunta la sua ora» (Gv 7,30). Nessuna pasqua – né quella del Signore Gesù né la nostra – potrebbe compiersi senza una remota e profonda preparazione in cui maturi il dono della propria vita libero e totale… fino a dire «sono io… prendete me» (Gv 18,8).
Proprio mentre «gli empi dicono tra sé» (Sap 2,1) «tendiamo insidie al giusto» (Sap 2,12) illudendosi di avere presa e potere sulla sua vita… il giusto non fa altro che affinare ulteriormente «la mitezza del suo carattere»(Sap 2,19) fino a rendersi im-prendibile. L’olio della mitezza non può che rendere imprendibili come l’olio rendeva più difficile abbattere nella lotta un gladiatore. Anche noi siamo chiamati a vivere la nostra personale Pasqua! Anche a noi tocca il compito di renderci impermeabili al male attraverso quell’olio di mitezza e di dolcezza capace di renderci immuni ad ogni empio ragionamento e vivendo, invece, nell’umiltà dell’evidenza.
Una Quaresima con Etty

giovedì 3 aprile 2014

26° giorno La grazia dell’elezione, la coscienza di essere in un rapporto particolare con il Signore conduce Mosé, il Battista e – nella pienezza dei tempi – il Signore Gesù a non sottrarsi al destino comune ma a illuminarlo con la loro presenza


Tra i tanti rimproveri del Signore Gesù ve n’è uno che li supera tutti per la sua capacità di toccare la radice di ogni ipocrisia nella nostra esistenza: «E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?» (Gv 5, 44). L’esempio del Battista e quello di Mosè aiutano a capire che cosa significhi cercare la «gloria che viene da Dio solo». Da una parte pagare di persona come una «lampada che arde e risplende» (Gv 5, 35) consumandosi inevitabilmente e, dall’altra, la resistenza opposta a Dio stesso – percepito quasi come un tentatore – di avere accesso ad una gloria separata dalla solidarietà con tutto il «popolo che tu hai fatto uscire» (Is 32, 11). Ma la solidarietà di Mosé non è che il frutto maturo della sua fedeltà al "Dio solo" di cui non ha in nessun modo paura.
La grazia dell’elezione, la coscienza di essere in un rapporto particolare con il Signore conduce Mosé, il Battista e – nella pienezza dei tempi – il Signore Gesù a non sottrarsi al destino comune ma a illuminarlo con la loro presenza. Etty si riconosce tra gli eletti – ne aveva la ragione – ma non si lascia né ingannare né adulare: «Voglio vivere ancora a lungo e voglio condividere il destino riservato a tutti noi …Eppure sono una dei tuoi eletti, mio Dio, perché mi concedi di prendere tanta parte a questa vita, e perché mi hai dato abbastanza forza per sopportare tutto quanto» (178). La coscienza di un accesso particolare al mistero della vita e di Dio per Etty si identifica con la capacità di sopportare di più e non di essere esentata – secondo la logica della gloria del mondo – dalla sofferenza, dalla fatica, dal peso dell’enigma che raggiunge l’acme nel momento dell’agonia di Spier: «ti ringrazio perché tu lasci che poche cose mi passino accanto senza toccarmi» (178)
Una Quaresima con Etty

mercoledì 2 aprile 2014

25° giorno imbatterci continuamente con la presenza di Dio, di un Dio che non corrisponde a nessuno schema perché li supera tutti:


Anche per noi risuona la parola del Signore Gesù: «e voi ne resterete meravigliati» (Gv 5, 20), meravigliati del fatto – incomprensibile e inaccettabile per il fariseo che si nasconde nel nostro cuore – semplice, nudo ma rivoluzionario che «il Padre infatti ama il Figlio» e che questo amore è talmente e realmente trasformante che Gesù non ha altra scelta se non chiamare Dio «suo Padre, facendosi uguale a Dio» (Gv 5, 18). Tutti i mistici rivendicano questa intimità trasformante in cui e per cui «O Notte che riunisti l’Amato con l’amata, amata nell’Amato trasformata» (Giovanni della Croce, Notte Oscura, 5).
Quale meraviglia è per noi scorrere le pagine lasciateci in eredità da Etty e imbatterci continuamente con la presenza di Dio, di un Dio che non corrisponde a nessuno schema perché li supera tutti: un Dio così presente eppure così imprendibile: «non mi sento nelle grinfie di nessuno, mi sento soltanto nelle braccia di Dio per dirla con enfasi; e sia che ora io i trovi qui, a questa scrivania così terribilmente cara e familiare, o fra un mese in una nuda camera del ghetto o fors’anche in un campo di lavoro sorvegliato dalle SS, nelle braccia di Dio credo che mi sentirò sempre» (167).
Una quaresima con Etty

martedì 1 aprile 2014

24° giorno questa percezione profonda e terribile: «Io non ho nessuno!» e per questo non ho nessuna speranza perché per guarire c’è bisogno che qualcuno «mi immerga nella piscina» (Gv 5, 7). «Io non ho nessuno» facilmente diventa "Io non sono nessuno".


 … «da trentotto anni era malato» (Gv 5, 5) e dal testo si può presumere che da così tanto tempo – una vita! – quest’uomo aspetta di guarire. Ma perché il Signore Gesù si rivolge proprio a quest’uomo a dispetto del «gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici» (Gv 5, 3)? Forse la risposta del paralitico ci svela il mistero di questa predilezione. Gesù chiede «Vuoi guarire?» e si sente rispondere: «Signore, io non ho nessuno…» (Gv 5, 7). Che cosa ci può essere di più terribilmente paralizzante di questa percezione profonda e terribile: «Io non ho nessuno!» e per questo non ho nessuna speranza perché per guarire c’è bisogno che qualcuno «mi immerga nella piscina» (Gv 5, 7). «Io non ho nessuno» facilmente diventa "Io non sono nessuno".
Interessante notare come tutto il processo di spiritualizzazione (65) di Etty cominci da un insegnamento fondamentale di Spier attraverso una sua paziente-allieva: «non si è soli al mondo» (25). A questo insegnamento seguirà un esperienza forte di relazione che curerà in Etty una sorta di malattia del desiderio che le diviene sempre più chiara quando scrive: «Io voglio qualcosa e non so che cosa. Di nuovo mi sento presa da una grandissima irrequietezza e ansia di ricerca, tutto è in tensione nella mia testa… e ora mi ritrovo in mezzo agli arbusti… l’irrequietezza ha preso a salirmi da ogni parte come i vapori di una palude» (39).
Una Quaresima con Etty

lunedì 31 marzo 2014

23° giorno Sempre portiamo nel nostro intimo un figlio, un bimbo che anela a vivere in tutta la sua pienezza: è il nostro io profondo, la nostra anima.


Strana notazione cronologica quella che ritroviamo nel vangelo di Giovanni: «S’informò a che ora avesse cominciato a stare meglio… "Ieri un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato"» (Gv 4, 52). Cammino di un giorno intero quello percorso da questo padre in pena per il proprio figlio. Un cammino sostenuto da una sola parola e nulla di più: «Tuo figlio vive!» (Gv 4,50). Nella parola del Signore Gesù si realizza pienamente tutta la promessa del profeta: «Non ci sarà più un bambino che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza» (Is 65,20). Il Signore Gesù inaugura i suoi miracoli a Cana di Galilea e lo fa restituendo all’umanità la possibilità di vivere fino in fondo e pienamente le due realtà più belle e più umane della vita: la sponsalità e la fecondità, un fiore per la vita e un frutto oltre la morte!
Nella nostra vita – in molteplici modi – portiamo la dolce ferita di questa pienezza ma, comunque, dopo le zenit del mezzogiorno comincia a declinare verso il tramonto che – pur nella sua dolce attrattiva – pure ci spaventa soprattutto se non ne abbiamo ancora conosciuto e gustato la pienezza. Sempre portiamo nel nostro intimo un figlio, un bimbo che anela a vivere in tutta la sua pienezza: è il nostro io profondo, la nostra anima. E il Signore, in certo modo, sempre acconsente a fermare il sole (Gs 10,12) per darci il tempo necessario a portare a maturazione il frutto del nostro grembo spirituale perché non sia come un libro – e quale libro! – in cui io sia rimasta a metà (226).
Una Quaresima con Etty

domenica 30 marzo 2014

Il dramma che si consu­ma in quella sala, e in tante nostre comunità è questo: il Dio della vita e il Dio della religione si sono separati e non si incontrano più.


Da miracolato a impu­tato. È successo che per la se­conda volta Gesù guarisce di sabato. Di sabato non si può, si trasgredisce il più santo dei precetti. È un problema eti­co e teologico che la gente non sa risolvere e che dele­ga ai depositari della dottri­na, ai farisei. E loro che cosa fanno? Non vedono l'uomo, vedono il caso morale e dot­trinale. All'istituzione reli­giosa non interessa il bene dell'uomo, per loro l'unico criterio di giudizio è l'osser­vanza della legge. C'è un'in­finita tristezza in tutto que­sto. Per difendere la dottrina negano l'evidenza, per di­fendere la legge negano la vita. Sanno tutto delle rego­le e sono analfabeti dell'uo­mo. Vorrebbero che tornas­se cieco per dare loro ragio­ne. Il dramma che si consu­ma in quella sala, e in tante nostre comunità è questo: il Dio della vita e il Dio della religione si sono separati e non si incontrano più. La dottrina separata dall'espe­rienza della vita.
Ma il cieco è diventato libe­ro, è diventato forte, tiene te­sta ai sapienti: Voi parlate e parlate, ma intanto io ci ve­do.
E dice a noi che se una e­sperienza ti comunica vita, allora è anche buona e be­nedetta. Perché legge supre­ma di Dio è che l'uomo viva
Ermes Ronchi