sabato 16 febbraio 2013

ci mostrerà come in effetti non sia possibile separare l’amore per Dio

Un semplice testo dell’Esodo (22,26) ci chiama a una scelta assai concreta; ci ricorda che dobbiamo preoccuparci di dove dormirà chi si è spogliato del mantello.
È il nostro caso?
Ci angoscia sapere con che cosa si copriranno e dove trascorreranno la notte i poveri del nostro paese? Chissà che quanto avviene nel profondo e nell’intimità della casa non esprima meglio di molti altri indizi le profonde differenze esistenti tra noi.
Dormiranno sotto un tetto? Per terra, su una stuoia o in un letto? In uno, due, cinque o sei per stanza?
In un’abitazione da cui presto saranno cacciati? [...]
Le sfide che vengono da situazioni umane concrete ci portano alle fonti della vita cristiana, dove le distinzioni fra nozioni o elaborazioni teologiche non scompaiono – come vorrebbe un pedante antiintellettualismo – ma acquistano, questo sì, vita e significato.
Preoccuparsi di dove dormiranno i poveri ci mostrerà come in effetti non sia possibile separare l’amore per Dio e l’amore per il prossimo, cosa significhi vivere i due aspetti intrecciati l’uno con l’altro.
Vivere le cose alla radice ci aiuterà a comprendere come l’unità della nostra vita non consista in una bella ed equilibrata formulazione di nozioni, ma nel metterci in cammino per realizzare l’amore per Dio e per il prossimo in uno stesso atto.
Questo soltanto ci condurrà alla vita;
itinerario costoso ma pieno di speranza, in cui diveniamo via via compassionevoli quanto il Dio della nostra fede.
Compassionevoli: significa capaci di “sentire con” Dio e con gli altri; sentire, non soltanto pensare; andare alle radici cercando l’unità come qualcosa di nuovo e di creativo, non come una sintesi ben equilibrata. (Gustavo Gutiérrez, Il Dio della vita)

venerdì 15 febbraio 2013

amabili e impegnative quando il martirio le alimenta


La giustizia, la verità, la libertà... sono grandi cose anche ai nostri poveri occhi, soprattutto perché su ciascuna c'è una corona immarcescibile di vite offerte e dipasque consumate. Sublimi come idee, divengono amabili e impegnative quando il martirio le alimenta.
L'ideale della giustizia, della verità, della libertà mi affascina facilmente, ma solo quando m'accorgo che c'è qualcuno che paga duramente le mie ingiustizie o le mie menzogne o le mie oppressioni, solo allora io mi sento impegnato. Se dal mio rubare, dal mio inganno o dal mio sopraffare, nessuno ne soffrisse, potrei continuare a rubare e credermi un galantuomo, ingannare e credermi un uomo leale, opprimere e far parte della lega dei diritti dell'uomo.
Cristo, per aprirmi gli occhi, ha reso evidente la sua passione in ogni creatura. Ecco perché capire la sua pasqua è assai costoso per me e per tanti.
Don Primo Mazzolari

giovedì 14 febbraio 2013

è un atteggiamento nei riguardi di Dio che coinvolge il cuore, la mente e la vita.

Questa quaresima diviene così un tempo privilegiato di grazia e di riconciliazione.
È la chiesa intera che cammina verso la pasqua rivivendo in pienezza il mistero della redenzione e ciascun fedele deve sentirsi solidale con tutta l'umanità riscattata da Cristo.
Non ci può essere riconciliazione senza conversione. E la conversione dell'uomo non è altro che un riprendere a seguire la voce del Signore: «10 sono il Signore tuo Dio, non avrai altro Dio al di fuori di me» (cf. Es 20,2).
Siamo peccatori tutte le volte che la voce del mondo, la voce di tutto ciò che non è Dio, diventa il nostro cammino. Nella conversione tutte queste voci vengono abbandonate e la voce di Dio ritorna ad essere la nostra strada.
La conversione non è quindi un semplice rinnovo interiore dell'uomo: è un atteggiamento nei riguardi di Dio che coinvolge il cuore, la mente e la vita. Riprendendo l'ascolto del Signore, il dialogo con lui, noi possiamo riconciliarci con i fratelli.
La conversione però non si compie una volta per sempre. È un cammino lungo, lento, paziente, fatto di umiltà, di amore, di compunzione. Un cammino che si fa nella e con la chiesa, attraverso l'ascolto della Parola, la preghiera, la penitenza, soprattutto attraverso i sacramenti.
Per questo riteniamo utile pubblicare alcune parole pronunciate dal cardo Martini, a partire dal maggio scorso, in varie occasioni.
In esse ciascuno di noi può trovare un prezioso aiuto per riflettere sul proprio cammino di conversione, per interrogarsi su come viviamo i sacramenti che la redenzione di Gesù ci ha donato, specialmente l'eucaristia e la riconciliazione, seguendo le orme dei santi: da Paolo ad Ambrogio a Carlo.
Saremo così guidati dal nostro arcivescovo nella salita verso la pasqua del Signore.

mercoledì 13 febbraio 2013

LA PAROLA, LA CONVERSIONE, L’EUCARESTIA, LA CARITA’

Oggi primo giorno di quaresima ho postato questo articolo, sicuro che potrà aiutare a riflettere.
La spiritualità della strada (don Giorgio Basadonna) E' facile mettersi per strada e cominciare a camminare. Forse l’invito di un amico o di un gruppo di amici ha messo in moto la bella avventura, e ci si sente contenti di fare qualcosa insieme, qualcosa di nuovo, di particolare, qualcosa che solo pochi fanno. Si parte: una gita in montagna, magari una arrampicata, oppure una nuotata in mare, e si avverte che la vita si può viverla anche in un altro modo, si possono rompere le solite abitudini che quasi sono diventate regole fisse da seguire ciecamente. Se però l’invito è del tutto nuovo e non offre soltanto un giorno di cammino, o una gita che si chiude in qualche ora, e se qualcuno ci mette davanti una carta geografica con strade che si inoltrano su territori sconosciuti e vasti, allora la decisione di mettersi in cammino prende un'altra fisionomia ed esige una presa di coscienza molto seria. Nascono domande e preoccupazioni: ci si chiede se abbiamo ancora un pò di intelligenza, se siamo tornati indietro quando non esistevano i mezzi di comunicazione e bisognava andare a piedi per forza. E poi nasce la paura, la preoccupazione per quello che potrà succedere, per la fatica da fare, per le possibili debolezze che si faranno sentire e si comincia a chiedere consiglio a chi ha già tentato avventure del genere. Resta comunque il dubbio di fronte a chi ancora propone di andare a piedi e di fare chilometri su chilometri: “non si sa mai”. Un invito tutto diverso viene da chi, forte della sua esperienza, propone un "pellegrinaggio" e per di più, non verso un santuario locale, ma verso luoghi e regioni lontane da raggiungere a piedi per vivere l'evento in tutta la sua realtà, come giorni di penitenza, di preghiera, di meditazione e così riuscire a cogliere le lezioni offerte in quantità da quei luoghi. La strada rivela una particolare "spiritualità", cioè una particolare ricchezza che va scoperta e vissuta proprio lungo il cammino e attraverso il cammino. E' la spiritualità della strada, è il modo per vivere la nuova proposta come una avventura dello spirito, come un richiamo a ciò che è più vero in noi, come un invito a guardare la propria vita nella luce dello Spirito. Le linee, i contenuti di questa spiritualità e i mezzi per poterla vivere, nascono dal modo con cui ciascuno intende compiere il cammino, dalle sue intenzioni e dalle sue richieste, ma ci sono sempre alcuni elementi che la caratterizzano e che diventano regole per saperla scoprire e vivere. Vi accenniamo qui di seguito. 1. La preparazione. Appena si decide di accettare l’invito a partire per la grande avventura, si avverte un certo senso di paura, ci si trova di fronte all’ignoto che si apre davanti con i suoi agguati, i suoi segreti, i suoi interrogativi senza risposta. Ma è più forte la volontà di partire e si chiarisce perché si vuole fare il cammino, perché raggiungere quel luogo caratteristico per la fede cristiana, perché mettersi sulle tracce di migliaia di pellegrini che hanno preceduto, e perché si è scelto di usare soltanto le proprie gambe. C’è un desiderio di penitenza, nei suoi due significati: sottomettere il proprio corpo a una situazione non comoda, chiedere a se stessi di fare a meno di quanto solitamente usiamo per il. nostro benessere, e così sentirsi padroni di sé, liberi da tante dipendenze, e fisicamente forti. Ma se fosse soltanto una illusione di potenza e quasi il piacere orgoglioso di una sfida alle abitudini generali, saremmo nell'ambito di una auto-esaltazione e di perfezionismo che ha nulla a che fare con una spiritualità. Penitenza nella idealità cristiana ha l'altro significato e vuol dire cambiamento di mentalità, conversione, cioè scoperta di prospettive e di scelte non evangeliche nella propria vita, e quindi impegno di liberarsene, di denunciarle a se stessi e chiederne perdono a Dio. Si vede concretamente quali "penitenze" entreranno nel cammino, quali scelte fare e quali eliminare, sia per meglio scoprire i nostri lati distorti e sia per cambiare 1'impostazione della vita stessa, così che il cammino lasci dei segni e delle abitudini nuove. Poi, si cercherà di seguire questi propositi e di esaminarci ogni sera e constatare se e come e fin dove si è rimasti fedeli. Si prepara lo zaino scegliendo solo ciò che è strettamente necessario, lasciando da parte quanto può dare sicurezza ipotizzando malattie, incidenti, cambiamenti radicali di temperatura. Anche il telefono cellulare se viene portato, sarà usato solo per urgenze gravi. Si vuole contare su sé stessi e sull'aiuto di chi si potrà incontrare, si vuole raggiungere una libertà dalle cose, che sia l’inizio di un altro modo di vivere, senza però rinnegare igiene e pulizia! E' questo un modo di fare penitenza nei due sensi appena indicati. 2. In cammino. a) Una lettura di fede ispira tutto il percorso perché lo illumina di una presenza dello Spirito che instancabilmente semina tracce e richiami per accompagnare il viandante e fargli cogliere la chiamata che Dio gli rivolge. Si decide un pellegrinaggio perché si è avvertita la voce di Dio che chiama a una avventura di amore. Bisognerà alla partenza mettersi subito in relazione con Dio, ascoltare la sua parola, e iniziare un ritmo di preghiera che accompagnerà tutto lo svolgimento del cammino. L’esperienza del popolo eletto condotto nel deserto per uscire dall’Egitto e raggiungere la terra promessa ai Padri, potrà suggerire ogni giorno idee e riflessioni adatte a realizzare il dono che sta ricevendo il pellegrino. b) Quello che si vede e che si incontra è da accogliere come un dono di Dio: così ci si sente attesi da lui che per noi ha creato quel paesaggio, quei monti, la pianura, i prati e i boschi, per noi ha preparato il sole che scalda e illumina e la luna che di notte incanta con la sua luce pallida e forte. Per noi, chi ci ha preceduto ha costruito strade e ponti usando l’intelligenza e la forza che Dio ha messo nell'uomo: tutto parla di Dio e in tutto Dio parla all'uomo. Anche quando il cielo si rabbuia e si riempie di nubi e di nebbia, e la pioggia e il freddo feriscono il corpo, quando le strade si moltiplicano e confondono impedendo di trovare quella giusta, si capisce che cosa è la fede, e come Dio si rivela nel suo mistero senza cedere alla nostra razionalità che vorrebbe comprendere e giustificare tutto. Bisogna allora fermarsi in silenzio, e ascoltare e meditare queste voci che salgono da quanto circonda il pellegrino. Si impara così un linguaggio nuovo che si potrà comprendere anche dopo, quando la vita tornerà al solito ritmo, ma ancora potrà rivelare le grandi cose nascoste all’udito, alla vista ed al cuore distratti. c) La sosta aiuta a ricreare le forze e invita a riandare col pensiero a quanto si è visto e si è sentito per valutare e valorizzare la ricchezza del vivere umano e del convivere sociale: si ascolta nel proprio intimo il canto dell'universo che diventa preghiera di lode e di ringraziamento. Se è sera e si pianta la tenda, si scopre la provvidenza di Dio che offre un rifugio ai suoi figli e li richiama al loro compito di ripetere il suo gesto per gli altri: si capisce perché Dio stesso si è fatto uomo ed è "venuto a piantare la sua tenda in mezzo a noi” (come dice il testo greco del prologo del vangelo di Giovanni), e si capisce anche come tutto il mondo sia una grande tenda per accogliere e unire tutta l'umanità. Forse una tenda intesa così vale più di sontuosi palazzi! La notte diventa il tempo del riposo inteso come rinascita di forze e di voglia per ricominciare, e anche il tempo del silenzio per ascoltare tutte le voci della natura, voci di amore, di bellezza, di armonia e di vita. d) La mèta si avvicina: il cammino raccorcia le distanze, e anche se durerà ancora molto già presenta e fa vivere quanto offrirà alla fine: sono i santuari di Dio, i campi-base delle grandi avventure dell'uomo, sono i luoghi dove Dio attende per manifestarsi e donarsi alla sua creatura. Ogni giorno si pensa e si riflette su quanto Dio ha preparato per noi, cercando di analizzare e approfondire l’insegnamento e l’offerta che ci aspetta. La preghiera esce dalla abitudine delle solite parole e diventa provocazione di Dio, apertura del cuore al suo Spirito: se si celebra l’Eucaristia, la reale presenza di Gesù rassicura il cammino e realizza l’incontro con i discepoli di Emmaus. c) L’ora dei pasti, mentre soddisfa il naturale bisogno fisico, apre a un’altra concezione dell’aspetto materiale della vita umana. Se si è insieme ad altri, il pranzo e la cena diventano momenti di relazione, di scambio, di condivisione, e tutto è buono e sufficiente senza pretese di cibi particolari: un pensiero a chi nemmeno può concedersi quanto per noi è naturale, fa cambiare le nostre abitudini. f) La strada conduce in altre città e paesi forse mai visti o conosciuti soltanto dai finestrini del treno e della macchina, fa incontrare persone e abitudini diverse, indefinite possibilità di vita, di gusti, di atteggiamenti e scelte finalmente nuovi. E’ l’invito a uscire dalla strettezze del proprio punto di vista e aprirsi alla ricchezza umana mai esaurita nelle singole modalità, e a conoscerne delle nuove, mentre si capiscono e si valorizzano quelle che si incontrano e suggeriscono iniziative e tentativi da realizzare. Si diventa più comprensivi, più accoglienti, senza giudicare ed escludere, ma imparando sempre qualcosa per la crescita della propria personalità. g) Il ripetersi durante i giorni del cammino di queste vicende, costruisce una nuova sensibilità e cambia il modo di gestire la nostra vita quotidiana. Quando si tornerà nella cosiddetta vita civile, non saremo più quelli di prima: in noi è entrata una nuova modalità, una serenità e una libertà interiore che vorremo mantenere e difendere sempre. Sarà il senso cristiano del vivere, la gioia di condividere i doni di Dio e di volerli trasmettere a tutti. 3. I compagni. Non siamo soli sulla nostra strada: da secoli e secoli altri hanno camminato cercando lungo la strada le tracce dell'amore di Dio e l’incontro armonioso con i fratelli, e portando ad altri l’annuncio misterioso, la "bella notizia", l’Evangelo insegnato da Gesù, la certezza della sua presenza e della sua azione di salvezza. Con noi cammina Gesù, il fuggitivo che con Maria e Giuseppe ripara in Egitto e poi torna a Nazaret; Gesù che per tre anni percorre tutta la sua terra insegnando e beneficando, conclude la sua presenza visibile salendo il Calvario, e alla fine saluta i discepoli sul monte degli ulivi. Con noi cammina Maria che dopo l’annuncio dell'Angelo affronta il lungo cammino e si reca da Elisabetta portando nel grembo il Figlio di Dio, e poi segue da lontano il percorso del figlio, maestro accettato e contestato e poi eliminato sulla croce. Cammina San Paolo abbagliato dalla luce del Risorto sulla via di Damasco e poi instancabile e coraggioso camminatore portando soltanto la presenza viva di Gesù, l’unica salvezza per l’umanità. Camminano gli Apostoli e quanti innamorati di Gesù hanno percorso le vie del mondo, hanno attraversato i mari, solo desiderosi di non far mancare a nessuno la bella notizia di Dio venuto ad abitare con noi. Camminano i missionari di ieri e di oggi, uomini e donne guidate dalla ricchezza di un dono da non tenere per sé ma di goderlo facendolo godere. Camminano migliaia e migliaia di persone spinte dalla miseria e dalla fame, o dalla distruzione delle guerre e della ferocia umana, carovane che fuggono in cerca di una terra ospitale che potrebbe e dovrebbe accogliere come fratelli quelli che sono anch'essi figli di Dio, allargando la propria tenda e dividendo speranze e forze. 4. I frutti Se la strada è stata compiuta e vissuta in tutta la sua realtà meravigliosa e ricca di possibilità e di suggestioni infinite, accogliendo e sviluppando ogni richiamo e ogni invito che si accende a ogni passo, quando si arriva alla mèta non è finita la grande avventura. Ci si incontra con il cuore della cristianità in quella città fecondata dal sangue di migliaia e migliaia di martiri, la Roma. dove Pietro ha iniziato il suo compito di "confermare i fratelli", oppure si arriva al limite dell'Oceano dove approdò Santiago, il discepolo di Gesù. Talvolta, come fin dai primi secoli, si torna alla Terra dove Dio si è fatto uomo e ha condiviso la storia di un popolo, prendendo su di sé tutte le vicende dell'umanità. Qui si vedono quei luoghi che raccontano ancora i gesti umili o miracolosi del Figlio di Dio; si respira quell’aria abitata dallo Spirito, si riascolta la parola dei Profeti rivissuta in Gesù. Nasce una conoscenza più viva e attuale di lui, ed entra nel cuore e nella mente la certezza di un mistero che ancora interpella ogni uomo. Tanto più oggi si prega e si soffre per accelerare il ritorno di una pace invocata da tutti e trasmessa da Gesù a chi ha il coraggio di seguirlo, come inizio di una vita nuova per l’umanità. La spiritualità della strada vissuta lungo il cammino, entra a ispirare e accrescere la fede, accende l’amore, mette nel cuore la voglia di fare della propria vita un cammino perenne, senza lasciarsi vincere dalle fatiche e dagli insuccessi, gustando la gioia dell'incontro con Dio che ci aspetta all'angolo delle nostre strade e cammina con noi. La forza nuova che è entrata nel nostro corpo e nel nostro animo ha cambiato l’impianto della nostra vita: l’esperienza di Dio così vicino e così attento a noi, così generoso nel donarci tutto 1'universo e la grandezza della natura, così misterioso nel mettersi nelle nostre mani e donarci il suo corpo e il suo sangue per rendere santa la nostra vita, resta come certezza e si trasforma in una adesione quotidiana, in uno stile perenne di amore e di fede. Chi ha avuto il coraggio di camminare a piedi, chi ha scavalcato ostacoli interni ed esterni per realizzare il proprio sogno, ora benedica il Signore che lo ha chiamato e accompagnato. 5. Preghiera. Gesù,Tu sei la strada, la verità e la vita! Ora comincio un lungo cammino che giorno dopo giorno mi offrirà incontri e occasioni rivelatori della tua continua presenza e mi porterà a incontrarTi là dove Tu mi aspetti. Voglio camminare con Te su strade note o sconosciute come Tu hai camminato nella tua Terra, e ritrovare nel mio cammino le tracce del tuo passaggio, parole e gesti di salvezza, oggi offerti a ogni uomo. Accompagnami Tu: sostieni la mia stanchezza, rinvigorisci la mia speranza e la voglia di cercare Te nelle cose, nei luoghi, nelle persone che vedrò, per sentire nel mio cuore il palpito del tuo amore. 0 Gesù, fa' che questa strada sia cammino di conversione, perché io diventi coraggioso testimone di Te alla luce della tua parola scoperta in questi giorni stupendi, e il mio cammino continui per sempre sulla tua strada. 0 Maria, madre di Gesù e nostra. Madre, insegnami a vivere questa strada come Tu hai vissuto le tue strade seguendo Gesù da Betlemme al Calvario, dalla Pasqua fino all’incontro beato con Lui nel cielo. AMEN Suggerimenti Si tratta di suggerimenti ai quali ognuno dovrà comunque apportare personali aggiustamenti in funzione delle proprie motivazioni, disponibilità di tempo, stato di salute e condizioni fisiche. Quanto segue può sembrare complicato o difficile, ma quando un individuo avrà preso la decisione di fare un pellegrinaggio a piedi, si accorgerà che tutti i nodi si scioglieranno quasi da soli e le cose si aggiusteranno in poco tempo. Molto spesso ci si accorge che l’ostacolo della disponibilità del tempo è superabile; 2, 3, o 4 settimane si riescono a trovare! Qualcuno usa ad esempio la soluzione, non ottimale per una esperienza profonda, ma comunque valida, di dedicare una settimana all’anno in modo da compiere l’intero percorso, ad es., in 4 anni. Per altre necessità, il tempo non lo troviamo per forza? Per un lavoro all’estero, per un viaggio od una vacanza, per un ricovero in ospedale che ci ordina il medico? Nel nostro caso, oltre tutto, il periodo dell’anno è una scelta libera. Un’altra cosa importante che scoraggia molti è la considerazione “io non sono in grado”, “io non sono allenato”, “io non ho mai camminato”. Non è per niente così; l’uomo è nato per camminare e non è venuto alla luce con un sedile d’auto sotto la schiena. Il nostro corpo è anche capace di muovere il proprio peso ed anche qualcosa in più per diversi giorni, ma molti se lo stanno dimenticando e contribuiscono a mutare la specie umana nella direzione che si può immaginare. Questo non significa che si può partire di punto in bianco e pretendere di cambiare i nostri ritmi senza subire alcune conseguenze negative. E’ importante considerare che lo scopo del pellegrinaggio non è il partire, ma è l’arrivare alla mèta ed in buone condizioni di salute e di spirito. La motivazione che spinge un individuo a prendere una tale decisione è essenzialmente personale e nessuno vi può interferire e quando essa viene presa, non si riesce più a recedere e prima o dopo il pellegrino parte. Nella fase di preparazione è consigliabile un approfondimento bibliografico con i testi consigliati o con i molti altri reperibili anche nelle biblioteche. Si scopre un mondo sconosciuto, persone e situazioni da cui noi proveniamo e, ci piaccia o no, ci si rende conto che la nostra vita è un “testimone” che dovremo passare a chi viene dopo di noi e che, anche per questo motivo, dobbiamo spendere al meglio. Inoltre si prende una maggior conoscenza degli aspetti spirituali del pellegrinaggio che sono i valori primari che si recupereranno, e si daranno spazi adeguati a: LA PAROLA, LA CONVERSIONE, L’EUCARESTIA, LA CARITA’. Il pellegrinaggio è una grande esperienza del corpo e dello spirito: non va sprecata con una preparazione inadeguata

martedì 12 febbraio 2013

Donaci l’intelligenza della tua legge, Signore


DIO DI PURO AMORE


O Dio di puro amore,
che gli uomini diversi chiamano con nomi diversi,
ma che sei l’Uno, Unico e lo Stesso,
Colui-che-è, che è in tutto ciò che è
E nell’unione di tutti quelli che si uniscono,
che è nelle altezze e negli abissi,
nell’infinito dei cieli e nell’ombra del cuore,
come minuscola semente.

Ti lodiamo, Dio dell’amore, perché ci esaudisci,
poiché questa preghiera è già un esaudimento,
poiché rivolgendoci a T noi eleviamo il nostro volere,
depuriamo il nostro desiderio e ci sentiamo figli.

E che cosa abbiamo ancora da domandare
     se questo è compiuto?

Sì, che cosa domandare se non che questo duri,
o Eterno, lungo il nostro giorno e la nostra notte,
se non di amarti abbastanza per amare tutti
quelli che ti amano e ti invocano come noi,
abbastanza per amare quelli che ti pregano
e ti pensano diversamente, abbastanza per volere
il bene di quelli che ci vogliono male,
abbastanza per volere il bene
di quelli che ti rinnegano o ti ignorano,
il bene di ritornare a Te.

Donaci l’intelligenza della tua legge, Signore,
donaci la sapienza del cuore,
il rispetto ammirato e misericordioso
di tutto ciò che vive,
l’Amore senza il rovescio dell’odio,
la forza e la gioia della tua Pace.

Amen.
                                                                             Lanza del Vasto

lunedì 11 febbraio 2013

partire per una strada che conosce appena


Il maratoneta è la persona sportiva che dopo una
lunga preparazione, gareggia per lasciare tutti
gli altri indietro! Sperando di arrivare da solo al
traguardo, per ricevere la meritata ovazione del
pubblico, oltre che un bel gruzzolo.
Il pellegrino, è la persona che accetta di partire
per una strada che conosce appena, non si prepara atleticamente. Cerca di arrivare alla meta,
pur sapendo che è il cammino che conta, cioè
quello che vive durante e non la meta in sé
Parte lasciando tutto (per questo fa testamento,
prima di partire). Va per la strada, sapendo che
ogni passo che farà lo potrà compiere, se avrà fiducia nel Signore che l'ha chiamato e nell' imparare ad essere aiutato dal prossimo che incontra
sulla sua strada.

domenica 10 febbraio 2013

Ci consegnamo al silenzio


SIGNORE PRIMA DI ACCOGLIERTI NEL SILENZIO               


Signore,
prima di accoglierti nel silenzio,
prima di consegnarci
al silenzio dello stare con te,
vorremmo raccogliere il linguaggio d'amore
di tanti che in te hanno creduto;
e farci prestare da loro quelle parole
che noi stentiamo a trovare.
Vogliamo dirti,
con le parole incerte e sincere di Pietro,
<< Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene >>,.
Vogliamo cantare con il salmista:
“Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore,>>.
 0 con Agostino:
“ Signore, hai gridato, e hai vinto la mia sordità;
hai brillato, e dissipato la mia cecità;
hai sparso il tuo profumo,
io l'ho respirato e ora anelo a te.
Mi hai toccato,
e ardo dal desiderio della tua pace ”.
Vogliamo spezzare anche noi
il nostro vaso di alabastro.
E’ pieno dei profumo della nostra vita,
che è dono tuo,
della nostra libertà, del nostro desiderio di amare. 
Questo profumo non ci appartiene più,
ed è segno della nostra presenza presso di te. 
Ti chiediamo, Signore, uno sguardo di bontà
per quanti disprezzano il gesto di amarti;
nella loro ostilità è riflessa
anche la durezza dei nostro cuore;
rendici capaci di non giudicarti,
e tuttavia di non lasciarci allontanare
dallo stare con te.
Ti preghiamo, Signore,
per quanti non hanno il coraggio
di lasciarsi amare da te,
perché temono di perdersi in questo amore;  
per quanti ti cercano soltanto con la ragione,
e non riescono ad avventurarsi
lungo i sentieri misteriosi dell'amore,
del dono di sé, del perdersi per trovarti.
Ci consegnamo al silenzio:
insegna noi ciò che la donna di Betania
ha saputo intuire:
l'amore è inesprimibile,
e deve trovare il coraggio dei silenzio per dirsi.
Consentici di vivere il silenzio
non come un inutile vuoto,
ma come il linguaggio che sta oltre le parole,
come l'espressione più intensa
del nostro amore per te;
fa' che comprendiamo che anche il tuo silenzio
altro non è che il comunicarsi di una Presenza
alla quale non possono bastare le parole.

Paola Bignardi