lunedì 24 marzo 2014

17° giorno Si vorrebbe guarire da questa malattia della complicanza evitando però accuratamente di piegarsi alla banalità, sulle banalità del quotidiano, re-imparando a giocare con gli elementi più semplici. Ma piegarsi a tutto ciò rischierebbe di farci guarire da una malattia che ci è cara, tanto cara: apparire!


Naaman il Siro (2Re 5, 1-15) che non vuole obbedire alla semplice – troppo semplice – ingiunzione di Eliseo:«Va’ bagnati sette volte nel Giordano» (5, 10). I Nazaretani che sono scandalizzati e soprattutto spiazzati dal genere di profeta che si trovano davanti (Lc 4, 24-30), un profeta troppo poco straordinario per fare onore alla«sua patria» (4, 24). Due icone in cui ciascuno di noi può ben trovare il suo giusto posto e può dare un nome alle malattie della propria anima: la lebbra che sfigura il corpo, la mancanza di semplicità che sfigura l’anima esponendola all’assalto della preoccupazione della propria immagine – del proprio look – all’esterno e non alla pace di sé all’interno. Sempre intenti a «cose grandi» (Sl 130, 1) ci risulta difficile rimetterci a giocare come dei bambini che si ritufferebbero volentieri nel Giordano «non per sette volte ma per settanta volte sette» (Mt 18, 22).
Si vorrebbe guarire da questa malattia della complicanza evitando però accuratamente di piegarsi alla banalità, sulle banalità del quotidiano, re-imparando a giocare con gli elementi più semplici. Ma piegarsi a tutto ciò rischierebbe di farci guarire da una malattia che ci è cara, tanto cara: apparire!
Di questa "lebbra" molto ebbe a soffrire la cara Etty come si auto-chiama ogni volta che voleva esortarsi alla semplificazione interiore. Una sorta di principio crescente nella vita e nel processo interiore di Etty sarà quello di evitare ogni complicanza e di agire solo quando questa sorta di demone si fosse finalmente addormentato: Si dovrebbe parlare delle questioni più gravi e importanti di questa vita solo quando le parole ci vengono semplici e naturali come l’acqua che sgorga da una sorgente (163). E il Signore Gesù chiarisce nel Vangelo che «la bocca parla dalla pienezza del cuore» (Lc 6, 45) per cui è il cuore che bisogna condurre ad una capacità di straordinaria ordinarietà per cui - piegandosi sulle persone, sulle cose, sugli elementi e sugli avvenimenti - si possa dire: La mia anima è in pace… a volte non mi accorgo neanche di essere in un campo – è ben strano -. Jopie è un caro compagno. Di sera assistiamo al tramonto, che si tuffa nei lupini violetti dietro al filo spinato (66).
Una Quaresima con Etty

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