sabato 13 luglio 2013

tirar su un edificio non è cantare una canzone, è una faccenda molto più seria


 Poesia di Nazim Hikmet
Nel sangue e nel sudore

I muratori cantano,
cantando sembra più facile.
Ma tirar su un edificio
non è cantare una canzone,
è una faccenda molto più seria.

Il cuore dei muratori
è come una piazza in festa;
c'è un vocio, canzoni e risa.
Ma un cantiere non è una piazza in festa:
c'è polvere e terra, fango e neve.

Spesso le mani sanguinano,
il pane non sempre è fresco,
al posto del tè c'è acqua,
qualche volta manca lo zucchero,
non tutti qui sono eroi,
e gli amici non sempre sono fedeli.

Tirar su un edificio
non è cantare una canzone.
Ma i muratori son gente cocciuta.

E l'edificio vien su, vien su,
sempre più in alto
e più in alto s'arrampica.

Alla finestra del primo piano
stanno già vasi di fiori,
e sopra il tetto del garage
gli uccelli sulle ali già portano il sole.
In ogni trave c'è un battito di cuore,
in ogni pietra.

E l'edificio vien su, vien su,
magnifico, cresce
nel sangue e nel sudore.

venerdì 12 luglio 2013

Ora in che consiste la felicità, se non nell'amare Dio?

Noi vogliamo esistere per essere felici:
nessuno sopporta di essere infelice,
molti anzi per questo motivo si tolsero la vita
e il Salvatore a tal riguardo ha detto:
Sarebbe meglio per quell'uomo che non fosse mai nato!

Ora in che consiste la felicità, se non nell'amare Dio?
È evidente perciò che
, amando Dio,
naturalmente amiamo anche l'anima nostra.
Tuttavia, molti,
ignorando la sorgente della felicità,
amano anche altre cose, chi questa, chi quella:
così sbagliando la mèta della corsa,
scelgono spesso quegli oggetti che li renderanno più infelici.
Essi non sanno onorare l’anima nel modo dovuto
e non sanno trascurarla secondo ragione.
Invece gli uomini virtuosi che si schierano per Dio,
ben sapendo dove cercare l'essere
e come servire alla propria utilità,
fanno di Dio l'unica causa del loro amore.
L'anima santa lascia se stessa per andare a Dio con tutta la sua volontà,
dimentica la sua pochezza che riguarda come qualcosa di estraneo e di fortuito,
per aprirsi alla ricchezza divina
che considera come un possesso proprio;
non si reputa sfortunata per la sua povertà,
ma in Dio si riconosce ricca e beata.
Infatti la potenza dell'amore fa sì che gli amanti sappiano
far propri i beni degli amati.
Ma poiché nei santi la potenza della volontà e del desiderio
si risolve tutta in Dio,
lui solo essi considerano come il loro bene proprio,
sicché non possono rallegrarli né il corpo né l'anima o i beni dell'anima né alcun'altra cosa propria e naturale;
nulla è amabile per se stesso ai loro occhi.
I santi non si conoscono più,
poiché una volta per sempre sono usciti da loro stessi
e hanno trasferito altrove tutta la loro vita e il loro desiderio.
(Nicola Cabàsilas, La Vita in Cristo).

giovedì 11 luglio 2013

Non si possono accantonare come obsoleti concetti quali verità, giustizia e solidarietà, quando questi sono spesso gli unici baluardi che si ergono contro la brutalità del potere

Una forma molto insidiosa di paura è quella che si maschera come buon senso o addirittura saggezza, condannando come sciocchi, inconsulti, insignificanti o velleitari i piccoli atti di coraggio quotidiani che contribuiscono a salvaguardare la stima per se stessi e la dignità umana. Non è facile per un popolo condizionato dai timori, soggetto alla regola ferrea che la ragione è del più forte, liberarsi dai debilitanti miasmi ¬della paura. Eppure, anche sotto la minaccia della macchina statale più schiacciante, il coraggio continua a risorgere poiché la paura non è lo stato naturale dell'uomo civile. La fonte del coraggio e della resistenza di fronte al potere scatenato è generalmente una salda fede nella sacralità dei princìpi etici combinata con la certezza storica che, malgra¬do tutte le sconfitte, la condizione umana abbia per fine ultimo il progresso spirituale e materiale. Ciò che distingue l'uomo dal bruto è la sua capacità di miglioramento e auto¬redenzione. Alle radici della responsabilità umana vi è il principio di perfezione, l'impulso a raggiungerla, l'intelligenza di trovare la strada giusta e la volontà di seguirla, se non fino alla fine, almeno per il tratto necessario a sollevar¬si al di sopra dei limiti personali e degli ostacoli contingenti. Ciò che conduce l’uomo a osare e a soffrire per edificare so¬cietà libere dal bisogno e dalla paura è la sua visione di un mondo fatto per un’umanità razionale e civilizzata. Non si possono accantonare come obsoleti concetti quali verità, giustizia e solidarietà, quando questi sono spesso gli unici baluardi che si ergono contro la brutalità del potere. (Aung San Suu Kyi, Liberi dalla paura)

mercoledì 10 luglio 2013

chi crede nella sostanza, come dobbiamo essere noi cristiani, deve scendere nel profondo

Guardate la vita, una pianta, per esempio. Da cosa è sostenuta? Dalle radici. E chi vede le radici? Provate a tagliare le radici alla quercia, che è qui vicino e che ha qualche centinaio di anni. Tagliate le radici, vedrete la loro importanza, perché la pianta cessa di vivere. Allora il cristiano è colui che scende nel silenzio, nell’oscurità, nella profondità, nella vitalità della terra, per trarre dalla terra, cioè dal mondo divino in cui è chiamato a vivere, tutto l’alimento che poi darà le sue fronde, i suoi frutti, il suo tronco vigoroso all’esterno. La nostra posizione di cristiani è di essere alle radici, non nei primi posti. I primi posti spettano a coloro che non riescono a scendere in profondità. Le apparenze spettano a coloro che credono nelle apparenze. Ma chi crede nella sostanza, come dobbiamo essere noi cristiani, deve scendere nel profondo. Se voi guardate il movimento del nostro tempo, che è un movimento importante e glorioso, noterete che Dio sta vigorosamente spogliando tutte le Chiese cristiane delle loro forme esteriori, appariscenti, le sta allontanando dai primi posti per riportarle nel loro giusto posto che è la profondità, il suolo, dal quale devono trarre tutte le linfe vitali affinché l’umanità possa fiorire nella sua vita. Sono parole che ci riempiono di sgomento, perché il nostro corpo si ribella, le nostre ambizioni si oppongono, le nostre sollecitazioni mentali, le nostre definizioni del cristianesimo, come realtà di potenza, diventano incerte e recalcitrano. Ma ci vuole questo coraggio, che ci richiede la nostra morte per poter dare poi la risurrezione a noi e agli altri. Il mistero cristiano in tutti i suoi segni, prima di tutto nel suo segno fondamentale che è Cristo, ci appare come la via della consumazione: io mi devo consumare perché gli altri abbiano vita, io mi devo sprofondare negli ultimi posti perché gli altri siano alimentati da questo mio sprofondamento e da questo mio annientamento. (Giovanni Vannucci, Ogni uomo è una zolla di terra).

martedì 9 luglio 2013

Se siamo consapevoli, possiamo fare qualcosa per cambiare le cose

In una storia zen c’è un uomo in groppa a un cavallo lanciato al galoppo. Un altro uomo, fermo sul ciglio della strada, gli chiede: “Dove stai andando?”. “Non so, chiedilo al cavallo”, è la risposta. Noi siamo nella stessa situazione. Siamo in groppa a molti cavalli che non sappiamo controllare. Un cavallo è la proliferazione degli armamenti. Abbiamo fatto del nostro meglio, ma molti cavalli sono sfuggiti al nostro controllo. Siamo troppo presi in altre faccende. Il principale precetto buddhista dice di vivere in consapevolezza, attenti a quello che sta accadendo. Non solo accadendo qui, ma anche là. Facciamo un esempio: masticando un pezzo di pane possiamo essere consapevoli che i nostri agricoltori hanno ecceduto un po’ nei veleni chimici. Mangiando quel pezzo di pane, siamo in certa misura co-responsabili della distruzione del sistema ecologico. Portandoci alla bocca una fetta di carne o un bicchierino di alcol, possiamo essere consapevoli che nel terzo mondo muoiono di fame quarantamila bambini ogni giorno e che per produrre quella fetta di carne o quella bottiglia di liquore si è consumata una grossa quantità di cereali. Mangiare un piatto di cereali ci riconcilia di più con la fame nel mondo che mangiare bistecche. Un economista francese mi ha detto che basterebbe che l’Occidente riducesse del 50% il consumo di carne e di alcolici per cambiare l’intera situazione mondiale. Pensate, basterebbe ridurre solo della metà. Le cose che facciamo, che siamo ogni giorno, hanno tutte a che fare con la pace. Se siamo consapevoli del nostro modo di vivere, del nostro livello di consumi, del modo in cui consideriamo le cose, capiremo come contribuire alla pace proprio adesso, nel momento presente. Andate dal giornalaio, comprate una rivista e siate consapevoli del suo peso: è davvero molto pesante. Quanti ettari di foresta si sono dovuti abbattere per stampare quel numero. Compriamo la rivista, ma siamo consapevoli. Se siamo consapevoli, possiamo fare qualcosa per cambiare le cose. (Thich Nhat Hanh, Essere pace).

lunedì 8 luglio 2013

colui che si dedica alla ricerca del sapere non trascuri le regole di una vita corretta


Ugo di San Vittore sempre nell'opera citata ieri nel libro terzo al paragrafo XII
Un saggio, interrogato sulle disposizioni migliori per apprendere, rispose:
Spirito umile,
impegno nella ricerca,
vita tranquilla,
indagine silenziosa,
povertà,
terra straniera;
queste circostanze rendono più agevole il superamento delle difficoltà che si incontrano durante gli studi.
Egli conosceva, penso, quel detto:
Il buon comportamento morale impreziosisce la cultura,
e per tale motivo collegò avvertimenti sul modo di vivere alle norme riguardanti lo studio,
affinché l’allievo potesse venire a conoscere
non solo il metodo del suo lavoro, ma anche lo stile della sua vita.
Non merita plauso la scienza di una persona disonesta:
perciò è di massima importanza che colui che si dedica alla ricerca del sapere non trascuri le regole di una vita corretta.

domenica 7 luglio 2013

sconveniente cercare la propria felicità in qualsiasi bene materiale, mentre può essere pienamente soddisfatta dal bene che possiede in se stessa...


L'istruzione ci fa superare le condizioni sfavorevoli, contrarie alla felicità, facendoci riprendere coscienza della nostra dignità attraverso la ricerca della Sapienza che ci illumina perchè possiamo conoscere noi stessi nella vertà della nostra natura.
 Ho letto  queste riflessioni nel Didascalicon di Ugo di San Vittore al Libro uno nel paragrafo 1:

La Sapienza divina illumina l’uomo, affinché possa conoscere se stesso:
egli rimarrebbe simile alle altre creature,
se non riuscisse a comprendere di essere stato creato superiore a tutte.
L’anima immortale, illuminata dalla divina Sapienza,
si rivolge verso la sua causa prima e
comprende quanto sia sconveniente
cercare la propria felicità in qualsiasi bene materiale,
mentre può essere pienamente soddisfatta dal bene che possiede in se stessa...
Questa è dunque la grande dignità del nostro essere,
che tutti in ugual misura naturalmente possediamo,
ma della quale non tutti siamo ugualmente coscienti.
L’anima, stordita dalle passioni del corpo e
trascinata verso il mondo esterno dalle forme delle realtà sensibili,
perde coscienza di se stessa
e, non ricordando di essere mai stata diversa,
finisce per credere che non esista null’altro
se non questo mondo visibile.
L’istruzione rimedia a questa condizione sfavorevole,
aiutandoci a riprendere coscienza del nostro vero essere e
convincendoci a non cercare nel mondo esterno ciò
che possiamo trovare in noi stessi.
Per tali motivi la consolazione più grande della vita è
la ricerca della sapienza:
chi la trova è fortunato e chi la possiede gode la felicità.