L'impegno ci spinge più in là: verso qualcuno che resti anche quando noi passiamo; verso qualcuno che ci prende in mano il cuore, se il cuore non regge al salire. (Don Primo Mazzolari) fissare a memoria le parole di Paolo: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1).
sabato 25 gennaio 2014
Etty si fortifica sempre più in benevolenza e fiducia verso la vita mentre all’esterno la situazione storica precipita in orrore,
Un percorso di "spiritualità" per i giovani sulle tracce di Etty Hillesum
L’itinerario interiore di Etty Hillesum si svolse contemporaneamente ai fatti storici esterni che andarono coinvolgendo in maniera sempre più drammatica la gente ebrea: questo dramma la sollecitò fortemente alla ricerca di un atteggiamento da tenere sia di fronte alla propria storia personale che alla “grande” Storia, l’abisso di assurdità e ingiustizia che si compiva sotto gli occhi di quella generazione di ebrei. Ma Etty chiede di essere un “cuore pensante”, e si oppone tanto all’incapacità di pensare come violenza nell’atteggiamento dell’aguzzino quanto alla non volontà di pensare come reazione al dolore che si evidenzia nelle vittime, attorno a lei. In ascolto di se stessa, Etty si fortifica sempre più in benevolenza e fiducia verso la vita mentre all’esterno la situazione storica precipita in orrore, così che verso il termine del suo itinerario interiore, quella vitalità inquieta e sofferente si è come illuminata e pacificata, saldata attorno ad un ancoraggio interiore: Dio.
venerdì 24 gennaio 2014
una donna che cercò con molta difficoltà di trovare un equilibrio tra la sua sete spirituale, di leggere, di conoscere, di scrivere, di esprimersi, di pregare e il suo desiderio di vivere un rapporto d’amore con un uomo
Un percorso di "spiritualità" per i giovani sulle tracce di Etty Hillesum
Chi era Etty Hillesum? Il punto di partenza di Etty è quello di una donna fragile, inquieta, instabile affettivamente. Depressione, paura e repulsione marcano l’umanità di questa donna all’inizio della sua autotestimonianza. Etty è una donna che ha avuto un’intensa vita sentimentale e un’altrettanto intensa vita spirituale, una donna che cercò con molta difficoltà di trovare un equilibrio tra la sua sete spirituale, di leggere, di conoscere, di scrivere, di esprimersi, di pregare e il suo desiderio di vivere un rapporto d’amore con un uomo. Nei suoi scritti troviamo una grossa capacità introspettiva e una ricerca acuta, piena di alti e bassi, con intuizioni profonde e ingenuità, con rabbie, delusioni, angosce e scoppi di ottimismo: stati d’animo questi e sentimenti propri di ogni individuo sensibile alla ricerca di identità.
Chi era Etty Hillesum? Il punto di partenza di Etty è quello di una donna fragile, inquieta, instabile affettivamente. Depressione, paura e repulsione marcano l’umanità di questa donna all’inizio della sua autotestimonianza. Etty è una donna che ha avuto un’intensa vita sentimentale e un’altrettanto intensa vita spirituale, una donna che cercò con molta difficoltà di trovare un equilibrio tra la sua sete spirituale, di leggere, di conoscere, di scrivere, di esprimersi, di pregare e il suo desiderio di vivere un rapporto d’amore con un uomo. Nei suoi scritti troviamo una grossa capacità introspettiva e una ricerca acuta, piena di alti e bassi, con intuizioni profonde e ingenuità, con rabbie, delusioni, angosce e scoppi di ottimismo: stati d’animo questi e sentimenti propri di ogni individuo sensibile alla ricerca di identità.
giovedì 23 gennaio 2014
Non è che io voglia partire ad ogni costo, per una sorta di masochismo, o che desideri essere strappata via dal fondamento stesso della mia esistenza – ma dubito che mi sentirei bene se mi fosse risparmiato ciò che tanti devono invece subire
La vita e i diari di Etty Hillesum
Al momento della sua scomparsa nel lager nazista, Esther – detta “Etty” - Hillesum non aveva ancora compiuto trent’anni. Il 7 settembre 1943 quasi tutta la famiglia di Etty (solo il fratello Jaap rimase ad Amsterdam) venne deportata ad Auschwitz-Birkenau. Anche se alcuni amici avevano ripetutamente cercato di convincere Etty a nascondersi, la giovane si rifiutò di sottrarsi al destino e di salvare la propria pelle.
“Non è che io voglia partire ad ogni costo, per una sorta di masochismo, o che desideri essere strappata via dal fondamento stesso della mia esistenza – ma dubito che mi sentirei bene se mi fosse risparmiato ciò che tanti devono invece subire”, scrisse nel suo Diario.
Il 15 marzo 1941, la Hillesum scrive nel suo diario: “Se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero”. Ed aggiunge: “Dio non è responsabile per la sofferenza insensata” ma “siamo noi ad esserlo verso di Lui”.
Nel 1942 Etty poteva ancora muoversi liberamente in Olanda grazie allo status speciale legato alla sua collaborazione con il Consiglio Ebraico. L’unico obiettivo dello Joodse Raad, creato per volere degli occupanti tedeschi nel 1941, era però quello di preparare la deportazione e lo sterminio degli ebrei. Quando scopre la terribile verità, Etty non esita e dopo solo quindici giorni, nel luglio 1942, interrompe la sua collaborazione con l’organismo.
Nata il 15 gennaio 1914 a Middelburg per poi trasferirsi con la famiglia a Deventer - il padre era insegnante - Etty Hillesum prende la maturità nel 1932 e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, laureandosi nel luglio 1939 ad Amsterdam. Nel 1941 conosce Julius Spier, fondatore della psichochirologia ed allievo di Jung, che le consiglia di affidare i suoi pensieri e sentimenti ad un diario e di analizzare se stessa. Il primo appunto risale al 9 marzo 1941.
Secondo l’editore dei diari, Jan Geurt Gaarlandt, gli appunti di Etty Hillesum costituiscono “una incessante auto-analisi, che in molti luoghi assume un carattere universale. Con questo intendo: Etty Hillesum descrive nel suo diario non solo se stessa, ma anche le capacità umane di ogni altro essere umano in qualsiasi momento”.
Per la Hillesum, tenere il diario diventa una sorte di missione. “Dovrei impugnare questa sottile penna stilografica – scrisse - come se fosse un martello e le mie parole dovrebbero essere come tante martellate, per raccontare il nostro destino e un pezzo di storia com’è ora e non è mai stata in passato - non in questa forma totalitaria, organizzata per grandi masse, estesa all’Europa intera. Dovrà pur sopravvivere qualcuno che lo possa fare”.
Etty Hillesum definì i suoi appunti, pubblicati per la prima volta nel 1981 in olandese sotto il titolo Het verstoorde leven (La vita disturbata), “un dialogo in modo pazzo, infantile o serissimo con la parte più profonda di me, che per comodità io chiamo Dio”.
Prima della sua deportazione finale verso la Polonia, Etty riuscì a dare in custodia i suoi diari ad una amica, con l’espressa richiesta di consegnarli dopo la guerra - nel caso non fosse ritornata - alla famiglia Smelik per pubblicazione. La famiglia Smelik li ha conservati per ben 40 anni, donandoli nell’anno 1986 al Joods Historisch Museum (Museo di Storia Ebraica) di Amsterdam, dove si trovano tuttora.
Al momento della sua scomparsa nel lager nazista, Esther – detta “Etty” - Hillesum non aveva ancora compiuto trent’anni. Il 7 settembre 1943 quasi tutta la famiglia di Etty (solo il fratello Jaap rimase ad Amsterdam) venne deportata ad Auschwitz-Birkenau. Anche se alcuni amici avevano ripetutamente cercato di convincere Etty a nascondersi, la giovane si rifiutò di sottrarsi al destino e di salvare la propria pelle.
“Non è che io voglia partire ad ogni costo, per una sorta di masochismo, o che desideri essere strappata via dal fondamento stesso della mia esistenza – ma dubito che mi sentirei bene se mi fosse risparmiato ciò che tanti devono invece subire”, scrisse nel suo Diario.
Il 15 marzo 1941, la Hillesum scrive nel suo diario: “Se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest’unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero”. Ed aggiunge: “Dio non è responsabile per la sofferenza insensata” ma “siamo noi ad esserlo verso di Lui”.
Nel 1942 Etty poteva ancora muoversi liberamente in Olanda grazie allo status speciale legato alla sua collaborazione con il Consiglio Ebraico. L’unico obiettivo dello Joodse Raad, creato per volere degli occupanti tedeschi nel 1941, era però quello di preparare la deportazione e lo sterminio degli ebrei. Quando scopre la terribile verità, Etty non esita e dopo solo quindici giorni, nel luglio 1942, interrompe la sua collaborazione con l’organismo.
Nata il 15 gennaio 1914 a Middelburg per poi trasferirsi con la famiglia a Deventer - il padre era insegnante - Etty Hillesum prende la maturità nel 1932 e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, laureandosi nel luglio 1939 ad Amsterdam. Nel 1941 conosce Julius Spier, fondatore della psichochirologia ed allievo di Jung, che le consiglia di affidare i suoi pensieri e sentimenti ad un diario e di analizzare se stessa. Il primo appunto risale al 9 marzo 1941.
Secondo l’editore dei diari, Jan Geurt Gaarlandt, gli appunti di Etty Hillesum costituiscono “una incessante auto-analisi, che in molti luoghi assume un carattere universale. Con questo intendo: Etty Hillesum descrive nel suo diario non solo se stessa, ma anche le capacità umane di ogni altro essere umano in qualsiasi momento”.
Per la Hillesum, tenere il diario diventa una sorte di missione. “Dovrei impugnare questa sottile penna stilografica – scrisse - come se fosse un martello e le mie parole dovrebbero essere come tante martellate, per raccontare il nostro destino e un pezzo di storia com’è ora e non è mai stata in passato - non in questa forma totalitaria, organizzata per grandi masse, estesa all’Europa intera. Dovrà pur sopravvivere qualcuno che lo possa fare”.
Etty Hillesum definì i suoi appunti, pubblicati per la prima volta nel 1981 in olandese sotto il titolo Het verstoorde leven (La vita disturbata), “un dialogo in modo pazzo, infantile o serissimo con la parte più profonda di me, che per comodità io chiamo Dio”.
Prima della sua deportazione finale verso la Polonia, Etty riuscì a dare in custodia i suoi diari ad una amica, con l’espressa richiesta di consegnarli dopo la guerra - nel caso non fosse ritornata - alla famiglia Smelik per pubblicazione. La famiglia Smelik li ha conservati per ben 40 anni, donandoli nell’anno 1986 al Joods Historisch Museum (Museo di Storia Ebraica) di Amsterdam, dove si trovano tuttora.
mercoledì 22 gennaio 2014
quanto più il cerchio si stringe, tanto più Etty sembra acquistare una straordinaria forza dell'anima
Il cuore pensante di questa baracca
All'inizio di questo Diario, Etty è una giovane donna di Amsterdam, intensa e passionale. Legge Rilke, Dostoevskij, Jung. È ebrea, ma non osservante. I temi religiosi la attirano, e talvolta ne parla. Poi, a poco a poco, la realtà della persecuzione comincia a infiltrarsi fra le righe del diario. Etty registra le voci su amici scomparsi nei campi di concentramento, uccisi o imprigionati. Un giorno, davanti a un gruppo sparuto di alberi, trova il cartello: «Vietato agli ebrei». Un altro giorno, certi negozi vengono proibiti agli ebrei.
Etty annota: «La nostra distruzione si avvicina furtivamente da ogni parte, presto il cerchio sarà chiuso intorno a noi e nessuna persona buona che vorrà darci aiuto lo potrà oltrepassare». Ma, quanto più il cerchio si stringe, tanto più Etty sembra acquistare una straordinaria forza dell'anima. Non pensa un solo momento a salvarsi.
Pensa a come potrà essere d'aiuto ai tanti che stanno per condividere con lei il «destino di massa» della morte amministrata dalle autorità tedesche. Confinata a Westerbork, campo di transito da cui sarà mandata ad Auschwitz, Etty esalta persino in quel «pezzetto di brughiera recintato dal filo spinato» la sua capacità di essere un «cuore pensante». A mano a mano che si avvicina la fine, la sua voce diventa sempre più limpida e sicura, senza incrinature. Anche nel pieno dell'orrore, riesce a respingere ogni atomo di odio, perché renderebbe il mondo ancor più «inospitale».
martedì 21 gennaio 2014
Quando percorrono il loro cammino con la benedizione di Dio, sperano che la loro vita riesca e la loro strada porti a una meta buona.
Quando le persone vengono da me per farsi benedire,
mi chiedo:
perché desiderano essere benedette da me in modo personale?
E' soltanto il bisogno di essere toccati?
O non c’è forse in loro un anelito più profondo, l’anelito di venire toccati dalla mano di Dio e di avere qualcuno al proprio fianco nella vita quotidiana?
Quale anelito risveglia in loro il desiderio di benedizione?
Vi ho riflettuto molto.
Credo che sia l’anelito a che la vita non sia tanto all’insegna dei desideri e delle maledizioni, delle aspettative e delle esigenze delle persone, bensì della benedizione di Dio.
Quando percorrono il loro cammino con la benedizione di Dio,
sperano che la loro vita riesca e la loro strada porti a una meta buona.
Naturalmente mi chiedo anche se le persone non proiettino troppe cose su di me,
se non spostino su di me il loro desiderio profondo di guarigione, di risultati positivi, dell’ esperienza della vicinanza di Dio.
Anselm Grun
lunedì 20 gennaio 2014
prima settimana del Esercizi spirituali 14. Regola: Similmente, il nemico si comporta come un capo militare
Ecco le 14 regole della prima settimana del Esercizi spirituali scritte da Ignazio di Loyola.
14. Regola: Similmente, il nemico si comporta come un capo militare: dopo aver piantato la tenda di comando e osservato le postazioni o la posizione di un castello, lo attacca dalla parte più debole. Così il nemico ti osserva da tutte le parti ed esamina tutte le tue virtù teologali, cardinali e morali, e ti attacca e cerca di prenderti dove ti trova più debole (E.S., n. 327).
Francesco Occhetta
domenica 19 gennaio 2014
prima settimana del Esercizi spirituali 13. Regola: Ugualmente, il nemico si comporta come un falso amante che non vuole venire scoperto
Ecco le 14 regole della prima settimana del Esercizi spirituali scritte da Ignazio di Loyola.
13. Regola: Ugualmente, il nemico si comporta come un falso amante che non vuole venire scoperto: infatti, come l’uomo falso parla maliziosamente ed adesca la figlia di un buon padre o la moglie di un buon marito, desiderando che le sue proposte restino segrete, mentre, al contrario, gli dispiace molto se la figlia scopre al padre o la moglie al marito le sue parole, perché comprende che non potrà più portare a compimento l’impresa cominciata; allo stesso modo, quando il nemico ti suggerisce le sue astuzie e persuasioni, vuole che siano accolte e tenute in segreto: gli dispiace molto se tu le manifesti al tuo confessore o ad altra persona spirituale esperta, perché si rende conto di non poter portare avanti l’opera incominciata, dal momento che sono stati scoperti i suoi inganni (E.S., n. 326).
Francesco Occhetta
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