A metà del cammino
quaresimale siamo posti di fronte al mistero del fariseo e del
pubblicano che si recano – ambedue – al Tempio per pregare ma in
modo così profondamente diverso. Il problema del fariseo – che è
spesso il nostro – non è quello di presentarsi davanti a Dio con
il diplomino da bravo ragazzo bensì il bisogno quasi ossessivo di
com-misurare gli altri a partire da se stesso mettendosi così –
tanto inconsciamente – proprio al posto di quel Dio a cui si
vorrebbe rivolgere: al centro del mondo.
Il
pubblicano invece« fermatosi a distanza» (Lc
18, 13) non potrebbe neanche immaginare una preghiera come quella che
davanti a sé sale dal cuore del fariseo: «Ti ringrazio
che non sono come gli altri…» (Lc
18, 11). Il povero fariseo pensa di sapere tutto di sé, tutto degli
altri e tutto – ahimé! – del suo piccolo dio che rischia di
assomigliargli così tremendamente ma inutilmente. La distanza invece
che il pubblicano è quasi costretto a mantenere gli permette di dire
la cosa più certa su se stesso - «sono un peccatore» -
aprendosi così alla grande sorpresa di un Dio che «verrà
a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera, che
feconda la terra» (Os 6, 3)…
come una grande sorpresa!
Una Quaresima con Etty