sabato 22 marzo 2014

16° giorno Tutto il testo di Luca è una sorta di inno alla costanza e all’invincibile amore di questo padre che non si arrende né davanti all’avventurosità del figlio minore né davanti alla gelosia del maggiore.


La conclusione più bella e degna della parabola del "Figliol prodigo" (Lc 15, 1-32) può essere proprio il testo del profeta che suona come un’acclamazione di fede e insieme di giubilo: «Qual Dio è come te che si compiace di usare misericordia?» (Michea 7, 18). Tutto il testo di Luca è una sorta di inno alla costanza e all’invincibile amore di questo padre che non si arrende né davanti all’avventurosità del figlio minore né davanti alla gelosia del maggiore. Anche se molto probabilmente di questo padre i tratti più fondamentali li ereditò proprio quel figlio minore pur sempre "coraggioso" nel suo partire e ancora di più nel suo ritornare.
Di certo se dovessimo catalogare Etty a partire dalla parabola non ci riuscirebbe affatto difficile. Quale«donnetta di 27 anni» si ritrova volutamente a vivere non solo fuori casa ma chiaramente un po’ allergica al suo ambiente familiare soprattutto riguardo alla madre ma pure ad un padre con il quale – come si è già avuto modo di vedere (cfr. 13) – Etty si sentirà obbligata ad affrontare i rapporti con coraggio e amore (78). Eppure Etty svela fino in fondo la lotta interiore a cui la figura paterna la obbliga interiormente in un misto di compassione – che piacere che quel brav’uomo possa starsene lontano per qualche giorno da quella moglie sempre agitata (78)che non abbassa per nulla il sentimento allarmantissimo di essere minacciata nella mia libertà (78).
Una Quaresima con Etty

venerdì 21 marzo 2014

15° giorno Da Giuseppe e da Gesù dobbiamo non solo imparare a sognare, persino ad occhi aperti, ma anche a difenderci accanitamente da ogni forma di illusione.


La Parola di Dio mette sotto i nostri occhi due padri – Giacobbe e il Padrone della vigna –, i due corrispettivi figli e soprattutto il sogno che attraversa il cuore di tutti: «Avranno rispetto di mio figlio» (Mt 21,37) e ancora«il padre amava Giuseppe più di tutti i suoi figli» (Gn 37,4). Questo amore di predilezione non può che attivare un grande sogno sia in Giuseppe che in Gesù. Ma sempre i confini tra il sogno e l’illusione sono tremendamente invisibili e terribilmente pericolosi: «Ecco il sognatore arriva» (Gn 37,19) e «venite uccidiamolo» (Mt 21,38).
Da Giuseppe e da Gesù dobbiamo non solo imparare a sognare, persino ad occhi aperti, ma anche a difenderci accanitamente da ogni forma di illusione. Come fare? Siamo capaci di pagare il prezzo? Si tratta di addormentarsi nella pace lasciando al sogno di apparire e di compiersi senza di noi, oltre noi e nonostante noi stessi. Un percorso analogo – di certo in tutto il suo peso di sofferenza e non certo a prezzo ridotto – lo ha compiuto Etty: donna dai grandi sogni, abitata da momenti di grande esaltazione persino euforica e consumata da un’ansia incontenibile di dare una mano all’evoluzione dell’umanità: Più tardi viaggerò per i paesi del mondo, mio Dio, io lo sento in me, questo istinto che passa i confini, che fa scoprire un fondo comune nelle varie creature in lotta fra loro su tutta la terra. E vorrei parlare di questo fondo comune, con voce sommessa e dolcissima e insieme persuasiva e ininterrotta (215).
Una Quaresima con Etty

giovedì 20 marzo 2014

14° giorno Tutto il dramma di ciascuno si può riassumere nel medesimo che torturò come fiamma questo povero ricco: siamo assetati di un pur esilissimo contatto.


Il dramma del ricco epulone è quello di essere rimasto chiuso nel suo piccolo mondo senza rendersi conto di quello che avveniva «alla sua porta» (Lc 16, 20). Colui che in vita si ri-chiuse nella sua autosufficienza si ritroverà infine ad avere bisogno non tanto di acqua ma di qualcuno che lo tocchi con «la punta del dito». Tutto il dramma di ciascuno si può riassumere nel medesimo che torturò come fiamma questo povero ricco: siamo assetati di un pur esilissimo contatto. Eppure di questo poveretto così ricco che cosa si potrebbe dire se non ciò che dice il profeta: «quando vede il bene non lo vede» (Gr 16, 7)? Del resto come si fa a vedere il bene che viene incontro se viviamo come barricati dietro le nostre porte blindate, fossero anche quelle del dolore?
Si potrebbe dire di Etty che, all’inizio della sua vita per quello che conosciamo dal suo Diario, non era molto diversa da questo ricco fino a quando non sentì di doversi fare aiutare da qualcuno per guarire dalla sua costipazione spirituale. Fu per questo motivo che un bel giorno bussò alla porta del chirologo Spier per intraprendere un lavoro preciso: l’analisi dei miei conflitti interiori attraverso la lettura del mio secondo volto: le mani (24). L’itinerario di Etty, il suo processo interiore di liberazione avverrà proprio attraverso il suo lasciarsi condurre accettando che qualcun altro leggesse e le insegnasse a leggere la sua vita – inevitabilmente fatta di conflitti – in un modo diverso: attraverso le mani come cifra di tutto il corpo.
Una Quaresima con Etty

mercoledì 19 marzo 2014

13° giorno Il Signore Gesù non biasima la madre ma aiuta i suoi due figli a prendere coscienza della pericolosità della richiesta materna e li invita ad una adultità da cui ogni madre – istintualmente – tende a proteggere i suoi piccoli per proteggere la sua identità.


L’immagine materna che il Vangelo ci presenta è assai forte e ci pone di fronte a tutto il problema che il "materno" può rappresentare nella vita di ogni mammifero. La madre dei figli di Zebedeo senza nessuna vergogna e con un fare assai disinibito si presenta a Gesù per raccomandare i suoi pupilli (Mt 20, 20). Il Signore Gesù non biasima la madre ma aiuta i suoi due figli a prendere coscienza della pericolosità della richiesta materna e li invita ad una adultità da cui ogni madre – istintualmente – tende a proteggere i suoi piccoli per proteggere la sua identità. Il bisogno di rassicurare di ogni madre rischia di bloccare la crescita e il processo di liberazione verso l’amore pieno e oblativo. Ma lungi dal prendere l’atteggiamento degli altri discepoli a noi compete capire l’istinto materno e non lasciarcene – ciascuno a suo modo e in tutte le età della vita – fagocitare.
Nella storia di Etty Hillesum il rapporto con la madre e con il padre fu un problema assai scottante, le note del suo Diario scritte nella sua casa natale a Deventer suonano assai dure: E’ una persona che ti può cavare il sangue da sotto le unghie. Cerco di essere obiettiva con lei e di volerle un po’ di bene, ma poi, nel mio cuore, le dico di nuovo: come sei pazza e ridicola (54).
Una Quaresima con Etty

martedì 18 marzo 2014

12° giorno Essere fratelli sembra una cosa evidente eppure, in realtà, è la cosa più difficile e rappresenta il campo di battaglia sin dagli albori della nostra esistenza fino – quasi sempre – agli ultimi spasimi della nostra vita.


La parola che il Signore Gesù rivolge a ciascuno di noi esige che la si avverta e la si accolga tutti insieme e, comunque, tenendo conto della nostra vita sempre in relazione a quella degli altri: «voi siete tutti fratelli» (Mt 23, 8). Questa parola si trova al cuore di un discorso di tono profetico in cui Gesù si scaglia energicamente contro tutte le inclinazioni a creare differenze tra di noi nella terribile, temibile e mai definitivamente superata tentazione di farci «capi» (Is 1, 10).
Essere fratelli sembra una cosa evidente eppure, in realtà, è la cosa più difficile e rappresenta il campo di battaglia sin dagli albori della nostra esistenza fino – quasi sempre – agli ultimi spasimi della nostra vita. Nel suo cammino verso la libertà di amare Etty ha dovuto pian piano passare da un atteggiamento "cannibale" in cui avrebbe voluto mangiare tutto quello che suscitava il suo desiderio e la sua brama – a tutti i livelli – verso una disponibilità a condividere per arrivare – infine – alla capacità di donarsi come pane.
Una quaresima con Etty

lunedì 17 marzo 2014

11 ° Giorno il Signore Gesù ci promette certo «una buona misura, pigiata scossa e traboccante» (Lc 6, 38) ma direttamente proporzionale alla nostra capacità di usare verso gli altri - solo e sempre - l’amplissima misura di uno sguardo «misericordioso»


Siamo invitati a farci profondamente coinvolgere non solo dalla preghiera del profeta Daniele ma ancora di più dalla sua consapevolezza nitida e netta: «abbiamo peccato e abbiamo agito da malvagi e da empi» (Dn 9, 10). E il Signore Gesù ci promette certo «una buona misura, pigiata scossa e traboccante» (Lc 6, 38) ma direttamente proporzionale alla nostra capacità di usare verso gli altri - solo e sempre - l’amplissima misura di uno sguardo «misericordioso». Attitudine impossibile e sicuramente illusoria ed ingannevole al di fuori di una presa di coscienza sempre più audace della nostra propria "malvagità" ed "empietà".
Troppe volte, troppo spesso, troppo facilmente la nostra consapevolezza – o meglio pseudo-consapevolezza! – riguarda gli altri… siamo persino in grado di parlare dell’umanità ponendo noi stessi fuori di essa. Etty ci ha lasciato la nota di una conversazione tra amici del 19 febbraio 1942 assai interessante: Jan chiedeva con amarezza: cosa spinge l’uomo a distruggere gli altri? E io: gli uomini dici – ma ricordati che sei un uomo anche tu (99). Più volte Etty definisce il suo come un processo interiore (73), un cammino verso l’interiorità che assume sempre di più i contorni di un processo di spiritualizzazione (65) che, comunque, si identifica con una crescente consapevolezza in cui la vita interiore diventa il luogo più adeguato per leggere e intervenire nella storia.
Una Quaresima con Etty

domenica 16 marzo 2014

La cosa più bella che un amico può dirmi è: sto bene con te perché tu fai uscire, fai venire alla luce la mia par­te più bella.

Ci sorprende la Quaresima, un tempo che consideriamo triste, penitenziale, violaceo, con un vangelo di luce, a ricordarci che la vita spirituale consiste nella gioiosa fatica di liberare la luce e la bellezza sepolte in noi, e nell'aiutare gli altri a fare lo stesso.
La cosa più bella che un amico può dirmi è:
sto bene con te perché tu fai uscire, fai venire alla luce la mia par­te più bella.
Spesso addormentata in noi, come in letargo.
Il Vangelo viene per questo, viene come una primavera:
porta il disgelo nei cuori,
risveglia quella parte luminosa, sorridente, generosa e gioiosa che abbiamo dentro, il nocciolo, il cuore, la nostra vera identità.
Lo stupore di Pietro:
che bello qui! Non an­diamo via...
ci fa capire la nostra vocazione.
Siamo chiamati tutti a trasfigurazione, a ricevere un cuore di luce. Contemplando il Signore, veniamo trasformati in quella stessa immagine (2Cor 3,17-18). Contemplare, trasforma; tu diventi ciò che guardi con gli occhi del cuore. Pregare ci trasfigura in immagine del Signore. L'entusiasmo di Pietro ci fa inoltre capire che la fede per essere forte e viva deve discendere da uno stupore, da un innamoramento, da un «che bello!» gridato a pieno cuore. Perché io credo? Perché Dio è la cosa più bella che ho incontrato. E da lui acquisisco la bellezza del vivere. Che è bello amare, abbracciare, avere amici, esplorare, creare, seminare, perché la vita ha senso, va verso un esito buono, che comincia qui e scorre nell'eternità. Allora la Quaresima, più ancora che a penitenza, ci chiama a conversione: a girarci verso la luce, così come la natura si gira in questi giorni verso la primavera. Allora smettiamola di sottolinea­re l'errore negli altri. Staniamo, snidiamo in noi e in ognuno la bellezza della luce, invece di fustigare le ombre!
Ermes Ronchi