sabato 8 settembre 2012

diritti come alberi, con le mani alzate verso il cielo


A mo’ di immagine, partirò dall’esperienza di certi monaci dei primi tempi della Chiesa, nel III e IV secolo. Di notte essi stavano in piedi, nella posizione dell’attesa. Si ergevano lì, all’aperto, diritti come alberi, con le mani alzate verso il cielo, rivolti verso il luogo dell’orizzonte da cui doveva venire il sole del mattino. Tutta la notte il loro corpo abitato dal desiderio attendeva il levar del giorno. Era la loro preghiera. Non avevano parole. Che bisogno c’era di parole? La loro parola era il loro stesso corpo in travaglio e in attesa. Questa fatica del desiderio era la loro preghiera silenziosa. Erano là, semplicemente. E quando al mattino i primi raggi del sole raggiungevano la palma delle loro mani, essi potevano fermarsi e riposare. Il sole era giunto. C’è nell’esperienza spirituale quest’attesa di cui è impossibile dire se sia più particolarmente corporale e spirituale, se sia più specificamente concettuale o affettiva. Sarà per noi una tentazione costante il voler identificare Dio con qualcosa di affettivo oppure di più razionale, di più fisico oppure di più cerebrale. L’attesa concerne il nostro essere intero. E ciò che ci giunge è precisamente il raggio che illuminando la palma delle nostre mani e cambiando a poco a poco il paesaggio, ci annuncia che il sole viene, altro da ciò che la notte ci permette di conoscere.

venerdì 7 settembre 2012

compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti


L’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo di esseri nuovi, di giovani. Nell’educazione si decide anche se noi amiamo tanto i nostri figli da non estrometterli dal nostro mondo lasciandoli in balia di se stessi, tanto da non strappargli di mano la loro occasione d’intraprendere qualcosa di nuovo, qualcosa d’imprevedibile per noi; e prepararli invece al compito di rinnovare un mondo che sarà comune a tutti.
(H. Arendt)

giovedì 6 settembre 2012

E la mente si popola di idoli


Unico male l’abitudine
e la scelta tragica:
discorrere invece di intuire.
E la mente si popola di idoli
e il cuore è un deserto lunare:
solo la Meraviglia ci potrà salvare,
aprendo il varco verso la Sostanza
allora il medesimo silenzio dell’origine
nuovamente fascerà le cose
o irromperà - uguale
evento - il canto.
(D. M. Turoldo)

mercoledì 5 settembre 2012

così alla fine non si è mai soli


- Cosa vorrei essere? Una trovacose.
- Cosa???
- Una trovacose. Il mondo è pieno di cose che aspettano di essere trovate. Senza paura, con la fortuna degli audaci, la generosità dei puri, l’allegria degli innocenti, la malinconia dei saggi. Trovare e regalare cose, così alla fine non si è mai soli: si è sempre pieni di quello che si è trovato e regalato. Dei nostri ricordi, dei nostri progetti. Due cose che non finiscono mai…
(A. LIndgren, “Pippi Calzelunghe”, 1945)

martedì 4 settembre 2012

Tu puoi contemplare ovunque quest’altare


Vuoi vedere il suo altare? Quest’altare è formato dalle membra di Cristo e il corpo del Signore diventa per te un altare. Vèneralo. È più venerabile dell’altare di pietra sul quale offri il santo sacrificio. Non scandalizzarti. Questo è venerabile a causa della vittima che tu vi offri; quello è formato con la stessa vittima. Questo è venerabile perché, pur essendo di pietra, è consacrato dal corpo di Cristo che riceve; quello è il corpo stesso di Cristo. E tu onori l’altare che riceve il corpo di Cristo e disprezzi quello che è il corpo di Cristo! Tu puoi contemplare ovunque quest’altare, nelle strade e sulle piazze, e puoi sacrificarvi in qualsiasi momento.

lunedì 3 settembre 2012

È il primo movimento del cuore. Il primo movimento è quello buono.


La carità, dice Dio, non mi stupisce. Non è un fatto sorprendente. Queste povere creature sono così infelici, che a meno di avere un cuore di pietra, come non avrebbero carità le une verso le altre? Come non avrebbero carità verso i loro fratelli? Come non si toglierebbero il pane di bocca, il pane quotidiano, per darlo a dei bambini infelici? E mio figlio ha avuto una tale carità verso di loro. Mio figlio, loro fratello. Una carità così grande…
La carità è spontanea. Cammina da sola. Per amare il prossimo, basta lasciarsi andare, basta guardare tanta miseria. Per non amare il prossimo, bisognerebbe far violenza a se stessi, torturarsi, tormentarsi, contrariarsi, irrigidirsi, farsi del male. Snaturarsi, rovesciarsi. Superare se stessi. La carità sgorga in modo del tutto naturale, è semplice, è a portata di mano. È il primo movimento del cuore. Il primo movimento è quello buono.
La carità è una madre e una sorella.
Per non amare il proprio prossimo, figlio mio, bisognerebbe tapparsi gli occhi e le orec­chie.
A tante grida di desolazione.
(Ch. Pèguy)

domenica 2 settembre 2012

trattenere la tua immagine che sembra svanire lontano

GLI OCCHI SUL MARE
al mio vescovo
Carlo Maria Martini

E ora che il tempo
si è fatto breve

e il cuore si consuma
a trattenere la tua immagine
che sembra svanire lontano,
punto rincorso
all'orizzonte estremo,
ora che gli occhi
sono sul mare
come di chi saluta
pur se la vela è scomparsa,
come le pupille dei discepoli
perdute, sul monte,
in un cielo orfano
del volto,
ora so che anche per l'addio
di un pastore di chiese
può ferire e urgere
agli occhi la commozione
e dilatarsi
fino allo spasimare
delle vene dei polsi.
Sei scritto
come sigillo sul cuore
e sul braccio.
Hai amato queste strade
hai pianto
su questa città.
Ci lasci
-ed è testamento-
la lampada della Parola
e il pane del volto.

don Angelo Casati 
(Luglio 2002)