sabato 29 marzo 2014

22° giorno La distanza invece che il pubblicano è quasi costretto a mantenere gli permette di dire la cosa più certa su se stesso - «sono un peccatore»


A metà del cammino quaresimale siamo posti di fronte al mistero del fariseo e del pubblicano che si recano – ambedue – al Tempio per pregare ma in modo così profondamente diverso. Il problema del fariseo – che è spesso il nostro – non è quello di presentarsi davanti a Dio con il diplomino da bravo ragazzo bensì il bisogno quasi ossessivo di com-misurare gli altri a partire da se stesso mettendosi così – tanto inconsciamente – proprio al posto di quel Dio a cui si vorrebbe rivolgere: al centro del mondo.
Il pubblicano invece« fermatosi a distanza» (Lc 18, 13) non potrebbe neanche immaginare una preghiera come quella che davanti a sé sale dal cuore del fariseo: «Ti ringrazio che non sono come gli altri…» (Lc 18, 11). Il povero fariseo pensa di sapere tutto di sé, tutto degli altri e tutto – ahimé! – del suo piccolo dio che rischia di assomigliargli così tremendamente ma inutilmente. La distanza invece che il pubblicano è quasi costretto a mantenere gli permette di dire la cosa più certa su se stesso - «sono un peccatore» - aprendosi così alla grande sorpresa di un Dio che «verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera, che feconda la terra» (Os 6, 3)… come una grande sorpresa!
Una Quaresima con Etty

venerdì 28 marzo 2014

21° giorno L’unico vero rischio per l’amore è che esso si inaridisca per questo l’unica speranza per il nostro amore è la promessa del Signore-Sposo: «Sarò come rugiada per Israele» (Os 15, 6)


Sarebbe bello sentirci dire a nostra volta da parte del Signore Gesù: «Non sei lontano dal regno di Dio» (Lc 12, 34). Per ricevere l’elogio non ci resta che fare lo stesso cammino dello scriba che passa da un distinto – Dio e il prossimo – all’esigenza unica e unificante di «amarlo… amare» (Lc 12, 33). Ma come accedere a questa fecondità se non perché capaci di offrire a Dio un cuore vergine che Gli lascia tutto lo spazio, tutta l’iniziativa:«Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò di vero cuore» (Os 14, 6). L’unico vero rischio per l’amore è che esso si inaridisca per questo l’unica speranza per il nostro amore è la promessa del Signore-Sposo: «Sarò come rugiada per Israele» (Os 15, 6).
Etty si è offerta continuamente come terra faticosamente ritornata così vergine e appena nata (159) a questa«rugiada dell’Ermon» (Sl 132, 3) capace di far rifiorire ogni deserto. Si potrebbe rileggere l’intero processo interiore di Etty come una conversione, un ritorno, una re-staurazione della verginità del suo cuore che, pian piano, re-impara il senso e il linguaggio dell’amore, l’arte di farsi amare per poter infine amare in modo tanto antico ma sempre nuovo.
Una Quaresima con Etty

giovedì 27 marzo 2014

20° giorno Con il suo gesto il Signore smaschera i veri muti: tutti coloro che non ascoltando non sono mai capaci di cor-rispondere nella libertà e nell’audacia che richiede ascolto ed accoglienza: «essi non ti ascolteranno, li chiamerai, ma non ti risponderanno» (Ger 7, 27)


Necessità dell’ascolto secondo l’invito del profeta Geremia e libertà di parola per il gesto del Signore Gesù il quale risana un muto che «cominciò a parlare» (Lc 11, 14). Meraviglia unita a sdegno negli astanti, alcuni dei quali accusano Gesù di agire per conto del diavolo. Con il suo gesto il Signore smaschera i veri muti: tutti coloro che non ascoltando non sono mai capaci di cor-rispondere nella libertà e nell’audacia che richiede ascolto ed accoglienza: «essi non ti ascolteranno, li chiamerai, ma non ti risponderanno» (Ger 7, 27). Il nostro Dio non vuole arruolarci in un esercito come soldatini muti e obbedienti ma ci invita a «raccogliere con» (Lc 11, 23) lui ogni seme di parola che crea relazione feconda quanto più profondamente radica nel silenzio.
Laddove i farisei cercano il controllo, togliendo lo spazio dell’inter-locuzione, il Signore crea invece spazi di libertà. Ma la libertà di parola non può mai essere disgiunta dalla responsabilità dell’ascolto: «Questo comandai loro: "Ascoltate la mia voce"» (Gr 7, 23). Tutto il viaggio interiore di Etty sarà come continuamente proteso e, più precisamente, come magnetizzato da questa voce interiore verso cui, continuamente e sempre di più, si volgerà obbediente, docile, amante per conferire ad ogni sua parola la forza di un gesto di salvezza per se stessa e per il mondo che la circonda. Mentre il chiasso, il terrore, il rincorrersi di supposizioni e di timori e di discussioni si intrecciano sull’orlo di un baratro pronto ad inghiottire confondendo tutto e tutti, Etty sembra attratta da qualcosa di profondamente altro: dentro di me c’è una melodia che a volte vorrebbe essere tradotta in parole sue. Ma per la mia repressione, mancanza di fiducia, pigrizia e non so che altro, rimane soffocata e nascosta. E poi mi colma di nuovo di una musica dolce e malinconica (67). Cosa mai normalmente vince nella nostra vita il chiasso della superficialità o questa invincibile così intima melodia che ci affranca dalla confusione? Cosa mai?!
Una Quaresima con Etty

mercoledì 26 marzo 2014

19° giorno Come per Etty anche a noi si pone –soprattutto nel momento storico che viviamo di grandi cambiamenti e di grandi ma sempre più fragili speranze – la scelta umile di non pensare a noi stessi ma a quel minimo ruolo di "collegamento" tra epoche diverse per essere realmente capaci di Tradizione.


Il monito del Deuteronomio è chiaro e preciso: «le insegnerai ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli» (Dt 4, 9) e, da parte sua, il Signore Gesù ci invita a portare a «compimento» (Mt 5, 17) la vocazione di essere come anelli di una Tradizione vivendo fino in fondo – come lui – una doppia fedeltà: a ciò che viene prima di noi «la Legge e i Profeti» (Mt 5, 17) e a ciò che verrà dopo di noi. Una simile fedeltà esige una grande responsabilità nel vivere il "qui ed ora" manifestando nella nostra personale aderenza al reale quale sia «la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli» (Dt 4, 6).
Come per Etty anche a noi si pone –soprattutto nel momento storico che viviamo di grandi cambiamenti e di grandi ma sempre più fragili speranze – la scelta umile di non pensare a noi stessi ma a quel minimo ruolo di "collegamento" tra epoche diverse per essere realmente capaci di Tra-dizione. La sfida è essere sempre di più persone che non si lasciano «sfuggire dal cuore» (Dt 4, 9) neanche uno «iota» (Mt 5, 9) per poter trasmettere ai "nostri figli" un tesoro in umanità e sapienza impreziosito dalla nostra frequentazione e pratica e non, invece, impoverito dalla nostra noia.
Una Quaresima con Etty

martedì 25 marzo 2014

18° giorno Quante volte la nostra impossibilità a perdonare è semplicemente il volto del rammarico di non riuscire a perdonare a noi stessi e a Dio di avere fallito… specialmente con le persone che abbiamo amato e che ci hanno amato?


Forse il Signore ridicolizza il nostro sforzo di perdonare al fratello con generosità fino «a sette volte» (Mt 18, 21)? O forse – al contrario - ci sostiene nella nostra fatica chiedendoci paradossalmente di non preoccuparci se non riempiamo interamente i nostri moduli chiedendoci, invece, di spostare l’attenzione dalla quantità alla qualità? Il perdono non è questione di generosità ma di identità profonda perché è una questione «di cuore»(Mt 18, 35). L’impossibile del perdono diventa non solo possibile ma, in certo modo, persino naturale se il nostro occhio non è più rivolto fuori – verso l’altro – ma all’interno - «in mezzo al fuoco» (Dn 3, 25) che immola e che al contempo sublima tutto ciò che siamo: «Potessimo essere accolti con il cuore contrito e lo spirito umiliato come olocausti» (Dn 3, 39). Il perdono è infatti il più grande investimento possibile su questa terra poiché la sottomette alla logica propria del cielo: se Dio, infatti, non perdonasse all'istante «chi potrebbe salvarsi?».
Ma non è possibile accedere al perdono se non cambiando in una radicale conversione lo sguardo su se stessi per accogliere, fino all’estreme conseguenze, il fatto di essere ciascuno niente altro che un servo tra servi. La preghiera dei fanciulli è chiara e tremendamente precisa proprio mentre il fuoco si leva inesorabilmente liberante: «Non c’è delusione per coloro che confidano in te» (Dn 3, 40).
Quante volte la nostra impossibilità a perdonare è semplicemente il volto del rammarico di non riuscire a perdonare a noi stessi e a Dio di avere fallito… specialmente con le persone che abbiamo amato e che ci hanno amato? Etty ha dovuto confrontarsi duramente con quello che si potrebbe definire lo "scandalo del perdono" come umanissima protesta della dignità di essere uomo fino all’ultimo brandello di se stessi.
Una quaresima con Etty

lunedì 24 marzo 2014

17° giorno Si vorrebbe guarire da questa malattia della complicanza evitando però accuratamente di piegarsi alla banalità, sulle banalità del quotidiano, re-imparando a giocare con gli elementi più semplici. Ma piegarsi a tutto ciò rischierebbe di farci guarire da una malattia che ci è cara, tanto cara: apparire!


Naaman il Siro (2Re 5, 1-15) che non vuole obbedire alla semplice – troppo semplice – ingiunzione di Eliseo:«Va’ bagnati sette volte nel Giordano» (5, 10). I Nazaretani che sono scandalizzati e soprattutto spiazzati dal genere di profeta che si trovano davanti (Lc 4, 24-30), un profeta troppo poco straordinario per fare onore alla«sua patria» (4, 24). Due icone in cui ciascuno di noi può ben trovare il suo giusto posto e può dare un nome alle malattie della propria anima: la lebbra che sfigura il corpo, la mancanza di semplicità che sfigura l’anima esponendola all’assalto della preoccupazione della propria immagine – del proprio look – all’esterno e non alla pace di sé all’interno. Sempre intenti a «cose grandi» (Sl 130, 1) ci risulta difficile rimetterci a giocare come dei bambini che si ritufferebbero volentieri nel Giordano «non per sette volte ma per settanta volte sette» (Mt 18, 22).
Si vorrebbe guarire da questa malattia della complicanza evitando però accuratamente di piegarsi alla banalità, sulle banalità del quotidiano, re-imparando a giocare con gli elementi più semplici. Ma piegarsi a tutto ciò rischierebbe di farci guarire da una malattia che ci è cara, tanto cara: apparire!
Di questa "lebbra" molto ebbe a soffrire la cara Etty come si auto-chiama ogni volta che voleva esortarsi alla semplificazione interiore. Una sorta di principio crescente nella vita e nel processo interiore di Etty sarà quello di evitare ogni complicanza e di agire solo quando questa sorta di demone si fosse finalmente addormentato: Si dovrebbe parlare delle questioni più gravi e importanti di questa vita solo quando le parole ci vengono semplici e naturali come l’acqua che sgorga da una sorgente (163). E il Signore Gesù chiarisce nel Vangelo che «la bocca parla dalla pienezza del cuore» (Lc 6, 45) per cui è il cuore che bisogna condurre ad una capacità di straordinaria ordinarietà per cui - piegandosi sulle persone, sulle cose, sugli elementi e sugli avvenimenti - si possa dire: La mia anima è in pace… a volte non mi accorgo neanche di essere in un campo – è ben strano -. Jopie è un caro compagno. Di sera assistiamo al tramonto, che si tuffa nei lupini violetti dietro al filo spinato (66).
Una Quaresima con Etty

domenica 23 marzo 2014

E ci insegna che c'è un mezzo, uno soltanto, per raggiungere il cuore profondo di ciascuno. Non il rimprovero o l'accusa, ma un dono, il far gustare un di più di bellezza, un di più di vita


Dammi da bere. Dio ha sete, ma non di acqua: ha sete della nostra sete, ha desiderio del nostro desiderio. Lo sposo ha sete di essere amato. E ci insegna che c'è un mezzo, uno soltanto, per raggiungere il cuore profondo di ciascuno. Non il rimprovero o l'accusa, ma un dono, il far gustare un di più di bellezza, un di più di vita, come fa Gesù: Se tu conoscessi il dono di Dio a te.
Perché Dio non chiede, dona: una sorgente intera in cambio di un sorso d'acqua.
Ti darò un'acqua che diventa in te sorgente. Quest'acqua viva è l'energia dell'amore di Dio. Se lo accogli, diventa qualcosa che ti riempie, tracima, si sprigiona da te, come una sorgente che zampilla "per la vita", che fa maturare la vita, la rende autentica e indistruttibile, eterna. In te, ma non per te: la sorgente è più di ciò che serve alla tua sete, è per tutti, senza misura, senza calcolo, senza fine.
Ermes Ronchi