sabato 19 aprile 2014

lasciarci sorprendere dal sogno senza temere di essere condotti in terre sconosciute


Ogni volta che ci tocca di attraversare il dramma di un Venerdì Santo anche a noi verrebbe da dire: «se tu sapessi che sonno che ho!» (119). 
Il Sabato Santo ci ricorda che il segreto di ogni giorno è dormire ogni notte! 
Addormentarsi significa avere fiducia che attorno a noi qualcuno veglierà sulla nostra vita anche quando non saremo in grado di fare niente per noi stessi. 
Il Sabato Santo ci invita a lasciarci andare al sonno e a lasciarci sorprendere dal sogno senza temere di essere condotti in terre sconosciute e persino negli abissi della terra e del cuore: «Mio Dio devo lasciarti più fare» (218) attraverso quelle «lunghe notti che saranno le mie notti migliori» (112). Come nel sonno così in ogni morte, accolta e abbracciata, si può dire: «Io dormo ma il mio cuore veglia» (Ct 5, 2). 
Il cuore è la nostra grande ricchezza soprattutto quando dolcemente egli continua a battere mentre tutto il resto del corpo e persino l’anima riposano lontani da ogni inutile pre-occupazione: «Quasi tutte le persone di qui sono molto più povere del necessario, perché registrano la loro nostalgia degli amici e della famiglia come una perdita nel libro dei conti della vita – mentre il fatto stesso che un cuore sia in grado di desiderare e di amare così tanto dovrebbe essere contato fra i beni più preziosi» (118).
Una quaresima con Etty

venerdì 18 aprile 2014

la casa dove abita il Maestro è la tenerezza dell’amore divinamente connaturale di una madre per un figlio e di un figlio per la madre


Alla fine di questo lungo esodo ci ritroviamo 
sotto la Croce, 
ci ritroviamo sotto ogni croce 
e come Etty non possiamo che sentirci attratti da ogni «pezzetto di terra in mezzo alla brughiera in cui sono scaraventati tanti destini umani» (21). 
E proprio sotto la Croce 
possiamo assaporare il frutto più dolce del Paradiso: 
«Donna ecco tuo figlio… ecco la tua madre» (Gv 19,26-27). 
Ecco la vera <ora decima> (Gv1,39) in cui il Maestro ci svela il suo nascondiglio nella "cella del vino" (Ct 2,4) a lungo maturato: 
la casa dove abita il Maestro è la tenerezza dell’amore divinamente connaturale di una madre per un figlio e di un figlio per la madre. 
Sotto la croce, 
sotto ogni umana crocifissione 
non possiamo che avere il cuore della Madre e dell’Amato 
che ritroviamo nello stesso atteggiamento di Etty sempre più confrontata con l’assurdità del dolore: «Certi mi dicono: 
hai dei nervi d’acciaio. 
Non credo di avere dei nervi d’acciaio, credo anzi di avere nervi abbastanza sensibili, 
però sono in grado di "resistere". 
Ho il coraggio di guardare in faccia ogni dolore. 
E alla fine di ogni giornata mi dicevo sempre: 
voglio tanto bene agli uomini» (233).
Una quaresima con Etty

giovedì 17 aprile 2014

il mistero della più profonda condivisione fino all’assimilazione


Entrare nel Mistero pasquale significa 
- attraverso la forza trasformante dei riti - 
farsi carico dei nostri bisogni più fondamentali 
e, al contempo, dei bisogni dei nostri fratelli e sorelle in umanità. 
Quasi come ultima parola, come si è già avuto modo di ricordare, 
Etty pone come testamento della sua vita una parola non dissimile da quella del Signore Gesù: 
«Ho spezzato il mio corpo come fosse pane 
e l’ho distribuito agli uomini. 
Perché no? Erano così affamati, e da tanto tempo» (238)
Ma cosa potrebbe raccontare un pezzo di pane di se stesso 
se non il mistero della più profonda condivisione fino 
all’assimilazione: 
«quando soffro per gli uomini indifesi, 
non soffro forse per il lato indifeso di me stessa?»(238)
Mentre l’itinerario spirituale di Etty procedeva con forza verso il suo compimento la sua vita è divenuta misteriosamente sempre più una risposta ai bisogni primari di coloro che gli vivevano accanto in tempo di assoluta minaccia.
Una quaresima con Etty

mercoledì 16 aprile 2014

Il tradimento tradisce sempre un attaccamento morboso e possessivo che facilmente si traduce in una frustrazione tale da esigere l’eliminazione.


Non c’è giorno più triste di questo 
in cui ricordiamo la "vendita" del nostro Signore e Maestro da parte 
di uno dei suoi, 
di uno di noi. 
Quanto profonda dovette essere la notte interiore in cui l’apostolo sprofondò quando «andò dai sommi sacerdoti e disse: "Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?"» (Mt 26,15). 
Per vendere qualcuno, per tradire qualcuno è necessario sentire un qualche diritto sulla persona che si tradisce…! 
Il tradimento tradisce sempre un attaccamento morboso e possessivo 
che facilmente si traduce in una frustrazione tale da esigere l’eliminazione. 
Con la loro autorità i sommi sacerdoti quantificano a apparentemente placano l’angoscia di Giuda: «gli fissarono trenta monete d’argento» (Mt 26,15)… il prezzo dello schiavo (Es 21,32) non certo il prezzo di un maschio libero – che vale 50 sicli - «invece per una donna, la tua stima sarà di trenta sicli» (Lv 27,4). 
Finalmente Giuda – ossessionato dal bisogno di stimare e valutare "trecento denari…" (Mc 14,5) – ha trovato qualcuno che gli ha "valutato" il suo Gesù… e lui stesso – finalmente è chiaro – vale di più: 
il tradimento nasce sempre dal complesso di inferiorità per superare la cui disperazione non rimane che s-valutare l’altro per sopravvalutare se stessi: «sarebbe meglio per quell’uomo che non fosse mai nato (Mt 26,4).
Una quaresuma con etty

martedì 15 aprile 2014

Non basta essere discepoli… in certi momenti è più importante essere amici, essere oggetto di un amore unico e indicibile.


Da un’intimità all’altra: 
da Betania al Cenacolo, 
dal gesto tenerissimo di piedi accarezzati con il più prezioso dei profumi 
al gesto intimissimo del discepolo "che Gesù amava" (13,23): 
solo lui può comprendere e può osare la domanda "reclinandosi sul petto di Gesù" (Gv 13,25). 
Nel Cenacolo il cuore del Signore Gesù effonde tutta 
la sua tenerezza, la sua vulnerabilità e il suo dolore: 
«Mentre era a mensa si commosse profondamente… uno di voi mi tradirà… prima che tu non m’abbia rinnegato tre volte» (Gv 13,21. 38). 
Non basta essere discepoli… in certi momenti è più importante essere amici, essere oggetto di un amore unico e indicibile. 
Solo l’amore del discepolo che conosce la via del cuore del Signore Gesù potrà rimanere fedele sino alla fine.
Giuda e Pietro – ciascuno di noi – sono ancora discepoli troppo "esteriori" per essere in grado di sopportare il peso dell’abisso del cuore del Maestro – 
uno "tenendo la cassa (Gv 13,29) e l’altro tutto intento al momento storico che sta vivendo "perché non posso seguirti ora?" (Gv 13,37) – 
pensano di fare o poter fare qualcosa per il Signore ma non ne hanno ancora sondato il mistero fino a farsene travolgere. 
Solo la mente posta sul cuore è in grado di penetrare il mistero fino a sopportare il fallimento della Croce. 
Di certo Etty rischia di far parte proprio di quell’"aristocrazia" su cui l’umanità si regge 
- come spiegava Jung – 
e i cui due archetipi sono proprio, 
nella tradizione spirituale, 
Maria e il discepolo amato: 
per costoro possono essere ben appropriate alcune frasi di Etty: 
«anch’io credo, so che esiste un’altra vita. Credo persino che certe persone siano in grado di vederla e di viverla anticipatamente. Quello è un mondo in cui gli eterni sussurri mistici si sono fatti viva realtà, e in cui gli oggetti e le parole comuni hanno acquistato un significato più alto» (218).
Una quaresima con Etty

lunedì 14 aprile 2014

impudicamente viola l’intimità altrui e vuole misurare il cuore degli altri


Per aiutarci a comprendere il grande dramma che il Signore Gesù sta per vivere 
– quello del tradimento – 
la liturgia pone il tremendo atto di Giuda in assoluto contrasto con il tenerissimo gesto di Maria di Betania. 
Questa donna – ben familiare a Gesù –"sei giorni prima della Pasqua" (Gv 12,1) 
intuisce nel suo Signore - di cui conosce l’affetto per lei e non solo per lei - qualcosa di imminente e di terribile. 
Forte della sua intuizione Maria esterna ciò che sta per accadere con un gesto di sconfinato e pervasivo amore che si incontra con la docile accoglienza di Gesù ma si scontra con l’invadenza di Giuda: "Perché?…" (Gv 12,5).
Il commento apparentemente sensato di Giuda in realtà rompe l’incanto di quell’amore che si sta manifestando come abbraccio totale che parte dalla punta dei piedi di Gesù e arriva alla cima dei capelli di Maria: «cosparse i piedi di Gesù e li asciugò coi suoi capelli» (Gv 12,3). Giuda tradisce questo mistero d’amore in atto il cui profumo "riempì tutta la casa"… ma non il cuore di Giuda "che era ladro" (Gv 12,6)… e la radice di questo suo difetto sta nel suo essere invadente: impudicamente viola l’intimità altrui e vuole misurare il cuore degli altri.
Maria di Betania apre l’ultimo scorcio di cammino verso Pasqua. 
Con lei e in lei la Chiesa pone la giusta cornice ai fatti così duri che stanno per accadere: nonostante le apparenze – nonostante la volontà degli uomini – il vero scenario della Passione è quello di un' immensa tenerezza e di una intramontabile amicizia. Etty direbbe con una punta di sgomento: «Eh sì, noi donne, noi stupide, idiote, illogiche donne, noi cerchiamo il Paradiso e l’Assoluto. E col mio cervello, col mio eccellente cervello, io so bene che l’assoluto non esiste, che ogni cosa è relativa e infinitamente sfumata e in perpetuo movimento, e proprio per questo è così interessante e seducente ma anche così dolorosa. Noi donne vogliamo eternarci nell’uomo» (63).

domenica 13 aprile 2014

La croce è l'innesto del cielo dentro la terra, il punto dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa

Il racconto della morte di Gesù in croce è la lettura più bella e regale di tutto l'anno. 
E mentre i credenti di tutte le fedi invocano Dio nei giorni della loro sofferenza, 
ora i cristiani vanno a Dio nei giorni della sua sofferenza (Bonhoeffer). 
La croce è l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. 
"Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce" (non è un semplice devoto a dirlo, ma Karl Rahner, uno tra i più grandi teologi del '900). 
E vedo un uomo nudo inchiodato e morente. 
Un uomo con le braccia spalancate in un abbraccio che non si rinnegherà in eterno. 
Vedo un uomo che non chiede niente per sé, non grida da lì in cima: ricordatemi, cercate di capire, difendetemi... 
Fino all'ultimo dimentica se stesso e si preoccupa di chi gli muore a fianco: 
oggi, con me, sarai nel paradiso. 
Fondamento della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: 
un atto di amore. 
Allora la suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina del Golgota, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morire d'amore. 
La croce è l'innesto del cielo dentro la terra, il punto dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa. 
Sul Calvario l'amore scrive il suo racconto con l'alfabeto delle ferite, l'unico indelebile, l'unico in cui non c'è inganno. 
Da qui la commozione, poi lo stupore, e anche l'innamoramento. 
Dopo duemila anni sentiamo anche noi come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c'è la suprema attrazione di Dio. 
La croce rimane una domanda sempre aperta, di fronte ad essa so di non capire. 
Ma alla fine la croce vince perché convince, 
e lo fa non attraverso le spiegazioni dei teologi,
 ma con l'eloquenza del cuore: 
Perché la croce / 
il sorriso / 
la pena inumana ?/ 
Credimi / 
è così semplice / 
quando si ama. (Jan Twardowski)
Ermes Ronchi