(Christine Cayol, Sono cattolica e sto male, traduzione di Maurizio Ferrara, Città Aperta Edizioni / Servitium, 2008), suggestivo persino nel titolo, dedica un provocante capitolo a questo tema e lo intitola così: Viva il confessionale!«È il sacramento del perdono, il più bello che possa esistere. ….
È un perdono divino, non un perdono che chiede garanzie per l'avvenire, non un perdono che dice: “Ti perdono, ma non dimentico”, “Ti perdono, ma fa' il bravo”.
No, è un perdono che dimentica.
Il fatto di dimenticare non è né incoscienza né disattenzione: è un oblio volontario e sovrano che rifiuta di dare il minimo potere al passato. Perché accade oggi.
E quest'oggi in cui si confida la propria miseria non deve essere sottomesso in nessun caso a ciò che è già avvenuto, a ciò che potrà ricominciare.
Quello che riceviamo in tale perdono è lo sguardo di Cristo, uno sguardo nuovo posato su di noi, uno sguardo che non ha mai servito e che ci restituisce non alla nostra 'innocenza', ma alla nostra novità.
Come se niente fosse accaduto, come se il tempo non avesse nessuna importanza.
“Ti amo, ti conosco.” “Non devi avere paura di te, non pensare al passato, non pensare all'avvenire: oggi ti guardo e ti amo per quello che sei”. ……
Va' come il figlio prodigo, corri a gettarti nelle braccia di tuo padre.
Ti accoglie senza condizioni. Ti vuole bene. Sta preparando la festa, è lieto del tuo ritorno al rapporto.
Sei libero, nessuno ti condannerà, nessuno ti metterà in prigione, nessuno ti serberà rancore.
Sei libero di una libertà che non sospetti, di una libertà che potrebbe anche spaventarti.
Va'. Non rimanere inginocchiato così. …..
Sei il mio amato, la mia amata, ti concedo tutto. Va' e gioisci.
Sei amato per l'eternità, hai già cambiato faccia, c'è di che essere felici.»
Ciò che mi piace nella confessione è poter entrare in un luogo scuro e silenzioso, da dove poi andar via con uno spirito di festa.»
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