Forse
il Signore ridicolizza il nostro sforzo di perdonare al fratello con
generosità fino «a sette volte» (Mt
18, 21)? O forse – al contrario - ci sostiene nella nostra fatica
chiedendoci paradossalmente di non preoccuparci se non riempiamo
interamente i nostri moduli chiedendoci, invece, di spostare
l’attenzione dalla quantità alla qualità? Il perdono non è
questione di generosità ma di identità profonda perché è una
questione «di cuore»(Mt
18, 35). L’impossibile del perdono diventa non solo possibile ma,
in certo modo, persino naturale se il nostro occhio non è più
rivolto fuori – verso l’altro – ma all’interno - «in
mezzo al fuoco» (Dn 3, 25) che
immola e che al contempo sublima tutto ciò che siamo: «Potessimo
essere accolti con il cuore contrito e lo spirito umiliato come
olocausti» (Dn 3, 39). Il
perdono è infatti il più grande investimento possibile su questa
terra poiché la sottomette alla logica propria del cielo: se Dio,
infatti, non perdonasse all'istante «chi potrebbe
salvarsi?».
Ma
non è possibile accedere al perdono se non cambiando in una radicale
conversione lo sguardo su se stessi per accogliere, fino all’estreme
conseguenze, il fatto di essere ciascuno niente altro che un servo
tra servi. La preghiera dei fanciulli è chiara e tremendamente
precisa proprio mentre il fuoco si leva inesorabilmente liberante:
«Non c’è delusione per coloro che confidano in te» (Dn
3, 40).
Quante
volte la nostra impossibilità a perdonare è semplicemente il volto
del rammarico di non riuscire a perdonare a noi stessi e a Dio di
avere fallito… specialmente con le persone che abbiamo amato e che
ci hanno amato? Etty ha dovuto confrontarsi duramente con quello che
si potrebbe definire lo "scandalo del perdono" come
umanissima protesta della dignità di essere uomo fino all’ultimo
brandello di se stessi.
Una quaresima con Etty
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