L'impegno ci spinge più in là: verso qualcuno che resti anche quando noi passiamo; verso qualcuno che ci prende in mano il cuore, se il cuore non regge al salire. (Don Primo Mazzolari) fissare a memoria le parole di Paolo: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1).
sabato 3 marzo 2012
una scintilla di luce divina
La massima vicinanza di Dio si proverebbe non negando che questo male che si è insinuato nella creazione possa toccarLo, ma considerando che può trasformarsi in bene, grazie alla perseveranza anche di una sola persona a santificare la vita, in sé e attorno a sé. Nonostante gli abissi che essa sfiora e che la minacciano, fino a suggerirle a volte di ceder loro le sue forze residue e di abbandonarsi ad essi, una scintilla di luce divina, persa nelle rovine del male fino a far corpo con esso, al punto di essere inavvertibile e presto dimenticata, sarebbe allora salvata. CATHERINE CHALIER
venerdì 2 marzo 2012
Digiuna...scopri
Digiuna dal giudicare gli altri: scopri Cristo ... che vive in loro.
Digiuna dal dire parole che feriscono: rièmpiti di frasi che risanano.
Digiuna dall'essere scontento: rièmpiti di gratitudine.
Digiuna dalle arrabbiature: rièmpiti di pazienza.
Digiuna dal pessimismo: rièmpiti di speranza cristiana.
Digiuna dalle preoccupazioni inutili: rièmpiti di fiducia in Dio.
Digiuna dal lamentarti: rièmpiti di stima per quella meraviglia che è la vita.
Digiuna dalle pressioni e insistenze: rièmpiti di una preghiera incessante.
Digiuna dal dire parole che feriscono: rièmpiti di frasi che risanano.
Digiuna dall'essere scontento: rièmpiti di gratitudine.
Digiuna dalle arrabbiature: rièmpiti di pazienza.
Digiuna dal pessimismo: rièmpiti di speranza cristiana.
Digiuna dalle preoccupazioni inutili: rièmpiti di fiducia in Dio.
Digiuna dal lamentarti: rièmpiti di stima per quella meraviglia che è la vita.
Digiuna dalle pressioni e insistenze: rièmpiti di una preghiera incessante.
Digiuna dall'amarezza: rièmpiti di perdono.
Digiuna dal dare importanza a te stesso: rièmpiti di compassione per gli altri.
Digiuna dall'ansia per le tue cose: compromettiti nella diffusione del Regno.
Digiuna dallo scoraggiamento: rièmpiti di entusiasmo nella fede.
Digiuna da tutto ciò che ti separa da Gesù: riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina.
Spirito Santo, che hai condotto Gesù nel deserto, dove Egli ha digiunato per quaranta giorni e quaranta notti, per l'intercessione di Maria Santissima Madre di Gesù e Madre mia, aiutaci a digiunare così come Tu vuoi. Amen.
Digiuna dal dare importanza a te stesso: rièmpiti di compassione per gli altri.
Digiuna dall'ansia per le tue cose: compromettiti nella diffusione del Regno.
Digiuna dallo scoraggiamento: rièmpiti di entusiasmo nella fede.
Digiuna da tutto ciò che ti separa da Gesù: riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina.
Spirito Santo, che hai condotto Gesù nel deserto, dove Egli ha digiunato per quaranta giorni e quaranta notti, per l'intercessione di Maria Santissima Madre di Gesù e Madre mia, aiutaci a digiunare così come Tu vuoi. Amen.
giovedì 1 marzo 2012
emplicemente accettarli come inviti a salire più su e più vicino
Non
appena arrivai a Daybreak, Linda, una donna giovane e bella con la
sindrome di Down, mi gettò le braccia al collo e disse: «Benvenuto».
Fa così con ogni nuovo arrivato, e lo fa ogni volta con convinzione
e amore senza riserve. Ma come ricevere un abbraccio del genere?
Linda non mi aveva mai incontrato. Non aveva la minima cognizione di
come ero vissuto prima di andare a Daybreak. Non aveva mai avuto
occasione di incontrare il mio lato oscuro, né di scoprire i miei
angoli di luce. Non aveva mai letto nessuno dei miei libri, non mi
aveva mai sentito parlare né mai aveva avuto una qualche
conversazione con me.
Avrei
dovuto solo sorridere, definirla graziosa e passare oltre come se
niente fosse accaduto? Oppure anche Linda stava in qualche modo sulla
pedana e con il suo gesto diceva: «Avanti, non essere scontroso, tuo
Padre vuole trattenere anche te!». Sembra così ogni volta che devo
fare una scelta tra "spiegare" questi gesti o semplicemente
accettarli come inviti a salire più su e più vicino - si tratti del
benvenuto di Linda, la stretta di mano di Bill, il sorriso di
Gregory, il silenzio di Adam o le parole di Raymond.
HENRI J. M. NOUWEN
mercoledì 29 febbraio 2012
Io sono la casa di Dio!
Per
molti anni ho cercato di carpire un barlume di Dio guardando
attentamente ai molteplici aspetti dell'esperienza umana: solitudine
e amore, dolore e gioia, risentimento e gratitudine, guerra e pace.
Ho cercato di capire gli alti e i bassi dell'animo umano, di
discernervi una fame e una sete che solo un Dio il cui nome è Amore
potrebbe soddisfare. Ho cercato di scoprire ciò che è duraturo al
di là dell'effimero, ciò che è eterno al di là del transitorio,
l'amore perfetto al di là di tutte le paure inibitorie e la
consolazione divina al di là della desolazione dell'angoscia e
dell'estrema sofferenza umane. Ho cercato costantemente di puntare
oltre la qualità mortale della nostra esistenza verso una presenza
più grande, più profonda, più ampia e più bella di quanto
possiamo immaginare, e di parlare di quella presenza come di una
presenza che può essere già vista, sentita e toccata da coloro che
sono disposti a credere.
Comunque,
durante il tempo trascorso qui a Daybreak, sono stato condotto in un
luogo interiore dove non ero stato prima. E il luogo dentro di me
dove Dio ha scelto di dimorare. È il luogo in cui mi sento al sicuro
nell'abbraccio di un Padre tutto amore che mi chiama per nome e mi
dice: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto».
E il luogo in cui posso assaporare la gioia e la pace che non sono di
questo mondo.
Questo
luogo era sempre esistito. Ero sempre stato consapevole che fosse
fonte di grazia. Ma non ero stato capace di entrare in esso e di
viverci veramente. Gesù dice: «Se uno mi ama, osserverà la mia
parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo
dimora presso di lui». Queste parole mi hanno sempre colpito
profondamente. Io sono la casa di Dio!
HENRI J. M. NOUWEN
martedì 28 febbraio 2012
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia
William Ernest Henley
Dopo una vita sempre malato di tubercolosi negli ultimi anni, annche l’altra gamba fu contagiata dall'infezione. Henley non si diede per vinto, non accettò di essere operato e si affidò alle cure del Dott. Joseph Lister, che da poco aveva inventato la medicina antisettica. Le cure innovative di Lister riuscirono a salvarlo dalla seconda amputazione ed è proprio in questi tre anni di cure e di degenza in ospedale (precisamente nel 1875) che scrisse la poesia Invictus:
INVICTUS
Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all’altro,
ringrazio gli dèi qualunque essi siano
per l’indomabile anima mia.
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all’altro,
ringrazio gli dèi qualunque essi siano
per l’indomabile anima mia.
Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l’Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.
incombe solo l’Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.
quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.
Questa poesia ci ricorda come ognuno di noi abbia qualcosa di solido dentro di sé che sopravvive a qualsiasi dolore e rottura, perché anche se il nostro corpo fisicamente può piegarsi o “rompersi”, il nostro spirito, se lo vogliamo, non verrà mai intaccato da nulla.
Le ultime due righe della poesia richiedono una grande responsabilità che è quella di prendere in mano le redini della propria vita e guidarla nella direzione in cui vogliamo. Henley, come molti altri personaggi illustri e non, è l’esempio concreto che siamo solo noi a decidere della nostra sorte.
L’ anima invincibile di Henley è un’anima libera, priva di pregiudizi e di paure; un’anima che supera tutte le avversità e và avanti anche quando niente sembra avere senso.
Ed è per questo che le sue parole possono essere come una lanterna nella nostra vita quotidiana.
lunedì 27 febbraio 2012
tutto è per il bene, tutto è per la sua gloria
Cristo è venuto a salvare noi vagabondi dall’inutilità, ad assicurare ai nostri passi una strada certa: com’è diverso l’homo viator, l’uomo camminatore come è concepito dalla mentalità cristiana. Egli infatti è colmo di dolore e di certezza, cioè umile; è colmo di dolore perché è ben consapevole dell’incoerenza, dei tradimenti, ma attraverso essi sempre passa trionfando l’evidenza e la certezza della presenza di Cristo, la volontà della Sua Presenza, e la sua vita è testimoniata dalla Sua Presenza, anche attraverso il male. Sperando l’insperabile, in spe contra spem: la prima grande coordinata, la coordinata dell’amore, nell’uomo teso nel cammino al destino, è la speranza. Spe erectus, dice San Paolo, descrivendo l’uomo cristiano, diritto nella speranza. Cadesse mille volte al giorno, queste cadute sono in lui, ma è come se fossero non sue, sempre di meno sue. Sperando contro ogni apparenza, eretto in una speranza invincibile. Cristo è il contenuto di questa speranza invincibile: tutto è per il bene, tutto è per la sua gloria.
Luigi Giussani, Spirto gentil, Bur Saggi
domenica 26 febbraio 2012
Tentiamo di non sentirci dimenticati.
Negletti (Robert Frost)
Ci lasciano alla strada che abbiamo presa così,
Come due sul cui conto si fossero sbagliati,
Che nell'angolo a volte ce ne stiamo acquattati,
Coi nostri ostili, erratici e serafici sguardi,
Tentiamo di non sentirci dimenticati.
Come due sul cui conto si fossero sbagliati,
Che nell'angolo a volte ce ne stiamo acquattati,
Coi nostri ostili, erratici e serafici sguardi,
Tentiamo di non sentirci dimenticati.
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