venerdì 10 maggio 2013

scopriamo anche noi di non essere incondizionatamente disposti a lasciarci guarire da Dio


UN SEPOLCRO PER GUARIRE di Anselm Grun

Anselm Grun è monaco benedettino e psicoterapeuta di formazione Junghiana. Il testo è tratto da: “L’anno liturgico come terapia” (Edizioni Paoline 2007)

Il Sabato santo interessa anche la guarigione della propria storia, la guarigione dei ricordi.
I monaci egiziani conoscevano un esercizio che potrebbe aiutarci a guarire il nostro passato, con le sue ferite.
Dobbiamo immaginarci di giacere per tre giorni nella tomba … dopo di che dobbbiamo chiederci che cosa lasceremmo nel sepollcro, che cosa si staccherebbe da noi.
Quali pretese esagerate che ci rovinano la vita, quali paure, quali ricordi, quali motivazioni sbagliate? Quali macigni ci trasciniamo dietro, che pootremmo lasciare nella tomba?
Quante cose morte ci portiamo dentro, nel nostro corpo, nei nostri sentimenti?
Quanti irrigidimenti ci pesano sullo stomaco come pietre?
Dovremmo lasciare tutto quanto nella tomba.
Allora potremmo riallzarci più sereni, più liberi, più sinceri.

Dovremmo abbandonare anche le nostre ferite.
Spesso non siamo capaci di vivere, di essere presenti, perché portiamo in noi le ferite del passsato, perché ce ne occupiamo troppo e ci offuuscano lo sguardo per il momento presente.
Simili ferite richiedono spesso molto tempo per guarire, ma dovremmo chiederci quali sono le feerite per le quali continuiamo a soffrire impedenndo che si rimarginino.
Delusioni, insuccessi, figuracce, fallimenti personali, offese da parte di altri, paure?
Cosa affiora se scruto nel mio passato?
Dove spuntano rabbia e rancore, dove monta l’aggressività,
perché improvvisamente mi rendo conto che mi è stato fatto del male,
che sono stato preso in giro,
che altri sono stati preferiti a me,
che i miei desideri più profondi di tenerezza e amore, di sicurezza e comprensione non si sono realizzati,
perché i miei genitori erano troppo presi da se stessi?
Cosa mi ha ferito da bambino, a cosa penso ancora oggi con furore e rabbia?

Dovremmo semplicemente ripercorrere tutta la storia della nostra vita alla ricerca delle esperienze che ci hanno fatto male, delle offese, delle ferite che gli altri ci hanno inferto, e chiederci come abbiamo reagito. Forse non volevamo percepirle in tutta la loro dolorosità, perché facevano troppo male.
Così abbiamo stretto i denti, ci siamo chiusi in quel punto per non provare troppo dolore.
Ma così facendo tutti quei punti sono morti e adesso ci mancano, ce li portiamo appresso come parti rigide e morte, che non ci appartengono davvero.
Ci sono molte persone che rifiutano la guarigione interiore.
Magari scopriamo anche noi di non essere incondizionatamente disposti a lasciarci guarire da Dio.
Non vogliamo rinunciare alle scuse con le quali abbiamo evitato di cambiare.

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