sabato 23 novembre 2013

Un bacio e un abbraccio possono curare ferite che vengono dal profondo dell’anima.

Il paradosso del nostro tempo nella storia è che
abbiamo edifici sempre più alti, ma moralità più basse,
autostrade sempre più larghe, ma orizzonti più ristretti.

Spendiamo di più, ma abbiamo meno,
comperiamo di più, ma godiamo meno.
Abbiamo case più grandi e famiglie più piccole,
più comodità, ma meno tempo.

Più conoscenza, ma meno giudizio,
più esperti, e ancor più problemi,
più medicine, ma meno benessere.

Beviamo troppo, fumiamo troppo,
spendiamo senza ritegno, ridiamo troppo poco,
guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo,
facciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi,
vediamo troppa TV, e preghiamo di rado.

Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà,
ma ridotto i nostri valori.
Parliamo troppo, amiamo troppo poco
e odiamo troppo spesso.

Abbiamo imparato come guadagnarci da vivere,
ma non come vivere.
Abbiamo aggiunto anni alla vita, ma non vita agli anni.

Siamo andati e tornati dalla Luna,
ma non riusciamo ad attraversare la strada
per incontrare un nuovo vicino di casa.
Abbiamo conquistato lo spazio esterno,
ma non lo spazio interno.

Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori.
Abbiamo pulito l’aria, ma inquinato l’anima.
Abbiamo dominato l’atomo, ma non i pregiudizi.
Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno.
Abbiamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.

Costruiamo computers più grandi per contenere più informazioni,
per produrre più copie che mai, ma comunichiamo sempre meno.
Questi sono i tempi del fast food e della digestione lenta,
grandi uomini e piccoli caratteri,
ricchi profitti e povere relazioni.

Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi,
case più belle ma famiglie distrutte.
Questi sono i tempi dei viaggi veloci,
dei pannolini usa e getta,
della moralità a perdere,
delle relazioni di una notte,
dei corpi sovrappeso e delle pillole che possono farti fare di tutto,
dal rallegrarti al calmarti, all’ucciderti.

E’ un tempo in cui ci sono tante cose in vetrina
e niente in magazzino.
Un tempo in cui la tecnologia può farti arrivare questa lettera,
e in cui puoi scegliere di condividere queste considerazioni con altri,
o di cancellarle.

Ricordati di spendere del tempo con i tuoi cari ora,
perché non saranno con te per sempre.
Ricordati di dire una parola gentile a qualcuno
che ti guarda dal basso in soggezione,
perché quella piccola persona presto crescerà
e lascerà il tuo fianco.

Ricordati di dare un caloroso abbraccio
alla persona che ti sta a fianco,
perché è l’unico tesoro che puoi dare con il cuore
e non costa nulla.

Ricordati di dire "vi amo" ai tuoi cari,
ma soprattutto pensalo.
Un bacio e un abbraccio possono curare ferite
che vengono dal profondo dell’anima.
Ricordati di tenerle le mani e godi di questi momenti,
perché un giorno quella persona non sarà più lì.

Dedica tempo all’amore,
dedica tempo alla conversazione,
e dedica tempo per condividerei pensieri preziosi della tua mente.

 E RICORDA SEMPRE:
la vita non si misura da quanti respiri facciamo,
ma dai momenti che ci tolgono il respiro.

  GEORGE CARLIN

venerdì 22 novembre 2013

Non è la funzione di una madre prendere, attirare a sé la vita istintiva del suo bambino, riconoscere i suoi primi desideri e imprimere loro una buona direzione?


Regina dei miei desideri

Non accontentarti di prendere soltanto la mia volontà
per guidarla verso il tuo Figlio ed unirla a lui;
prendi pure le mie aspirazioni, dalle più infime alle più alte.

Prendi questo mondo sotterraneo dei miei desideri,
per darne la proprietà al Signore,
poichè egli deve regnare sulle più oscure regioni del mio essere.

Prendi questo focolare dei miei sogni,
questa sorgente delle mie immaginazioni,
tutto questo mondo che è poco conosciuto anche a me stessa,
ma che non sfugge al tuo sguardo materno.

Prendi tutto questo,
perchè è in questa sfera del subcosciente
che si elaborano segretamente gli orientamenti della mia vita.

Non è la funzione di una madre prendere,
attirare a sé la vita istintiva del suo bambino,
riconoscere i suoi primi desideri e imprimere loro una buona direzione?

Nella tua materna bontà,
prendi dunque le mie tendenze più intime e più istintive,
e orientale tutte verso il tuo Figlio,
affinché gli appartenga anche nel primo destarsi dei miei pensieri
e nel primo slancio dei miei affetti.

Concentra su di lui tutte le mie facoltà di pensiero e di immaginazione,
tutti i miei gusti di poesia e bellezza,
e fa’ che gli doni, oltre al fiore, anche la radice profonda del mio amore.

(Jean Galot)

giovedì 21 novembre 2013

Come c’è un’immagine che vogliamo difendere davanti agli altri, così c’è un’immagine che vogliamo difendere davanti a noi stessi. Entrambe sono un freno non piccolo alla libertà evangelica.

La terza esigenza di liberazione è più sottile, 
perché è un fenomeno interiore e non facilmente visibile all’esterno: 
si tratta infatti del rapporto che ciascuno di noi ha con se stesso. 
Come c’è un’immagine che vogliamo difendere davanti agli altri, 
così c’è un’immagine che vogliamo difendere davanti a noi stessi. 
Entrambe sono un freno non piccolo alla libertà evangelica. 
Taluni si sentono sereni solo quando possono contemplare l’immagine di se stessi e vederla senza ombre. 
Chi vive in questa atmosfera interiore non confida in Dio ma in se stesso
La figura neotestamentaria che incarna questo atteggiamento negativo fino alle estreme conseguenze è Giuda: 
nel momento in cui prende coscienza del suo stato di colpevolezza, 
si autogiudica, sostituendosi a Dio, e si suicida, 
invece di gettarsi nella Misericordia (cfr. Mt 27,3-10). 
Di certo sarebbe stato perdonato, come fu perdonato Pietro del suo rinnegamento (cfr. Mt 26,69-75; Mc 14,66-72; Lc 22,55-62; Gv 18,17.25-27). 
Così l’abbigliamento originale del Battista, che non lo inquadra in nessuna categoria e in nessun ruolo, indica proprio la sua libertà dal bisogno di proiettare un’immagine di sé per ottenere consensi. Il Precursore sconosce l’ambizione del protagonismo, 
eppure una forza esce da lui come un magnetismo che non attira a sé, 
ma aldilà di sé, verso Colui che è lo Sposo legittimo. 
È questo che la Chiesa vorrebbe e chiede a se stessa di fare.

mercoledì 20 novembre 2013

sono persone meravigliosamente libere.

 Anche la Madre di Gesù mostra di avere la stessa meravigliosa libertà:
la prospettiva di essere giudicata una ragazza madre non la blocca nella sua ubbidienza a Dio. Così pure l’Apostolo Paolo:
A me però importa assai poco di venire giudicato da voi” (1 Cor 4,3).
E si potrebbe consultare pagina per pagina il libro degli Atti degli Apostoli, per capire chiaramente che i Dodici, come pure tutti i credenti della prima generazione, sono persone meravigliosamente libere. 

martedì 19 novembre 2013

in grado anche di tacere davanti ai suoi accusatori


Il Cristo storico vive senza la benché minima preoccupazione del giudizio umano. 
Accetta che una peccatrice gli bagni i piedi di lacrime in casa di Simone il fariseo (cfr Lc 7,36ss); 
agisce secondo coscienza trasgredendo il Sabato, senza curarsi del giudizio dei farisei; 
è in grado di esprimere il proprio pensiero al momento giusto senza paura (cfr Mt 23,13ss),
ma è in grado anche di tacere davanti ai suoi accusatori, 
raggiungendo il vertice della sua signorilità (cfr Lc 23,8-9 e Mc 14,60-61). 

lunedì 18 novembre 2013

La Chiesa, per annunciare il vangelo con libertà, ha bisogno di affrancarsi da ogni condizionamento; ma deve sentirsi libera anche dalla tendenza a proiettare un’immagine abbellita di sé.


 Mt. 11  Al v. 8 è contenuta una domanda provocatoria: “Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: <<Che cosa siete andati a vedere nel deserto? […]. Un uomo vestito con abiti di lusso? […]>>” (v. 8). 
Il Battista ha un abito non inquadrabile in nessuna classe sociale, né in alcun ruolo; si presenta come un uomo totalmente libero dai condizionamenti sociali e dall’ambizione del potere: “quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re!” (v. 8). 
Coloro che si inquadrano all’interno della vita sociale nella maniera sbagliata, cadono talvolta vittime dei subdoli condizionamenti delle idee imperanti e dei manipolatori dell’opinione. 
La Chiesa, per annunciare il vangelo con libertà, 
ha bisogno di affrancarsi da ogni condizionamento; 
ma deve sentirsi libera 
anche dalla tendenza a proiettare un’immagine abbellita di sé. 

domenica 17 novembre 2013

L’identità di Gesù, per la sua ineffabile natura divina, non si lascia incapsulare da alcuna definizione di tipo scientifico


Mt 11- La domanda: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”, sembra di carattere teorico, eppure Cristo non dà una risposta dottrinale e neppure definisce Se stesso con un qualche enunciato, ma risponde con i fatti: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete” (v. 4). L’identità di Gesù, per la sua ineffabile natura divina, non si lascia incapsulare da alcuna definizione di tipo scientifico. Il mistero dell’identità di Gesù è inesorabilmente aldilà di tutte le definizioni, le quali sono insufficienti a descrivere l’Infinito. Per questa ragione, Gesù non affida la propria divina identità ad alcuna definizione, lasciando piuttosto intravedere il mistero attraverso i segni messianici. Nella nostra vita cristiana non possiamo pretendere di racchiudere in una definizione il mistero di Cristo, ma possiamo soltanto cogliere la sua presenza nei segni indelebili che Egli è solito lasciare al suo passaggio. Non abbiamo nessun altro modo per risalire all’azione di Cristo e per essere rassicurati della sua opera nella nostra vita. A renderci certi dell’opera di Cristo in mezzo a noi non sarà tanto una definizione, né una dimostrazione scientifica, quanto piuttosto l’acquisizione di una vista acuta e capace di vederlo nei suoi segni. Il brano evangelico odierno elenca i segni messianici nel modo seguente: la guarigione dei ciechi, il recupero della libertà di movimento, la guarigione dalla lebbra, dalla sordità, la resurrezione dei morti, la predicazione del Vangelo (cfr. v. 5). Questi segni messianici si realizzano costantemente nella vita della Chiesa, perché la presenza del Risorto dona continuamente ai credenti il soffio dello Spirito, che comunica la pienezza della vita. La guarigione della vista, dell’udito, il recupero della libertà del movimento, della caduta della lebbra, sono esperienze di guarigione che vanno applicate all’uomo interiore. Tutti coloro che hanno incontrato davvero Gesù Cristo, ne hanno fatto esperienza, e perciò non possono dubitare di Lui in alcun modo.