sabato 3 marzo 2012

una scintilla di luce divina

La massima vicinanza di Dio si proverebbe non negando che questo male che si è insinuato nella creazione possa toccarLo, ma considerando che può trasformarsi in bene, grazie alla perseveranza anche di una sola persona a santificare la vita, in sé e attorno a sé. Nonostante gli abissi che essa sfiora e che la minacciano, fino a suggerirle a volte di ceder loro le sue forze residue e di abbandonarsi ad essi, una scintilla di luce divina, persa nelle rovine del male fino a far corpo con esso, al punto di essere inavvertibile e presto dimenticata, sarebbe allora salvata. CATHERINE CHALIER

venerdì 2 marzo 2012

Digiuna...scopri

Digiuna dal giudicare gli altri: scopri Cristo ... che vive in loro.
Digiuna dal dire parole che feriscono: rièmpiti di frasi che risanano.
Digiuna dall'essere scontento: rièmpiti di gratitudine.
Digiuna dalle arrabbiature: rièmpiti di pazienza.
Digiuna dal pessimismo: rièmpiti di speranza cristiana.
Digiuna dalle preoccupazioni inutili: rièmpiti di fiducia in Dio.
Digiuna dal lamentarti: rièmpiti di stima per quella meraviglia che è la vita.
Digiuna dalle pressioni e insistenze: rièmpiti di una preghiera incessante.

Digiuna dall'amarezza: rièmpiti di perdono.
Digiuna dal dare importanza a te stesso: rièmpiti di compassione per gli altri.
Digiuna dall'ansia per le tue cose: compromettiti nella diffusione del Regno.
Digiuna dallo scoraggiamento: rièmpiti di entusiasmo nella fede.
Digiuna da tutto ciò che ti separa da Gesù: riempiti di tutto ciò che a Lui ti avvicina.
Spirito Santo, che hai condotto Gesù nel deserto, dove Egli ha digiunato per quaranta giorni e quaranta notti, per l'intercessione di Maria Santissima Madre di Gesù e Madre mia, aiutaci a digiunare così come Tu vuoi. Amen.

giovedì 1 marzo 2012

emplicemente accettarli come inviti a salire più su e più vicino


Non appena arrivai a Daybreak, Linda, una donna giovane e bella con la sindrome di Down, mi gettò le braccia al collo e disse: «Benvenuto». Fa così con ogni nuovo arrivato, e lo fa ogni volta con convinzione e amore senza riserve. Ma come ricevere un abbraccio del genere? Linda non mi aveva mai incontrato. Non aveva la minima cognizione di come ero vissuto prima di andare a Daybreak. Non aveva mai avuto occasione di incontrare il mio lato oscuro, né di scoprire i miei angoli di luce. Non aveva mai letto nessuno dei miei libri, non mi aveva mai sentito parlare né mai aveva avuto una qualche conversazione con me.
Avrei dovuto solo sorridere, definirla graziosa e passare oltre come se niente fosse accaduto? Oppure anche Linda stava in qualche modo sulla pedana e con il suo gesto diceva: «Avanti, non essere scontroso, tuo Padre vuole trattenere anche te!». Sembra così ogni volta che devo fare una scelta tra "spiegare" questi gesti o semplicemente accettarli come inviti a salire più su e più vicino - si tratti del benvenuto di Linda, la stretta di mano di Bill, il sorriso di Gregory, il silenzio di Adam o le parole di Raymond.
HENRI J. M. NOUWEN

mercoledì 29 febbraio 2012

Io sono la casa di Dio!


Per molti anni ho cercato di carpire un barlume di Dio guardando attentamente ai molteplici aspetti dell'esperienza umana: solitudine e amore, dolore e gioia, risentimento e gratitudine, guerra e pace. Ho cercato di capire gli alti e i bassi dell'animo umano, di discernervi una fame e una sete che solo un Dio il cui nome è Amore potrebbe soddisfare. Ho cercato di scoprire ciò che è duraturo al di là dell'effimero, ciò che è eterno al di là del transitorio, l'amore perfetto al di là di tutte le paure inibitorie e la consolazione divina al di là della desolazione dell'angoscia e dell'estrema sofferenza umane. Ho cercato costantemente di puntare oltre la qualità mortale della nostra esistenza verso una presenza più grande, più profonda, più ampia e più bella di quanto possiamo immaginare, e di parlare di quella presenza come di una presenza che può essere già vista, sentita e toccata da coloro che sono disposti a credere.
Comunque, durante il tempo trascorso qui a Daybreak, sono stato condotto in un luogo interiore dove non ero stato prima. E il luogo dentro di me dove Dio ha scelto di dimorare. È il luogo in cui mi sento al sicuro nell'abbraccio di un Padre tutto amore che mi chiama per nome e mi dice: «Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto». E il luogo in cui posso assaporare la gioia e la pace che non sono di questo mondo.
Questo luogo era sempre esistito. Ero sempre stato consapevole che fosse fonte di grazia. Ma non ero stato capace di entrare in esso e di viverci veramente. Gesù dice: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui». Queste parole mi hanno sempre colpito profondamente. Io sono la casa di Dio!
HENRI J. M. NOUWEN

martedì 28 febbraio 2012

non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia

William Ernest Henley 
Dopo una vita sempre malato di tubercolosi negli ultimi anni, annche l’altra gamba fu contagiata dall'infezione. Henley non si diede per vinto, non accettò di essere operato e si affidò alle cure del Dott. Joseph Lister, che da poco aveva inventato la medicina antisettica. Le cure innovative di Lister riuscirono a salvarlo dalla seconda amputazione ed è proprio in questi tre anni di cure e di degenza in ospedale (precisamente nel 1875) che scrisse la poesia Invictus:
INVICTUS 
Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all’altro,
ringrazio gli dèi qualunque essi siano
per l’indomabile anima mia.
Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l’angoscia.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.
Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l’Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.
Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita,
io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.

Questa poesia ci ricorda come ognuno di noi abbia qualcosa di solido dentro di sé che sopravvive a qualsiasi dolore e rottura, perché anche se il nostro corpo fisicamente può piegarsi o “rompersi”, il nostro spirito, se lo vogliamo, non verrà mai intaccato da nulla.
Le ultime due righe della poesia richiedono una grande responsabilità che è quella di prendere in mano le redini della propria vita e guidarla nella direzione in cui vogliamo. Henley, come molti altri personaggi illustri e non, è l’esempio concreto che siamo solo noi a decidere della nostra sorte.
L’ anima invincibile di Henley è un’anima libera, priva di pregiudizi e di paure; un’anima che supera tutte le avversità e và avanti anche quando niente sembra avere senso.
Ed è per questo che le sue parole possono essere come una lanterna nella nostra vita quotidiana.

lunedì 27 febbraio 2012

tutto è per il bene, tutto è per la sua gloria


Cristo è venuto a salvare noi vagabondi dall’inutilità, ad assicurare ai nostri passi una strada certa: com’è diverso l’homo viator, l’uomo camminatore come è concepito dalla mentalità cristiana. Egli infatti è colmo di dolore e di certezza, cioè umile; è colmo di dolore perché è ben consapevole dell’incoerenza, dei tradimenti, ma attraverso essi sempre passa trionfando l’evidenza e la certezza della presenza di Cristo, la volontà della Sua Presenza, e la sua vita è testimoniata dalla Sua Presenza, anche attraverso il male. Sperando l’insperabile, in spe contra spem: la prima grande coordinata, la coordinata dell’amore, nell’uomo teso nel cammino al destino, è la speranza. Spe erectus, dice San Paolo, descrivendo l’uomo cristiano, diritto nella speranza. Cadesse mille volte al giorno, queste cadute sono in lui, ma è come se fossero non sue, sempre di meno sue. Sperando contro ogni apparenza, eretto in una speranza invincibile. Cristo è il contenuto di questa speranza invincibile: tutto è per il bene, tutto è per la sua gloria.
Luigi Giussani, Spirto gentil, Bur Saggi

domenica 26 febbraio 2012

Tentiamo di non sentirci dimenticati.


Negletti (Robert Frost)

Ci lasciano alla strada che abbiamo presa così,
Come due sul cui conto si fossero sbagliati,
Che nell'angolo a volte ce ne stiamo acquattati,
Coi nostri ostili, erratici e serafici sguardi,
Tentiamo di non sentirci dimenticati.