Naaman
il Siro (2Re 5, 1-15) che non vuole obbedire alla semplice – troppo
semplice – ingiunzione di Eliseo:«Va’ bagnati sette
volte nel Giordano» (5, 10). I
Nazaretani che sono scandalizzati e soprattutto spiazzati dal genere
di profeta che si trovano davanti (Lc 4, 24-30), un profeta troppo
poco straordinario per fare onore alla«sua patria» (4,
24). Due icone in cui ciascuno di noi può ben trovare il suo giusto
posto e può dare un nome alle malattie della propria anima: la
lebbra che sfigura il corpo, la mancanza di semplicità che sfigura
l’anima esponendola all’assalto della preoccupazione della
propria immagine – del proprio look – all’esterno e non alla
pace di sé all’interno. Sempre intenti a «cose grandi»
(Sl 130, 1) ci risulta difficile
rimetterci a giocare come dei bambini che si ritufferebbero
volentieri nel Giordano «non per sette volte ma per
settanta volte sette» (Mt 18,
22).
Si vorrebbe guarire
da questa malattia della complicanza evitando però accuratamente di
piegarsi alla banalità, sulle banalità del quotidiano, re-imparando
a giocare con gli elementi più semplici. Ma piegarsi a tutto ciò
rischierebbe di farci guarire da una malattia che ci è cara, tanto
cara: apparire!
Di
questa "lebbra" molto ebbe a soffrire la cara
Etty come
si auto-chiama ogni volta che voleva esortarsi alla semplificazione
interiore. Una sorta di principio crescente nella vita e nel processo
interiore di Etty sarà quello di evitare ogni complicanza e di agire
solo quando questa sorta di demone si fosse finalmente addormentato:
Si dovrebbe
parlare delle questioni più gravi e importanti di questa vita solo
quando le parole ci vengono semplici e naturali come l’acqua che
sgorga da una sorgente (163). E
il Signore Gesù chiarisce nel Vangelo che «la
bocca parla dalla pienezza del cuore» (Lc
6, 45) per cui è il cuore che bisogna condurre ad una capacità di
straordinaria ordinarietà per cui - piegandosi sulle persone, sulle
cose, sugli elementi e sugli avvenimenti - si possa dire: La
mia anima è in pace… a volte non mi accorgo neanche di essere in
un campo – è ben strano -. Jopie è un caro compagno. Di sera
assistiamo al tramonto, che si tuffa nei lupini violetti dietro al
filo spinato (66).
Una Quaresima con Etty
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