sabato 23 marzo 2013

«Peccatore sì, corrotto no!», e a dirlo con timore, perché non succeda che accettiamo lo stato di corruzione come fosse solo un peccato in più


“Peccatori sì, corrotti no!” di Jorge Mario Bergoglio
Ci farà molto bene, alla luce della parola di Dio, imparare a discernere le diverse situazioni di corruzione che ci circondano e ci minacciano con le loro seduzioni. Ci farà bene tornare a ripeterci l’un l’altro: «Peccatore sì, corrotto no!», e a dirlo con timore, perché non succeda che accettiamo lo stato di corruzione come fosse solo un peccato in più. (…) Il corrotto (…) passa la vita in mezzo alle scorciatoie dell’opportunismo, al prezzo della sua stessa dignità e di quella degli altri. Il corrotto ha la faccia da non sono stato io, “faccia da santarellino”, come diceva mia nonna. Si meriterebbe un dottorato honoris causa in cosmetica sociale. E il peggio è che finisce per crederci. E quanto è difficile che lì dentro possa entrare la profezia! Per questo, anche se diciamo “peccatore, sì”, gridiamo con forza “ma corrotto, no!”.

venerdì 22 marzo 2013

Noi decidiamo che faremo questa o quell’altra cosa. Dio arriva e dice: “No, fate questo”.

Il deserto è un altare, sul quale in ogni istante portate l’offerta di voi stessi. Perché la mia volontà è l’ostacolo che si erge eternamente tra Dio e me. Noi decidiamo che faremo questa o quell’altra cosa. Dio arriva e dice: “No, fate questo”. Si tratta di fare quello che lui vuole che facciamo, non perché abbiamo paura di lui o abbiamo paura di morire, ma perché siamo innamorati di lui e perché veniamo nella pustinia per compiere veramente la sua volontà e non la nostra. La pustinia esiste per foggiare in voi questa capacità. Il pustinik deve arrivare alla fine a capire che deve diventare così vuoto come Dio lo è diventato per lui. Verrà il momento in cui la processione delle offerte dell’uomo raggiungerà quella di Dio. Allora l’uomo può andare ovunque. Non gli è più necessario restare nella pustinia. Può partire in pellegrinaggio; può cessare di abitare in un solo luogo. È uno strano momento quando l’uomo si accorge, con la grazia di Dio, che questo è avvenuto in lui. Quando ascoltiamo la parabola del seme, dovremmo pensare a Dio divenuto seme nel grembo di Maria. Era il buon seme. Esso ha gettato profonde radici. Semmai arriviamo a presentire questo strano mistero di Dio che diventa un feto, un bambino, un adolescente, un uomo, cominceremo a capire l’amore di Dio per noi. Cominceremo allora a capire il vuoto che si deve fare in noi, la profondità dell’abbandono della nostra volontà a quella di Dio. Infine entreremo in una processione delle offerte, e la nostra processione raggiungerà quella di Dio, e lui e noi diverremo uno. (Catherine de Hueck Doherty, Pustinia: le comunità del deserto oggi). 

giovedì 21 marzo 2013

prende le distanze dalla questione del dovere morale (o non riesce a porsela correttamente), adottando invece i precetti dell’interesse razionale e dell’autoconservazione

La lezione dell’Olocausto sta nella facilita con cui la maggior parte degli individui – in una situazione nella quale non esiste una scelta “buona”, o che rende quest’ultima assai costosa – prende le distanze dalla questione del dovere morale (o non riesce a porsela correttamente), adottando invece i precetti dell’interesse razionale e dell’autoconservazione. In un sistema in cui la razionalità e l’etica spingono in due direzioni diverse, l’umanità subisce i danni maggiori. Il male può svolgere il suo sporco lavoro, sperando che la maggior parte degli individui si astenga dal compiere gesti avventati e imprudenti; e resistere al male è avventato e imprudente. Il male non ha bisogno né di seguaci entusiasti, né di un pubblico plaudente. Basterà l’istinto di conservazione, incoraggiato dal pensiero che induce a dire: non è ancora il mio turno, grazie a Dio, mentendo ora posso ancora salvarmi. [...] La seconda lezione ci dice che non è affatto scontato o inevitabile porre l’autoconservazione al di sopra del dovere morale. Si possono subire pressioni in questo senso, ma non si può essere costretti a farlo, e di conseguenza non si possono scaricare le proprie responsabilità su coloro che esercitano le pressioni. Non importa quante persone abbiano preferito il dovere morale alla razionalità dell’autoconservazione, ciò che importa è che qualcuno l’abbia fatto. Il male non è onnipotente. È possibile resistergli. La testimonianza di coloro che effettivamente gli hanno opposto resistenza scuote la validità della logica dell’autoconservazione. Mostra ciò che essa è, in ultima analisi: una scelta. Ci chiediamo quante persone debbano sfidare questa logica affinché il male sia ridotto all’impotenza. Esiste una soglia magica di resistenza al di là della quale la tecnologia del male cessa di funzionare? (Zygmunt Bauman, Modernità e Olocausto)

mercoledì 20 marzo 2013

Ascolta la preghiera alla rovescia della tua serva

Signore del mondo, benedetto, ascolta la preghiera della tua serva che adesso è una madre. Quando nasce un bambino la famiglia si augura che diventi qualcuno, intelligente, si distingua dagli altri. Fa’ che non sia così. Fa’ che questo brivido salito sulla mia schiena, questo freddo venuto dal futuro sia lontano da lui. Lo chiamo Ieshu come vuoi tu, ma non lo reclamare per qualche tua missione. Fa’ che sia un cucciolo qualunque, anche un poco stupido, svogliato, senza studio, un figlio che si mette a bottega da suo padre, impara il mestiere, lo prosegue. Noi penseremo a trovargli una moglie, lui mi metterà sulle ginocchia una squadra di figli. Signore del mondo, benedetto, fa’ che abbia difetti, che non s’occupi di politica, vada d’accordo con tutti quelli che verranno a fare i padroni a casa nostra, nella nostra terra. Non ho più visto il messaggero, non l’ho più sentito: è segno che lascerai fare a me e a Josef? Certo ce ne occupiamo noi. Fa’ solo che questo bambino sia nessuno nella tua storia, fa’ che sia un uomo semplice, contento di esserlo e che si arrabbi soltanto con le mosche. Fa’ che non sia bello, non susciti invidie. Ascolta la preghiera alla rovescia della tua serva. Stupida che sono stata a vantarmi in me stessa della sua pefezione, della sua venuta dentro di me senza seme di uomo. Stupida e peccatrice per orgoglio a esaltare la sua specialità. Sia nessuno questo tuo Ieshu, sia per te un progetto accantonato, uno dei tuoi pensieri usciti di memoria. Ti pregano già tanto di ricordare questo e quello. Scòrdati di Ieshu. (Erri De Luca, In nome della madre).

martedì 19 marzo 2013

tutti coloro che parteciparono alla Shoah avevano ricevuto nella loro infanzia il battesimo cattolico o protestante: non vi trovarono alcun divieto!

La lettura del Vangelo è sempre stata compromessa, ai miei occhi - ai nostri occhi - dalla Storia. Giunge allora ciò che voi chiamate Olocausto e noi Shoah. Qui esplosero due evidenze. Innanzitutto il fatto che tutti coloro che parteciparono alla Shoah avevano ricevuto nella loro infanzia il battesimo cattolico o protestante: non vi trovarono alcun divieto! Seconda cosa, molto importante: è in questo tempo che mi si mostrò chiaramente ciò che voi chiamate carità e misericordia. Ovunque appariva una tonaca nera c’era rifugio. Il discorso, in alcuni luoghi, era ancora possibile. Vi racconto una storia. Durante la guerra ero stato mobilitato in un servizio della capitale. Un compagno, nell’ufficio, aveva perso un figlio. Il padre era ebreo ma la madre cristiana; il servizio funebre si svolse nella chiesa di Sant’Agostino. Era prima del 10 maggio 1940, ma il nostro antico mondo era già in crisi. Durante la cerimonia funebre ero vicino a un’immagine, tela o affresco, che rappresentava una scena da 1° Samuele: Anna conduce al Tempio suo figlio Samuele. Questo era ancora il mio mondo. Soprattutto Anna, straordinaria figura di donna ebrea. Ho pensato alla sua silenziosa preghiera: “Le sue labbra si muovevano ma la sua voce non si sentiva”; ho pensato al malinteso con il sacerdote Eli e a come lei risponde: “No, mio signore, sono una donna affranta; non ho bevuto né vino né alcuna bevanda inebriante: stavo solo sfogandomi davanti a Dio”. Questa donna pronunciava la vera preghiera del cuore: lo svuotarsi di un’anima. Relazione autentica, concretezza dell’anima, personificazione della relazione. Ecco ciò che ho visto nella Chiesa. Che prossimità! Tale prossimità resta in me. Penso anche di essere debitore verso tale carità. Devo la vita della mia piccola famiglia a un monastero in cui mia moglie e mia figlia furono salvate. (Emmanuel Lévinas, À l’Heure des Nations).

lunedì 18 marzo 2013

allora come posso parlare ad altri della preghiera?

"Signore, Tu sai che io non so pregare, e allora come posso parlare ad altri della preghiera? Come posso insegnare ad altri qualcosa sulla preghiera? Tu solo, Signore, sai pregare.Tu hai pregato sulla montagna, nella notte. Tu hai pregato nelle pianure della Palestina. Tu hai pregato nel giardino della Tua agonia. Tu hai pregato sulla Croce. Tu solo, Signore, sei il Maestro della preghiera. E Tu hai dato a ciascuno di noi, come maestro personale, lo Spirito Santo. Ebbene, soltanto nella fiducia in Te, Signore, Maestro di preghiera, adoratore del Padre in spirito e verità, soltanto con la fiducia nello Spirito che vive in noi, possiamo cercare di dire qualcosa, di esortarci a vicenda, per scambiarci qualche Tuo dono, rispetto a questa meravigliosa realtà. La preghiera è la possibilità che noi abbiamo di parlare con Te, Signore Gesù, nostro Salvatore, di parlare con il Padre Tuo e con lo Spirito, di parlare con semplicità e verità".Carlo Maria Martini

domenica 17 marzo 2013

La parola io significa eccomi


Forse così capiremo cosa vuol dire Lévinas, quando ci invita a guardare il volto dell'altro che si presenta davanti: "che supera l'idea dell'Altro in me". Il volto mi chiede e mi ordina.
La parola Io significa eccomi,
Fare qualcosa per un altro. Donare. Essere spirito umano significa questo;
Io non inter-cambiabile, sono io nella misura in cui sono responsabile. Io posso sostituirnmi a tutti, ma nessuno può sostituirsi a me. Questa è la mia inalienabile identità di soggetto. E in questo senso preciso che Dostoevskij dice: "Noi siamo tutti responsabili di tutto e di tutto, davanti a tutti ed io più di tutti gli altri".

Da Lévinas, Etica e finito