sabato 14 aprile 2012

Viva il confessionale

(Christine Cayol, Sono cattolica e sto male, traduzione di Maurizio Ferrara, Città Aperta Edizioni / Servitium, 2008), suggestivo persino nel titolo, dedica un provocante capitolo a questo tema e lo intitola così: Viva il confessionale!«È il sacramento del perdono, il più bello che possa esistere. ….
È un perdono divino, non un perdono che chiede garanzie per l'avvenire, non un perdono che dice: “Ti perdono, ma non dimentico”, “Ti perdono, ma fa' il bravo”.
No, è un perdono che dimentica.
Il fatto di dimenticare non è né incoscienza né disattenzione: è un oblio volontario e sovrano che rifiuta di dare il minimo potere al passato. Perché accade oggi.
E quest'oggi in cui si confida la propria miseria non deve essere sottomesso in nessun caso a ciò che è già avvenuto, a ciò che potrà ricominciare.
Quello che riceviamo in tale perdono è lo sguardo di Cristo, uno sguardo nuovo posato su di noi, uno sguardo che non ha mai servito e che ci restituisce non alla nostra 'innocenza', ma alla nostra novità.
Come se niente fosse accaduto, come se il tempo non avesse nessuna importanza.
“Ti amo, ti conosco.” “Non devi avere paura di te, non pensare al passato, non pensare all'avvenire: oggi ti guardo e ti amo per quello che sei”. ……
Va' come il figlio prodigo, corri a gettarti nelle braccia di tuo padre.
Ti accoglie senza condizioni. Ti vuole bene.  Sta preparando la festa, è lieto del tuo ritorno al rapporto.
Sei libero, nessuno ti condannerà, nessuno ti metterà in prigione, nessuno ti serberà rancore.
Sei libero di una libertà che non sospetti, di una libertà che potrebbe anche spaventarti.
Va'. Non rimanere inginocchiato così. …..
Sei il mio amato, la mia amata, ti concedo tutto. Va' e gioisci.
Sei amato per l'eternità, hai già cambiato faccia, c'è di che essere felici.»
Ciò che mi piace nella confessione è poter entrare in un luogo scuro e silenzioso, da dove poi andar via con uno spirito di festa.»

venerdì 13 aprile 2012

accelerare o frenare


tratto da “Un posto nel mondo” di Fabio Volo.
Federico: “Sono stato seduto di fronte a una che ciucciava una sigaretta di plastica perché voleva
smettere di fumare… ne vogliamo parlare? […] adesso vomito… Che differenza c’è tra
questo sabato sera e quello scorso? Che invece che andare al Galaxy siamo tornati a casa.
Punto. Ho 28 anni e sto già vivendo l’illusione dell’autista del tram… Io non mollo così
presto.”
Michele:  “L’autista del tram? Guarda che non stai bene… passami la birra”.
Federico: “No, tu non stai bene se non capisci! Lo sai, Michele, cosa fa l’autista del tram?”.
Michele:  “Mi fa sempre effetto quando mi chiami per nome. Cosa vuoi che faccia… guida il tram”.
Federico: “No sbagliato! Sembra che guidi il tram, che sia padrone del mezzo, in realtà è uno che
semplicemente frena e accelera. C’è il binario. Lui al massimo decide la velocità, ma
neanche tanto, perché persino le fermate sono prestabilite e devono rispettare un orario. E
così capita anche a noi: liceo, università, lavoro, matrimonio, figli, capolinea! Finisce che
decidiamo solo quanto tempo metterci. Tutta la straordinarietà della vita ridotta a due
funzioni: accelerare o frenare. Punto. Abbiamo l’illusione di guidare la nostra vita”.

giovedì 12 aprile 2012

a far crescere e a far fiorire

L’amore è l’unica forza capace di svegliare nell’uomo
energie a lui stesso sconosciute…
Esso riesce a far crescere e a far fiorire
tutto ciò che è addormentato dentro l’uomo.
(Carlos Mesters)

mercoledì 11 aprile 2012

adempie come ogni anno ai suoi doveri


Poesia di Wislawa Szymborska -
Addio a una vista -
Non ce l’ho con la primavera
perché è tornata.
Non la incolpo
perché adempie come ogni anno
ai suoi doveri.
Capisco che la mia tristezza
non fermerà il verde.
Il filo d’erba, se oscilla,
è solo al vento.
Non mi fa soffrire
che gli isolotti di ontani sulle acque
abbiano di nuovo con che stormire.
Prendo atto
che la riva di un certo lago
è rimasta come se tu vivessi ancora bella
come era.
Non ho rancore
contro la vista per la vista
sulla baia abbacinata dal sole.
Riesco perfino ad immaginare
che degli altri, non noi
siedano in questo momento
sul tronco rovesciato d’una betulla.
Rispetto il loro diritto
a sussurrare, ridere
e tacere felici.
Suppongo perfino
che li unisca l’amore
e che lui stringa lei
con il suo braccio vivo.
Qualche giovane ala
fruscia nei giuncheti.
Auguro loro sinceramente
di sentirla.
Non esigo alcun cambiamento
dalle onde vicine alla riva,
ora leste, ora pigre
e non a me obbedienti.
Non pretendo nulla
dalle acque fonde accanto al bosco,
ora color smeraldo,
ora color zaffiro
ora nere.
Una cosa non accetto.
Il mio ritorno là.
Il privilegio della presenza ci
rinuncio.
Ti sono sopravvissuta solo
e soltanto quanto basta
per pensare da lontano.

martedì 10 aprile 2012

noi abbiamo saputo ugual­mente trarre


O Signore, ricorda non solo gli uomini di buona volontà, ma anche quelli dalla volontà cattiva. Non ricordare, però, tutte le sofferenze che ci hanno inflitto. Ri­corda piuttosto i frutti che, da queste sofferenze, noi abbiamo saputo ugual­mente trarre: 
la nostra amicizia, la nostra lealtà, la nostra umiltà, il coraggio e la generosità, la grandezza di cuore che è cresciuto da ciò. 
E quando essi si pre­senteranno al tuo Giudizio, lascia che i frutti che noi abbiamo generato siano il loro perdono.
(Anonimo ebreo, dal lager nazista di Ravensbrück)

lunedì 9 aprile 2012

Lunedi di Pasqua


TEMPO DI SPERARE
Miei cari fratelli, in questa festività di Pasqua voglio farvi riflettere - e rifletto
io con voi - su alcuni particolari del mistero della passione, della morte e della
resurrezione del Signore.
Nel Vangelo che avete sentito cantare (in latino, purtroppo!) si parla di due discepoli che, usciti dal Cenacolo, si avviarono verso Emmaus, un borgo non
molto lontano da Gerusalemme. Camminando, parlavano dei grandi avvenimenti di quei giorni. Erano delle persone accorate. Avevano la tristezza di
quanto era accaduto e, soprattutto, avevano l'immensa tristezza di aver perduto il Maestro.
Lungo la strada sono raggiunti da un misterioso personaggio che era poi il
Cristo, il quale raccoglie la loro pena, ed un po' alla volta mette nel loro animo
la speranza che avevano perduta... Gesù, costretto a fare animo ai suoi figlioli
che avevano perduto la fiducia in Lui.
Ecco un particolare che mi fa pensare alla misteriosa maniera con cui il Signore si comporta con noi, e che noi, nella nostra poca intelligenza, tante volte
deprechiamo. Per esempio: perché non è andato a Bethania prima che Lazzaro morisse? Vi è andato quando Lazzaro era ormai morto da quattro giorni.
Perché non è fuggito da Gerusalemme, quando sapeva che attorno a Lui si
stringevano le mene dei suoi avversari? Perché non è disceso dalla croce quando i suoi avversari, passando sotto di essa, si rivolgevano a Lui in tono beffardo? «Ha salvato gli altri - dicevano e non è capace di salvare se stesso!  Se veramente è il Figlio di Dio, discenda dalla croce»!
Il Signore Gesù ha un suo metodo, un modo d'agire e di comportarsi che non
va d'accordo con la nostra logica. La nostra maniera di ragionare ci sembra
molto più intelligente, molto più efficace e più utile della sua ed esige minor
dispendio e minore sforzo.
Volete un altro esempio tratto dalla natura? C'era proprio bisogno che d'autunno cadessero tutte le foglie e la natura si abbandonasse al lungo sonno invernale per darci il gusto della primavera ? La primavera che viene dopo l'inverno non vi pare una cosa mal organizzata?  Non poteva la Provvidenza fare
sì che tutto l'anno fosse primavera e non si alternassero stagioni così disuguali;
che le foglie rimanessero sempre sugli alberi, che la vegetazione fosse continua?
Noi, che siamo gente molto ragionevole, avremmo messo insieme un mondo
fatto a questa maniera, ma avremmo tolto la bellezza alle cose, perché la bellezza di ogni creatura è nella sua capacità di rinnovarsi.
Se Gesù fosse venuto a Bethania quando Lazzaro era ammalato, gli altri non
avrebbero visto il miracolo della resurrezione e non avrebbero creduto in Lui.Se si fosse sottratto alla morte, noi avremmo detto: guarda, non è un uomo,
non ha accettato il nostro destino. Ed egli non avrebbe potuto mettere nella
fragilità della nostra natura, quella immensa speranza che ci viene soltanto dalla sua resurrezione. Se i due discepoli non l'avessero incontrato lungo la strada
che va da Gerusalemme ad Emmaus, se Egli non si fosse fermato nella loro
casa e non si fosse manifestato nello spezzar del pane, essi non avrebbero trovato la freschezza ed il rinnovamento della loro fede. Miei cari fratelli, la religione nostra è una religione di novità. Non c'è niente di vecchio anche se voi,
qualche volta, avete l'impressione che tutto qui, nella Chiesa, si ripeta secondo
una tradizione secolare che non ha più nulla che vi possa incuriosire.
Guardate come si è comportato il Signore anche nei riguardi della nostra anima. Egli non ci ha mai impedito di fare il male. Ma non sarebbe stato molto
più bello se il Signore ci avesse conformato in maniera tale da non cadere più
nelle solite e penosissime mancanze? Se Egli ci aiutasse in una maniera più efficace e, contro la nostra stessa libertà, ci costringesse a resistere al male, noi
Gli saremmo più grati.
Io non so se questo sarebbe una gioia per l'uomo. Dio non ci impedisce di
fare il male, ma fa una cosa più grande: viene accanto a noi, sulla strada del
nostro peccato, pronto a tollerarci, a sopportarci, a dimenticare, a volerci bene
nonostante le nostre indegnità, a perdonarci nonostante il ripetersi continuo
dei nostri allontanamenti e dei nostri tradimenti.
Io trovo che questo metodo del Signore è molto bello e mi fa sentire ancora
di più la sua infinita potenza e la sua infinita bontà. Non è soltanto un modo
conforme alla nostra natura umana, ma è proprio il più bel modo, il più rispettoso dei modi, il più paterno, dei modi. Perché noi vogliamo tanto bene ai
nostri genitori? Certo, essi ci ammoniscono, ci rimproverano, ci indicano la
strada buona. Ma quando noi sbagliamo e veniamo meno ai nostri doveri, i
primi a capirci e a perdonarci sono loro, i nostri genitori.  Donde questo affetto particolare verso nostro padre e nostra madre, se non da questa capacità
che è tutta loro, di saper compatire, aiutare e perdonare? Non è che non vedano i nostri difetti, che non capiscano i nostri torti, che non ne misurino la gravità.  Ma no: lo sanno, li vedono e ne soffrono.  Eppure, nel gran bene che ci
vogliono, compatiscono e perdonano.
E così fa il Signore! Non ci costringe ad essere buoni. Ci ha indicato la strada
dandoci la sua legge, che è stata scritta nei nostri cuori prima ancora di essere
rivelata attraverso Mosè. Poi, è venuto Lui stesso a segnare la strada con il suo
esempio e ci ha detto: «Chi vuol venire dietro a me, prenda la sua croce e mi
segua». Egli è sempre davanti, come un pastore. C'è una sola differenza: i pastori di questo mondo portano il bastone, mentre Cristo non ha mai portato ilbastone, Cristo ha portato anche Lui un legno: ma è il legno della croce, che
ha tutt'altro significato. Esso è il compimento ed il simbolo reale della sua offerta piena. Egli ci ha dato l'esempio ma non ci costringe a seguirlo. Chi vuol
seguirlo lo segue e chi non vuol seguirlo non lo segue. C'è la pecora che vuol
perdersi e si perde e c'è la pecora che rimane accanto a Lui. Egli andrà alla ricerca della pecorella smarrita, ma non imporrà agli altri di rimanere nell'ovile.
Ecco il senso di libertà che noi vediamo consacrato dal mistero della passione,
della morte e della resurrezione di Gesù. Voi mi direte: ma allora saremo sempre da capo e ci saranno sempre delle miserie nel mondo, perché ci saran sempre delle teste che non ragionano, delle pecore che andranno fuori strada, dei
cristiani che rinnegheranno il Cristo, della gente che non troverà mai la strada
buona.  Certo! ... Vorreste voi mettere nel mondo una legge diversa da quella
del Cristo? Se il Signore ci sopporta come siamo, il Signore rispetta la nostra
libertà, le nostre ribellioni, le nostre resistenze.  Vorreste voi obbligare la gente a camminare quando non ha voglia di camminare? Cosa ne fareste di una
religione da galeotti, di una Chiesa prigione? Che cosa ne fareste di un mondo
in cui tutti fossero costretti a seguire una stessa regola, a camminare allo
stesso modo, a vestirsi alla stessa maniera, a cantare dietro ordine, a
camminare dietro ordine?...
Ci sono purtroppo di quelli che vorrebbero rifare il mondo e trovare la salvezza a questa maniera. Essi dimenticano che Dio è il custode della libertà umana. Egli è garante della libertà, contro l'uniformità degli uomini, contro il desiderio di fare del mondo una caserma per poter far stare tutti bene.
Il Signore ha accettato l'insuccesso; ha accettato di essere dichiarato impotente: e davanti agli uomini che qualche volta l'irridono, ha rinnegato persino la
sua onnipotenza per rispettare la nostra libertà. Il Signore permette l'inverno,
ma poi fa la primavera; permette che noi ci rompiamo la testa, ma poi ce l'accomoda; permette che noi facciamo il peccato, ma poi ci perdona. Il Signore
permette che noi deviamo dalla strada buona, ma poi, quando la strada diventa un baratro, eccolo con le sue braccia aperte come la croce, ad indicarci il
nostro sbaglio, a riprenderci amorevolmente per riportarci sul giusto sentiero.
Questo è il metodo del Signore.
Non vi piace? Non siete contenti di essere trattati con tanta bontà, con tanta
larghezza e con tanta libertà?  Non siete contenti di non essere costretti a fare
il bene, a fare il galantuomo? Voi siete liberi!  Potete spergiurare, potete dire
menzogne; potete commettere tutto quello che volete!... Il Signore è in croce
proprio per questo: muore in croce perché noi non siamo buoni.  Egli non è
indifferente, come non è indifferente vostra madre se non vi prende per il collo e non vi costringe a stare in casa quando voi volete andare a perdervi.Ecco quello che io vorrei che voi capiste come una delle lezioni più grandi
della misericordia di Dio. Noi dobbiamo ringraziarlo per questa libertà che ci
ha dato. La professione cristiana non è qualcosa di obbligato e di forzato, ma
è una semplice, spontanea, cordialissima adesione da parte nostra.  Dobbiamo
ringraziarlo perché Egli è il solo che ci rispetta. Nessuno ci ha obbligato ad inginocchiarci nella Pasqua; nessuno ci ha portati qui alla balaustra; nessuno ci
ha portati in chiesa; nessuno ci obbliga ad essere buoni.
C'è soltanto un invito: l'invito divino che ha la capacità di rifare, di rimettere a
posto, di ricostruire. La primavera è bella perché essa è la ricostruzione, da
parte dell'onnipotenza di Dio, della natura che nell'inverno è venuta meno. E
così, vedete, la Pasqua è bella non perché il Signore si sia sottratto alla morte,
ma perché ha vinto la morte; non perché ha impedito agli Ebrei di essere dei
deicidi, ma perché ha perdonato ai deicidi. La Pasqua è bella perché è il segno
della misericordia di Dio che ha impresso, sul volto di ogni uomo, i segni della
Redenzione.
Noi possiamo diventare cattivi, ma Cristo rimane infinitamente buono e infinitamente aperto alle nostre miserie. Vale di più saper ricostruire che distruggere. E questo è il segno più bello della bontà onnipotente ed inesausta di colui che è venuto ad aprire il Paradiso su questa terra.
Voi sapete cos'è il Paradiso? Il paradiso è sentire che c'è un cuore divino che
non si stancherà mai di battere per l'uomo, anche se l'uomo lo rinnega; che c'è
qualcuno che non si stancherà mai di spalancare le sue braccia, anche se noi
andiamo lontano. Qualcuno che è disposto a lasciarsi spaccare il cuore per
dare un porto a questo povero mondo.
(P. Mazzolari, omelia del lunedì di Pasqua, 1957)
[da: http://www.atma-o-jibon.org/italiano3/tempo_di_credere29.htm]

domenica 8 aprile 2012

Buona Pasqua... lasciamo le folle a commentare quei miracoli e i giornalisti a descriverli


E non sarà che alla Chiesa di oggi, e quindi a ciascuno di noi, Dio chieda meno protagonismo, meno organizzazione, meno recite e più vicinanza, più sincerità?
Alla mente ritorna una pagina folgorante dello scrittore Ennio Flaiano, là dove abbozzava un ipotetico ritorno di Gesù sulla terra, un Gesù, infastidito da giornalisti e fotoreporter, come sempre invece vicino ai drammi e alle fatiche dell’esistenza quotidiana: “Un uomo” – scrive – “condusse a Gesù la figlia ammalata e gli disse: “Io non voglio che tu la guarisca, ma che tu la ami”. Gesù baciò quella ragazza e disse: “In verità questo uomo ha chiesto ciò che io posso dare”. Così detto, sparì in una gloria di luce, lasciando le folle a commentare quei miracoli e i giornalisti a descriverli”.

don Angelo Casati