UN SEPOLCRO PER GUARIRE di Anselm Grun
Anselm Grun è monaco benedettino e psicoterapeuta di formazione Junghiana. Il testo è tratto da: “L’anno liturgico come terapia” (Edizioni Paoline 2007)
Il rifiuto di lasciarci richiamare in vita da Gesù dipende, secondo Hans Bohringer, da quattro giuramenti con i quali già nell’infanzia abbiamo reagito alle ferite inferteci dalla vita e con i quali impediamo ogni sorta di guarigione.
Il primo giuramento recita: i dolori che ho dovuto sopportare da bambino sono stati così grandi da aver già colmato la misura.
Non voglio soffrire più, non mi serve altra sofferenza.
Mi basta essere stato abbandonato da bambino. Non voglio correre il rischio che accada di nuovo. Perciò preferisco rinchiudermi in me stesso.
Mi basta essere stato deriso da bambino, non essere stato preso sul serio allora. Adesso sono aggressivo, cosicché devono prendermi sul serio. Il giuramento per cui il dolore già sofferto è sufficiente per tutta la vita significa che mi aggrappo al mio stato attuale rifiutandomi di cammbiare.
Ogni cambiamento comporterebbe infatti nuove sofferenze. lo però non voglio più soffrire, non voglio più che mi si faccia del male. Così mi costruisco una corazza che mi protegga da nuovi dolori e mi impedisca di avvertire quelli vecchi.
Ne consegue il secondo giuramento: chiudo gli occhi davanti a me stesso, non voglio riflettere su di me. Ho paura di scoprire in me cose spiacevoli, perciò preferisco non guardarmi dentro. Il rifiuto di riflettere su se stessi è alla base di ogni sviluppo interiore sbagliato.
Il terzo giuramento recita: posso e voglio risolvere i miei problemi da solo, non ho bisogno dell’aiuto di nessuno, nemmeno di Dio. Posso farcela da solo. Perché dovrei affliggere altri con i miei problemi? Nonostante abbia sperimentato che non riesco a venirne a capo da solo, tengo fede al giuramento.
Ne consegue il quarto giuramento: ho bisoogno di questa posizione di forza di saper risolvere da solo i miei problemi per compensare le mie mancanze. Ho bisogno dell’ orgoglio di farcela da solo per poter vivere, altrimenti l’intero edificio della mia vita crollerebbe. Voglio proteggermi da questo e quindi mantengo il mio giuramento. Non accetto che nessuno mi renda insicuro, né un essere umano, né Dio.
Il Sabato santo ci invita a mettere a nudo le nostre ferite e i nostri giuramenti, a scoprire tutte queste soddisfazioni sostitutive, le difese e le consolazioni che ci siamo costruite per compensare le nostre offese, l’amarezza e l’odio che abbiamo nutrito finora. Dovremmo deporre tutto questo nella tomba e lasciarcelo, permettere che Cristo lo guarisca, lui che nella risurrezione è stato guarito dalla morte, la ferita più dolorosa e profonda, e vuole guarire anche noi.