sabato 27 aprile 2013

dicendogli che aveva raggiunto la santità vivendo in pace e in perfetta armonia, dal giorno delle nozze,


"Nelle vite dei santi padri si racconta che quando Macario, il grande asceta, viveva nel deserto, un angelo gli apparve ordinandogli di seguirlo fino a una città lontana.
Quando furono arrivati lo fece entrare in una povera dimora dove viveva un'umile famiglia.
L'angelo gli mostrò la sposa e madre di quella casa, dicendogli che aveva raggiunto la santità vivendo in pace e in perfetta armonia, dal giorno delle nozze, e in mezzo alle molte occupazioni quotidiane, con tutti i suoi, e aveva conservato un cuore casto, una grande umiltà e un ardente amore per Dio.
E Macario implorò da Dio la grazia di vivere nel deserto come quella donna viveva nel mondo".
Pavel Evdokimov, Il matrimonio sacramento dell'amore, 219

venerdì 26 aprile 2013

Ciò non è bene, è una imperfezione; tuttavia bisogna ammetterlo, così come alcuni vanno per mare non avendo che un mezzo vento, eppure lo traversano.

Se tu ami te stesso, ami tutti gli uomini come te stesso. Finché ami un solo uomo meno che te stesso, non ti sei davvero amato mai, a meno che tu non ami tutti gli uomini come te stesso, ed in un uomo tutti gli uomini, e questo uomo è Dio e uomo.
Un uomo è come deve essere, quando ama se stesso ed ama tutti gli uomini come se stesso, ed il suo agire è completamente giusto. 
Alcune persone dicono: Io amo il mio amico, che è buono con me, più di un altro. Ciò non è bene, è una imperfezione; tuttavia bisogna ammetterlo, così come alcuni vanno per mare non avendo che un mezzo vento, eppure lo traversano. Così è per le persone che amano una creatura più di un'altra, ed è naturale.
Se io la amassi davvero quanto me stesso, ciò che le accadesse - gioia o dolore, morte o vita - dovrebbe colpirmi nello stesso modo che se accadesse a me, e questa sarebbe vera amicizia. Perciò san Paolo dice: Vorrei essere eternamente separato da Dio, per il mio amico e per Dio. Separarsi un istante da Dio, è essere eternamente separati da lui; essere separati da Dio, è il tormento dell'inferno.
Che pensa dunque san Paolo quando dice che vorrebbe essere separato da Dio?
La cosa più elevata ed estrema cui l'uomo possa rinunciare, è rinunciare a Dio per Dio; ora san Paolo rinunciava a Dio per Dio; rinunciava a tutto quello che poteva prendere da Dio, a tutto quello che Dio poteva dargli, a tutto quello che poteva ricevere da Dio.
Mentre vi rinunciava, rinunciava a Dio per Dio, e Dio rimaneva per lui tale quale è presente a se stesso, non come ricevuto od acquisito, ma nel puro essere che Dio è in se stesso. Egli non dette nulla a Dio, non ricevette nulla da Dio, ma è una unità, una pura unione. (Meister Eckhart, Prediche).

giovedì 25 aprile 2013

Io conosco il mio cuore. E tu lo conosci meglio. Non è migliore di quello degli uomini a cui mi presento in nome tuo.


Signore, se mi lamento con te di quelli a cui tu mi hai mandato, 
non voglio dire d'essere migliore dei miei fratelli. 
Io conosco il mio cuore. 
E tu lo conosci meglio. 
Non è migliore di quello degli uomini a cui mi presento in nome tuo. 
E so che proprio lamentandomi con te del peso della missione che m'hai affidato, 
faccio, appunto 
come gli altri di cui mi lamento, 
il piccino che vuole farsi consolare, 
che è sempre intento alle sue afflizioni, 
che non sa tacere, 
e dimenticare, 
nella grandezza del tuo servizio, 
le proprie comodità. 
Ma appunto per questo, 
non ho per conto mio già abbastanza da sopportare, 
non è il mio cuore già abbastanza piccolo e debole, 
che debbano anche gli altri confidarmi il peso del loro simile cuore? 
O forse il mio cuore guarisce dalla sua miseria 
se si presta così e si dona 
con pazienza, 
in silenzio, 
senza lamenti; 
se rimane virilmente nel servizio dei fratelli per fare in questo mondo da testimonio 
che il tuo cuore è più grande del nostro, 
che tu sei longanime e paziente, 
che la tua compassione non ci disprezza, 
e la nostra bassezza non basta a spegnere il tuo amore. 
Forse non posso aver maggior cura di me che dimenticandomi per gli altri; il mio cuore si alleggerisce se, giorno per giorno, porta il peso degli altri in silenzio e pazienza. 
E deve essere così, se la missione che m'hai dato è la misericordia che tu hai usato con me: 
tu vuoi ch'io possieda in pazienza la mia anima, 
portando in pazienza quella dei miei fratelli. 
(Karl Rahner, Dio dei miei fratelli).

mercoledì 24 aprile 2013

siamo chiamati a opporre il mistero della vera comunione alle relazioni menzognere tra gli uomini.

Noi siamo chiamati a incarnare, in una maniera vivace e creativa, i fondamenti della nostra chiesa: la “cattolicità” e la divino-umanità.
Noi siamo chiamati a opporre il mistero della vera comunione alle relazioni menzognere tra gli uomini. È, infatti, l’unica via in cui si può esprimere l’amore di Cristo, l’unica via della vita. Al di fuori d’essa, non vi è che morte e ceneri, morte per gli odi molteplici che dividono l’umanità contemporanea tra le classi, le nazioni, le razze....
Ad ogni forma di totalitarismo di ordine mistico, dobbiamo opporre un’unica realtà: la persona, l’immagine di Dio nell’uomo.
A tutte le forme di individualismo passivo nella democrazia, dobbiamo opporre la “cattolicità”, la sobornost.
Rassicuratevi.
Non vi è in questo nulla di sistematico. Noi desideriamo semplicemente tentare di vivere come ci insegna il secondo comandamento di Cristo, che deve determinare ogni nostro atteggiamento nei confronti degli uomini in questa vita sulla terra. Desideriamo cercare di vivere in maniera tale che quelli di fuori possano presentire nella vita cristiana la sola possibilità di salvezza, la bellezza suprema, la verità che supera ogni negazione.
Arriveremo a incarnare le nostre speranze?
Non lo sappiamo. Al limite, è opera di Dio.
Ma, con la volontà del Signore, con il suo aiuto e la sua grazia, ciascuno di noi è chiamato ad impegnarsi con tutte le sue forze, a non temere lo sforzo più duro, a dare la propria anima per i suoi amici. Ora, ciascuno di noi è, asceticamente e in un sacrificio d’amore, chiamato a seguire il Cristo sino al Golgota che gli è destinato. (Maria Skobtsova, Le sacrement du frère).

martedì 23 aprile 2013

Invece secondo Gesù tutti dobbiamo convertirci per diventare figli.

Secondo i luoghi comuni, i cattivi dovrebbero convertirsi per diventare buoni. 
Invece secondo Gesù tutti dobbiamo convertirci per diventare figli. 
Ma i cattivi, paradossalmente, seguono vie più facili, perché capiscono che in loro qualcosa non va bene. Anche il pubblicano era fuori strada, ma al contrario del fariseo lo sapeva, se n’era accorto, era cosciente dei propri limiti (cf Lc 18, 13). Nella parabola del samaritano (cf Lc 10, 25-37) i buoni (il sacerdote e il levita), che osservano rigidamente le regole, dimostrano di non conoscere quel Dio che credono di servire, perché Dio chiede di soccorrere il bisognoso piuttosto che seguire superflue ritualità. In realtà, l’osservanza della legge tende ad atrofizzare l’amore, e in modo tanto più grave quanto più ci si sente a posto. Nel vangelo appare chiaramente che la capacità di amare è soprattutto legata alla trasgressione, perché il buono resta paradossalemente prigioniero delle regole, mentre il cattivo è assai più libero di fare scelte coraggiose. Guai a cristallizzarsi nel proprio modo di essere, sentendosi dalla parte giusta: il rischio è di restarne imprigionati, di perdere ogni spinta al rinnovamento, di non uscirne più. 
Nell’ottica dei buoni sono sempre gli altri a doversi convertire, ma chi è immerso nello spirito famigliare, quando si accorge che il cattivo di turno è un figlio, un fratello, un amico affezionato, comincia a convertire se stesso per andargli incontro. Capisce che solo così sarà possibile riuscire, forse, a convertirsi insieme. (Alberto Maggi e Antonio Thellung, La conversione dei buoni).

lunedì 22 aprile 2013

Paglia annuncia: "sbloccata causa beatificazione Oscar Arnulfo Romero"


Io non so voi ma io sono contento




"Perchè Dio, gli apostoli, li manda sempre a due a due"
Vincenzo Paglia


Durante la celebrazione per i vent'anni dalla morte di don Tonino Bello svoltasi il 20 aprile nella Cattedrale di Molfetta, nell'omelia, mons. Paglia annuncia che proprio in mattinata, nell'udienza privata con Papa Francesco, in qualità di postulatore, ha ricevuto la grande notizia dello sblocco del processo di beatificazione di Oscar Arnulfo Romero, vescovo martire di El Salvador.

Di seguito il video dell'omelia (al minuto 19' annuncio dello sblocco della causa).

domenica 21 aprile 2013

Che cosa abbiamo fatto del messaggio di Cristo?

Sono passati 2000 anni dall’incarnazione del Figlio di Dio. C’è ancora troppa miseria nel mondo, troppa miseria in un mondo di ricchezze! E, cosa grave e insopportabile, la minoranza dei privilegiati, i più ricchi sono (almeno d’origine) cristiani. Che cosa abbiamo fatto del messaggio di Cristo? Come la moltitudine dei poveri, degli esclusi, dei messi da parte, dei senza casa, dei senza terra, dei senza niente possono credere che il Creatore e Padre che li ama se noi, noi che osiamo dirci cristiani, noi che abbiamo il di più, continuiamo a lasciare il loro “piatto” vuoto, pur dichiarandoci per la pace e per l’Amore? Non dobbiamo essere solamente credenti: dobbiamo essere CREDIBILI! E il mondo allora sarà come un’Ostia rivolta verso il Signore, un’immensa Ostia che renderà grazie a Dio nella felicità di tutti gli Umani. Perché la felicità degli Uomini è la Gloria di Dio. Noi abbiamo già vissuto più di 80 anni…Ci sono ancora molte cose da fare per rimettere ordine nel mondo. Con tutte le piccole forze che ci restano, continuiamo la nostra guerra alla miseria, dovunque possiamo. E che ciò avvenga con voi tutti. (Dom Helder Câmara, Abbé Pierre, Appello agli Umani, Agosto 1996)