venerdì 22 marzo 2013

Noi decidiamo che faremo questa o quell’altra cosa. Dio arriva e dice: “No, fate questo”.

Il deserto è un altare, sul quale in ogni istante portate l’offerta di voi stessi. Perché la mia volontà è l’ostacolo che si erge eternamente tra Dio e me. Noi decidiamo che faremo questa o quell’altra cosa. Dio arriva e dice: “No, fate questo”. Si tratta di fare quello che lui vuole che facciamo, non perché abbiamo paura di lui o abbiamo paura di morire, ma perché siamo innamorati di lui e perché veniamo nella pustinia per compiere veramente la sua volontà e non la nostra. La pustinia esiste per foggiare in voi questa capacità. Il pustinik deve arrivare alla fine a capire che deve diventare così vuoto come Dio lo è diventato per lui. Verrà il momento in cui la processione delle offerte dell’uomo raggiungerà quella di Dio. Allora l’uomo può andare ovunque. Non gli è più necessario restare nella pustinia. Può partire in pellegrinaggio; può cessare di abitare in un solo luogo. È uno strano momento quando l’uomo si accorge, con la grazia di Dio, che questo è avvenuto in lui. Quando ascoltiamo la parabola del seme, dovremmo pensare a Dio divenuto seme nel grembo di Maria. Era il buon seme. Esso ha gettato profonde radici. Semmai arriviamo a presentire questo strano mistero di Dio che diventa un feto, un bambino, un adolescente, un uomo, cominceremo a capire l’amore di Dio per noi. Cominceremo allora a capire il vuoto che si deve fare in noi, la profondità dell’abbandono della nostra volontà a quella di Dio. Infine entreremo in una processione delle offerte, e la nostra processione raggiungerà quella di Dio, e lui e noi diverremo uno. (Catherine de Hueck Doherty, Pustinia: le comunità del deserto oggi). 

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