lunedì 31 dicembre 2012

un fiore purtroppo raro oggi


L'ultimo giorno dell'anno: l'ora dei bilanci, l'ora dei propositi, ma soprattutto l'ora dell'azione di grazie, il giorno della gratitudine, un fiore purtroppo raro oggi, come malinconicamente è stato scritto:
E' tipico dell'uomo
scrivere i benefici ricevuti sull'acqua
e scolpire i torti subiti sulla pietra.
Ecco allora la mia preghiera di ringraziamento
antica e nuova insieme:
Ti adoro mio Dio
ti amo con tutto il cuore.
Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano,
conservato in questo anno.

domenica 30 dicembre 2012

una grande esperienza


Quando penso a certe esperienze vostre le rivedo fotografate nel mio cuore come nel resoconto qui riportato una “goccia di giustizia in mezzo al mare di Oreno” da Andrea Benetti
...arrivati a destinazione abbiamo iniziato subito la veglia con un momento di preghiera nella Basilica, con la lettura di un brano del Vangelo di Giovanni, in cui si narra della chiamata di Simon Pietro presso il mare di Tiberìade, in particolare il gettarsi di Pietro nel mare: infatti, solo accettando di attraversare personalmente la nostra pochezza e il nostro peccato, solo condividendo la compassione, caratteristica del Signore della vita, possiamo diventare uomini e donne autentici.
Dopo la parte insieme di preghiera ognuno di noi aveva tre possibilità diverse per “alimentare il fuoco della festa” suscitato in noi dallo Spirito:
1. “La brace dell’Eucarestia” adorazione silenziosa con la possibilità di scrivere una preghiera;
2. “La brace del perdono” opportunità di accostarsi al Sacramento della Riconciliazione;
3. “La brace del dialogo e del confronto” occasione di dialogare, di confrontarsi, di porre domande
ad un seminarista.
Tutto questo in un imponente edificio in un clima di concentrazione e raccoglimento, lontano dal frastuono della città.   Una grande serata e una grande esperienza.

sabato 29 dicembre 2012

imparare a non essere né arrogante né fanatico


La distinzione tra credenti e non credenti come linea di separazione tra uomini è talvolta – dobbiamo confessarlo – molto comoda perché scaccia dal credente il problema dell’incredulità che lo attraversa e lo abita. E’ difficile riconoscere che molte domande dell’ateo, del non credente non sono estranee al cuore del credente, è difficile riconoscere e accettare che l’ateismo, la non fede è al cuore della fede come la negazione è al cuore dell’affermazione. Forse molte reazioni di intolleranza dei credenti sono proprio dovute al rifiuto di una tensione interiore, sono dei tentativi di disinnescare il confronto minaccioso che li abita. Dall’incredulità il credente dovrebbe imparare a non essere né arrogante né fanatico, dovrebbe imparare ad accogliere l’enigma come una dimensione che lo costituisce, accettare la ferita bruciante che è il lui e la sua debolezza e la sua fragilità che non sono una vergogna.  Enzo Bianchi

venerdì 28 dicembre 2012

prendersi cura dell’immagine divina deformata nei volti dei fratelli e sorelle,


Lo sguardo fisso sul volto del Signore non attenua, nell’apostolo, l’impegno per l’uomo; al contrario, lo potenzia, dilatandolo di una nuova capacità d’incidere nella storia, per liberarla da quanto la deturpa. La ricerca della divina bellezza spinge… a prendersi cura dell’immagine divina deformata nei volti dei fratelli e sorelle, volti sfigurati dalla fame, volti delusi da promesse politiche, volti umiliati di chi vede disprezzata la propria cultura, volti spaventati dalla violenza quotidiana e indiscriminata, volti angustiati di minorenni, volti di donne offese e umiliate, volti stanchi di migranti senza degna accoglienza, volti di anziani senza le minime condizioni per una vita degna (CELAM 1992) – Vita consacrata 75

giovedì 27 dicembre 2012

Quando tu vivi il momento presente non è duro.


Stavo rimpiangendo il passato e preoccupandomi per il futuro. Subito il mio Dio cominciò a parlare:
"Il mio nome è IO SONO".
Tacque.
Io attesi.
Egli continuò.
"Quando tu vivi nel passato con i suoi errori e rimpianti, è duro. Io non sono là. Il mio nome non è IO ERO.  Quando tu vivi nel futuro, con i suoi problemi e paure,è duro. Io non sono là. Il mio nome non è IO SARÒ” Quando tu vivi il momento presente non è duro. Io sono qui. Il mio nome è IO SONO".
                                                                                                             (Helen Mallicoat)

mercoledì 26 dicembre 2012

Perciò è un sacramento.


Questo amore non esiste perché non osiamo crederci, perché esiste solo nella Bibbia o nei romanzi. Perciò è un sacramento. Il sacramento non protegge, espone.Non esprime la rinuncia più o meno tacita al grande amore: al contrario, esige l’amore folle. Indica semplicemente che un tale amore si esporrà non alla società, alle sue regole, alla sua misura, ma a Dio. Si esporrà a lui come ci si espone al sole, per lasciarsi crescere, senza evitare le scottature, per guadagnarne in dismisura.
Il sacramento espone a Dio: fa immergere in un amore infinito che non si sostituisce a quello che
tentiamo di vivere. E’ il segno di chi arde e respira. Di chi respira la preghiera dell’amore, il suo
afflato, la sua santità. Una preghiera rara.   (Christine Cayol, Sono cattolica e sto male, Servitium)

martedì 25 dicembre 2012

la passione, l’attrazione, la seduzione nascono dalla bellezza


La vita non avanza per ingiunzioni ma per seduzioni. E la passione, l’attrazione, la seduzione nascono dalla bellezza. La passione per Dio nasce dall’aver scoperto la bellezza di Cristo. Dio non ci attira perché onnipotente, non ci seduce perché onnisciente: per queste cose lo si può anche ammirare, perfino obbedire, ma non amare. Dio ci seduce con la vita bella di Cristo. Perché preferisce essere amato che obbedito.     (Ermes Ronchi, Tu sei bellezza)

lunedì 24 dicembre 2012

per tradire più comodamente il loro dovere, vi diranno: non serve a nulla.


Tutto sarà salvato se sapete amare. Non un giorno, di passaggio, ma intensamente, per lungo tempo e per tutti i giorni, sempre.  Non scoraggiatevi, non rinunciate, non desistete, non ascoltate i vili che, per tradire più comodamente il loro dovere, vi diranno: non serve a nulla.
Ridete in faccia agli scettici,ai prudenti, ai maligni, a coloro che vanno in pensione sin da quando sono ancora in fasce. Applaudite o denunciate, ammirate o indignatevi, ma non siate neutrali, indifferenti, passivi, rassegnati. Fate della vostra vita qualche cosa che vale. Tutto l’amore seminato, presto o tardi, fiorirà...    (Raoul Follereau)

domenica 23 dicembre 2012

Ermanno Olmi


Per ritrovare l’umanità perduta occorre tornare ad amare. Tutto qui. So che chi parla così è visto come ‘sentimentale, superato, utopico, religioso’. Chi dice che occorre amare, poverino, è un sentimentale, oppure un superato perché ci vuole altro nella vita che l’amore, oppure un utopico: sarebbe bello che ci volessimo bene come a Natale!
Oppure un religioso: per forza, è un prete e deve dire di volersi bene, se no che prete è, che cristiano è…! Ma sì, dite quello che volete! c, le loro ingenuità, viste al di fuori del loro incanto meraviglioso; gli innamorati saranno ridicoli, patetici, ma sono felici!         (Ermanno Olmi, regista)

sabato 22 dicembre 2012

Poi arriva l’inverno, e le acque gelano


L’amore, come un corso d’acqua deve essere in continuo movimento, ed è proprio quello che tu fai
con me. Ma che cosa accade alla maggioranza delle coppie? Credono che le acque del fiume
scorrano per sempre, e non se ne preoccupano più. Poi arriva l’inverno, e le acque gelano. Solo
allora comprendono che niente, in questa vita, è assolutamente garantito.
 (K. Gibran, Lettere d’amore del profeta)

venerdì 21 dicembre 2012

pensieri che vanno più per trasalimenti che non per concatenazioni logiche


Il tema è enorme, lo avete affidato a uno che non è teologo di professione,
uno che viene dalla cura pastorale e non dalle cattedre universitarie. E
questo è il pericolo che correte, quello di vedervi proporre pensieri che
vanno più per trasalimenti che non per concatenazioni logiche, forse più
per passioni che non per rigorose elaborazioni. Angelo Casati
Ripercorrerò un tema trattato dall'autore "Essere Chiesa oggi"

giovedì 20 dicembre 2012

ti cerca per ogni dove


Alda Merini:
Ma io so che mi ama
e ti dirò, anche se tu non ci credi,
che si preannuncia sempre con una
grande frescura in tutte le membra
come se tu ricominciassi a vivere
e vedessi il mondo per la prima volta.
E questa è la fede, e questo è Lui,
che ti cerca per ogni dove
anche quando tu ti nascondi
per non farti vedere.

mercoledì 19 dicembre 2012

il vero eroe è il compagno che mi afferra


Henri J.M. Nouwen in Muta il mio dolore in danza
Da quella sera che andai con mio padre al circo e restai affascinato dai trapezisti, ogni anno mi sono unito al gruppo dei miei amici circensi per una settimana. Recentemente il direttore mi ha detto: “Sai Henri, tutti applaudono me, perché quando faccio quei volteggi e quei salti mortali pensano che l’eroe sia io. Ma il vero eroe è il compagno che mi afferra. L’unica cosa che devo fare io è tendere le mani e avere fiducia, confidare che lui sarà lì a prendermi, di nuovo”. Non altrimenti è per Dio, che cinge le nostre piccole vite e attende di prenderci e tenerci stretti - nelle circostanze critiche e in quelle positive, nei momenti difficili e in quelli in cui ci libriamo in alto. A rendere questo possibile è qualcuno che è in noi e tuttavia ci trascende. Per questo la presa talvolta spasmodica che esercitiamo sulla vita - sulle sue gioie e persino sui suoi dolori - può allentarsi. Anche noi possiamo reimparare a volare: a danzare.

martedì 18 dicembre 2012

«Buon giorno!». Grazie! Signore!

Questo nuovo giorno sia veramente tuo, da te condotto nella mia vita, secondo la tua volontà. Che io sia guidata per mano da te. A te affido quanto ho di più caro: la famiglia, la vera amicizia, il lavoro, le mie responsabilità, i miei problemi, le mie sofferenze, la mia città, la mia patria. Affido a te la mia fede debole, il mio coraggio incerto, la mia fiducia spenta, la mia volontà stanca, il mio cammino disorientato. Dammi tu l'energia per vivere con dignità, per affrontare e superare le difficoltà con coerenza e con coraggio. Fammi, Signore, strumento di pace dovunque sarò, con chiunque mi incontrerò, e in qualunque vicenda verrò a trovarmi. Signore, sento che tu mi stai dicendo: «Buon giorno!». Grazie! Signore! E questo l'unico augurio di cui ho veramente bisogno, non solo perché sincero, ma perché onnipotente! FRANCA ANGELINI

lunedì 17 dicembre 2012

Senza voler ad ogni costo essere infallibile, impeccabile

Mio Dio, com'è duro aver torto! E accettarlo così; senza cercare scuse, senza cercare di fuggire questo peso dell'atto compiuto, senza cercare di addossarlo ad altri, o alla società, o al caso, o alla cattiva sorte. Senza cercare dieci ragioni valide, dieci spiegazioni prolisse per provare agli altri, e soprattutto a se stessi, che sono le cose che hanno torto, e che il mondo è fatto male. Com'è duro accettare di aver torto! Senza adirarmi perché nella mia autodifesa m'intrappolo sempre più, portando argomenti che non reggono. Senza voler ad ogni costo essere infallibile, impeccabile; e che ancora? Signore, liberami dalla paura dinanzi alla colpa di cui debbo portare le conseguenze. LUCIEN JERPHAGNON

domenica 16 dicembre 2012

Non c'è niente, in verità, tanto difficile quanto ridere e far ridere

In arte, come nella vita, tutti gli errori più grossolani derivano dalla mancanza di misura, e dalla tendenza a essere esageratamente e ostentatamente seri. I nostri grandi scrittori usano un linguaggio eccessivamente ampollo
so, e si compiacciono di frasi magniloquenti, quelli minori moltiplicano gli aggettivi e si crogiolano in quel sentimentalismo che nelle classi inferiori produce il sensazionalismo dei manifesti e il melodramma. Noi andiamo ai funerali e al capezzale dei malati molto più volentieri che ai matrimoni o alle cerimonie festose, e non siamo capaci di spazzare via dalla nostra mente la convinzione che c'è qualcosa di virtuoso nelle lacrime e che il nero è il colore che più ci si addice. Non c'è niente, in verità, tanto difficile quanto ridere e far ridere, ma non esiste qualità che valga di più. E' una lama che recide ciò che è superfluo, riproporziona e restituisce giusta misura e sincerità alle nostre azioni e alla parola scritta e parlata.

Virginia Woolf

sabato 15 dicembre 2012

E a dispetto del dolore resto innamorato in questo pazzo mondo

Come ti hanno, albero, spezzato,
come stai dritto nella tua stranianza!
mille volte hai sopportato
finchè furono in te tenacia e volontà!
Io ti somiglio con le mie ferite,
non ho tradito la vita offesa
e ogni giorno dalle asprezze subite
alzo ancora la fronte nella luce.
Quanto c’era ancora in me di dolce e delicato
il mondo l’ha ferito a morte,
ma la mia natura è indistruttibile
sono appagato, soddisfatto,
paziente metto nuove foglie
sul ramo spezzato mille volte.
E a dispetto del dolore resto
innamorato in questo pazzo mondo.

Hermann Hesse 

venerdì 14 dicembre 2012

percepisci che il rapporto con questa persona, ciò che essa suscita in te, è segno del tuo rapporto con l’eterno


La permanenza della tenerezza e quindi della letizia che ne nasce
– la tenerezza è il crepuscolo del possesso, il crepuscolo del mattino o il crepuscolo della sera –,
la permanenza della tenerezza esige che sia una tenerezza vera;
deve essere proprio una tenerezza vera
per resistere,
per permanere.
Per essere una tenerezza vera
deve amare in modo vero l’oggetto e
l’oggetto deve essere percepito per quello che veramente è.
Come faresti tu ad avere tenerezza verso un essere che ti dà la vita 
come tua madre
e poi ti abbandonasse,
perché a un certo punto muore?
È una tenerezza oggi che, se ci pensi, annega già da oggi in un bidone di tristezza.
Tu vuoi bene particolarmente a una persona,
ma come fai a voler bene particolarmente a una persona, a sentirne tenerezza,
pensando
che domani non la vedi più,
che domani muore o che domani va nel Kamciatka, che è in fondo, a est della Russia?
Come faresti?
Solo se tu percepisci
l’eternità della compagnia con questa persona,
solo se tu percepisci
che il rapporto con questa persona, ciò che essa suscita in te,
è segno del tuo rapporto con l’eterno,
allora il rapporto con questa persona è un rapporto eterno,
l’amore per questa persona è un amore eterno.
L.Giussani, Si può vivere così? Uno strano approccio all’esistenza cristiana BUR

giovedì 13 dicembre 2012

si ritrova come prima in mezzo alle necessità di una trama di rapporti


Il Wanderer è l’uomo che se ne va,
non il camminatore (il camminatore ha uno scopo davanti),
ma l’uomo che cammina smarrito e se si può beare di qualche cosa, si bea del suo spontaneismo alla deriva, alla mercé di chissà che.
Il vagabondo se ne va,
continua la sua strada che non una strada perché è senza scopo e senza missione,
non ha un fine e non ha una fine.
Per questo è condannato a fuggire,
innanzitutto da se stesso, spinto non da un desiderio,
ma da una insoddisfazione che che diventa condanna.
Fuggire, fuggire, fuggire, e dopo tre giorni di corsa,
come il Wanderer di Schubert,
dopo tre giorni di cammino alla cieca,
si ritrova come prima in mezzo
alle necessità di una trama di rapporti.
Pensate se questo non descrive tante giornate e
la vita di tanta gente che abbiamo intorno.
Luigi Giussani, Spirto gentil, Bur Saggi

mercoledì 12 dicembre 2012

volevo salire là in alto per vedere… e per capire


spetto che passi la notte,
notte lunga da passare
e sento il mio cuore che batte
e non smette di sognare…
Vorrei ritornare bambino nella casa di mio padre,
le storie davanti al camino e la voce di mia madre…
La notte che ho visto le stelle non volevo più dormire,
volevo salire là in alto per vedere…
e per capire
Ascolto il silenzio dei campi
dove sta dormendo il grano,
il giorno fu pieno di lampi,
ma ora il tuono è già lontano…
Vorrei ritornare bambino nella casa di mio padre,
le storie davanti al camino e la voce di mia madre…
La notte che ho visto le stelle non volevo più dormire,
volevo salire là in alto per vedere…
e per capire
La luna nasconde i suoi occhi
come donna innamorata,
il fiume l’aspetta nell’acqua
ed una notte l’ha baciata…
Vorrei ritornare bambino e guardare ancora il fuoco,
la storia più grande è il Destino che si svela a poco a poco:
la notte che ho visto le stelle non volevo più dormire,
volevo salire là in alto per vedere…
e per capire
Claudio Chieffo

martedì 11 dicembre 2012

conoscere quello che manca


“(..) Conoscere sé stessi è conoscere la propria regione. E’ anche conoscere il mondo ed è altresì, paradossalmente, una forma di esilio dal mondo. Il valore dello scrittore si perde, per sé e la sua terra, non appena cessa di considerarla come una parte di sé, e conoscere se stessi è, soprattutto, conoscere quello che manca. E’ misurare se stessi con la Verità, non il contrario”.
Flannery O’Connor

lunedì 10 dicembre 2012

Quando noi comprenderemo che Dio è la misericordia, l’amore


Spesso accade che, guardandosi nel cuore e pensando a Dio, si provi un disagio
difficilmente definibile, come se Dio non fosse contento delle nostre scelte, della nostra
vita. Come se si avvertisse una sorta di paura ad apparire davanti a Lui, ad aprirgli i
nostri scrigni nascosti, così intimi, personali. La questione fondamentale evidentemente
rimane sempre quella dell’immagine di Dio. Quando l’uomo si lascia sorprendere da
Dio, in maniera che Dio gli possa rivelare la sua vera immagine, allora e solo allora
questo sguardo nel cuore cambia. Quando noi comprenderemo che Dio è la
misericordia, l’amore, che Dio è come le viscere materne che fremono per noi, la vita
sarà una festa. E guardare nel proprio cuore sarà sempre guardare nella libertà…
(Rupnik, Gli si gettò al collo)

domenica 9 dicembre 2012

ogni mattina un regalo straordinario

Ogni mattina il potente e ricchissimo re di Bengodi riceveva l'omaggio dei suoi sudditi.
Aveva conquistato tutto il conquistabile e si annoiava un po'.
In mezzo agli altri, puntuale ogni mattina, arrivava anche un silenzioso mendicante, che portava al re una mela. Poi, sempre in silenzio, si ritirava.
Il re, abituato a ricevere ben altri regali, con un gesto un po' infastidito, accettava il dono, ma appena il mendicante voltava le spalle cominciava a deriderlo, imitato da tutta la corte.
Il mendicante però non si scoraggiava. Tornava ogni mattina a consegnare nelle mani del re il suo dono.
Il re lo prendeva e lo deponeva macchinalmente in una cesta posta accanto al trono. La cesta conteneva tutte le mele portate dal mendicante con gentilezza e pazienza. E ormai straripava.
Un giorno la scimmia prediletta dal re prese uno di quei frutti e gli diede un morso, poi lo gettò sputacchiando ai piedi del re: il sovrano, sorpreso, vide apparire nel cuore della mela una perla iridescente.
Fece subito aprire tutti i frutti accumulati nella cesta e trovò all'interno di ogni mela una perla. Meravigliato, il re fece chiamare lo strano mendicante e lo interrogò.
"Ti ho portato questi doni, sire - rispose l'uomo - per farti comprendere che la vita ti offre ogni mattina un regalo straordinario, che tu dimentichi e butti via, perché sei circondato da troppe ricchezze. Questo regalo è il nuovo giorno che comincia".
Don Mirko Bellora

sabato 8 dicembre 2012

Impariamo dagli alberi


Gesù nel  Vangelo di Matteo (13,31-32) dice:
la Chiesa è come un grande albero presso cui nidificano
a loro vantaggio ogni specie di uccelli.
Guardiamo a questo grande albero.
Gli alberi ci parlano.  
Impariamo dagli alberi.
Impariamo dagli alberi a custodire le radici,
cioè il  segreto che ci fa vivere: Gesù di Nazareth.
Impariamo dagli alberi ad essere accoglienti, ospitali,
come i rami di un albero per gli uccelli.
Impariamo dagli alberi a costruire una comunità
rampa di lancio:
sui rami ci si posa per un po’
e poi si vola via … nella città., in mezzo alla gente.
Impariamo dagli alberi a donare senza chiedere:
come un albero, felice se gli si toglie il peso dei frutti.
Impariamo dagli alberi a non smettere di sperare
perché la primavera torna sempre,
dopo il freddo e il gelo dell’inverno.
Impariamo dagli alberi ad essere radicati
in piena terra e in pieno cielo.

venerdì 7 dicembre 2012

Libera le tue antenne interiori: il Maestro cammina lì vicino.

Metti il tuo orecchio contro la terra
E interpreta i rumori.
Quello che domina sono dei passi inquieti e agitati,
passi pesanti di amarezza e ribellione.
Non si sentono ancora i primi passi della speranza.
Accosta di più il tuo orecchio alla terra.
Trattieni il fiato.
Libera le tue antenne interiori:
il Maestro cammina lì vicino.
E' più facile che sia assente nelle ore felici
che in quelle dure, dai passi malcerti e difficili ...
(Dom Helder Camara)

giovedì 6 dicembre 2012

un po' lo specchio dell'anima


Ti benedica il Signore e ti protegga
Il Signore faccia brillare su di te il suo volto
E ti sia propizio.
Il Signore rivolga su di te il suo volto
E ti conceda pace.
(Num 6, 24 - 26)
Così commenta questo testo mons. Gianfranco Ravasi:
il viso è l'espressione della persona
e dei suoi sentimenti,
è un po' lo specchio dell'anima.
Due innamorati riescono reciprocamente a leggere
sui loro volti
mille segreti, messaggi, ammiccamenti.
"Contemplare il volto di Dio" è nella Bibbia
il vertice dell'intimità del fedele.
Il "volto brillante" di Dio è segno di felicità,
di salvezza, di speranza,
è la rappresentazione del suo sorriso,
che è fonte di armonia e di pace per il fedele.
D'altronde la luce è per eccellenza
simbolo del divino, dell'infinito e dell'eterno.

mercoledì 5 dicembre 2012

Tocca a noi, allora, popolo tutto intero di battezzati, depositari della speranza cristiana


Dei capi carismatici la gente oggi comincia a dubitare.
Il mestiere del «leader» non regge più, e men che meno nella Chiesa.
Tocca a noi, allora, popolo tutto intero di battezzati, depositari della speranza cristiana, passare per le strade del mondo e proclamare insieme:
«Coraggio, gente, non ti deprimere.
Se avverti il riacutizzarsi di antiche angosce.
Se ti sgomenta la solitudine della strada e l'indifferenza dei tuoi compagni di viaggio.
Se sperimenti i brividi di vecchi deliri e di nuove paure.
Se ti opprime il buio della notte che non termina mai...
Non perderti d'animo,
perché non è detta l'ultima parola.
Alzati e cammina con noi.
O almeno prova a guardare nella nostra stessa direzione.
In fondo c'è una luce.
E c'è un Uomo che, nonostante tutto,
è capace di presentarti il tratto di strada che ti rimane, lungo o breve che sia,
come un'occasione straordinaria di rinascere».
Don Tonino Bello

martedì 4 dicembre 2012

Voi mi capite, dentro un mondo che fa questione di ruoli di successo, di pubblicità, di riconoscimenti, di rilevanza mediatica - esisti. se vai in televisione


fa pensare il fatto che questo sia in qualche modo l’ultimo gesto del ministero pubblico di Gesù, poi vengono i discorsi sugli ultimi giorni, poi la settimana della Passione e Risurrezione. Ecco Gesù conclude la sua attività pubblica con questa vedova, povera, che nel tesoro del tempio mette tutto quello che aveva.
Alla fine del vangelo lui chiama i discepoli, ma anche noi, a osservare questa donna, vedova, povera, lei miracolo compiuto del Vangelo. Alla fine del ministero, è lei, pensate a raccogliere l’eredità del suo messaggio.
Chiama i discepoli, li convoca, per che cosa? Perché puntino gli occhi su di lei: “In verità, io vi dico”: c’è un insegnamento, insegnamento importante. E chi mette in cattedra? Una poveretta, direbbe qualcuno.
Guardate che è la rivoluzione. E ancora non ci siamo. E’ la rivoluzione. Perché? Perché “mette sulla cattedra” una donna, mai più! E poi vedova, senza appoggi affettivi, e poi povera senza appoggi economici, quasi il simbolo dell’insignificanza. E la mette a insegnare. E noi chi mettiamo a insegnare nella chiesa, nelle case, nel nostro paese?
Mette sulla cattedra la donna, e nello stesso tempo spodesta dalle cattedre coloro che vi sono installati, illegittimamente installati: “Sulla cattedra di Mosè si sono installati gli scribi e i farisei” (Mt 23,1).
Porta lo sguardo” sulla donna e ha appena finito di fare appello perché si “distolga lo sguardo” dai personaggi che passeggiano per le strade ma anche per le cose sacre. Ha appena finito di dire “guardatevi da”, come volesse dire, “via lo sguardo da”, via gli occhi dalla loro cattedra. Non sono persone, sono personaggi. Detronizzateli dentro, sembra dire, detronizzateli nei vostri occhi e nel vostro cuore. E li indica con immagini che non appartengono solo al passato del suo tempo, hanno attraversato purtroppo, in lungo e in largo, la storia e contaminano anche il nostro tempo, spettacolo triste dei professionisti anche del sacro, che amano passeggiare con lunghe vesti variamente colorate, e hanno palchi nelle piazze, primi posti nelle liturgie civili e si gloriano di nomi altisonanti. La condanna per loro dice Gesù, è più severa, perché coprono con il nome di Dio la loro vanità, che crea distanza dalla gente comune, coprono la loro rapina, perché con il nome di Dio divorano le case delle vedove. Sbandierano il ruolo, ma sono solo apparenza, sono ipocrisia. Nel tempio ci sono, ma non con il cuore. Non sono veri.
Mi chiedo se questo non potrebbe essere un esercizio da compiere oggi e da insegnare , insegnare a detronizzare.
Ma nel tempio per grazia c’è quella donna, vera, lei sì c’è, con la profondità e la verità di sé stessa, lei così com’è, c’è con il cuore. Lei da mettere in cattedra.
Voi mi capite, dentro un mondo che fa questione di ruoli di successo, di pubblicità, di riconoscimenti, di rilevanza mediatica - esisti. se vai in televisione, e se non sei là non esisti - dentro un mondo in cui ci si incontra tra maschere, dietro i ruoli, ecco la donna che Gesù mette in cattedra.
Perché la mette in cattedra? “ Amen, dice, “ in verità vi dico: questa vedova così povera ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo, lei invece nella sua miseria vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. Sembra di ascoltare una beatitudine. (Angelo Casati )

lunedì 3 dicembre 2012

Beato colui che ascolta la voce: vieni Cristo Gesù! Vieni incontro a me, non so più come andare avanti, come liberarmi da questa inquietudine, da questa tristezza.

Dovremmo pensare che all’inizio della vita l’uomo non è ancora nato, ma nasce nel tempo. Può nascere deforme, insensibile, egoista, involuto, ma il tempo è l’opportunità data all’uomo perché nasca verso la liberazione da se stesso. La vera nascita è quando l’uomo diventa dono, offerta di sé, pienezza, e così raggiunge la sua vera identità. Questo è il tema della nostra vita: o camminiamo verso la nascita, la gioventù, la bellezza, il senso che Dio ha dato alla vita, oppure camminiamo verso la morte vera, quella che colpisce anche l’invisibile. Il passaggio liturgico dall’anno vecchio all’anno nuovo ci mette di fronte a questa responsabilità: com’è bello quando Gesù dice che egli verrà dalle nubi, nella sua bellezza… questa immagine non è illusione, è realtà – la tragica illusione è quando dimentichiamo che nella vita non possiamo stare fermi. Beato colui che ascolta la voce: vieni Cristo Gesù! Vieni incontro a me, non so più come andare avanti, come liberarmi da questa inquietudine, da questa tristezza. Vieni Signore Gesù. Questo atto di fede deve essere il senso della liturgia. Evidentemente il tempo ci deforma, ci corrode, ci porta pesi e tristezze, ma tutto diventa bello quando la meta è verso il sole di giustizia, verso il Divino che ha promesso che ci verrà incontro, ci salverà. Passerà questa generazione, il cielo e la terra passeranno, ma le mie promesse non passeranno. Voi camminate verso di me, verso la luce del mio passaggio e la vostra morte sarà vera vita. 30 novembre 1912 - 30 novembre 2012: Arturo Paoli compie 100 anni.

domenica 2 dicembre 2012

a volte ci manca, non dico la gioia trepida del possedere, ma la consapevolezza di essere redenti

Credere è grazia e spesso ci manca la gioia del dono, 
che è il primo annuncio dell’avvento del Salvatore. 
Portiamo con così poca sicurezza il nostro privilegio di credenti che 
a volte ci manca, 
non dico la gioia trepida del possedere, 
ma la consapevolezza di essere redenti
I lontani se ne vanno subito, dal nostro modo umiliato e rassegnato di stare nel mondo ... 
Il mondo è in cerca di gioia ... 
Il mondo ha diritto di accorgersi che, 
con il Natale del Signore, la gioia è entrata nel mondo, 
e che coloro che credono in Lui, 
essendo capaci di gioia, lasciano intravedere, 
nel loro imperfetto gaudio, 
la sorgente inesauribile della perfetta letizia ... 
La gioia del Natale non passa forse per la strada delle Beatitudini, 
per dove di solito si pensa non debba passare la gioia? (don Primo Mazzolari)

sabato 1 dicembre 2012

la briciola diventa un mondo

Inginocchiato in un angolo della taverna di Emmaus, guardo al mistero che si compie nelle mani del pellegrino.
E’ piccola l’ostia ... e basta per un Dio ... Anche una briciola gli basta! Anche la briciola vale tutto, tutto l’amore. Onnipotenza dell’amore!
La piccola ostia, la briciola che è tutto il Signore, a questo povero uomo mercante di felicità, insegna che la felicità è qualcuno: tu, mio Signore.
E la briciola diventa un mondo. C’è qualcosa di eucaristico in ogni creatura, e chi scorge, con la fede, la presenza del pane, finisce per scoprire che tutto è mistero, e che ciò che tocco e capisco non è che l’attimo, l’apparenza o il velo di una realtà che mi sorpassa infinitamente.
Quando esco dalla mia chiesa, come i due che escono dalla taverna, il mistero che ho visto e adorato nell’ostia rifulge ovunque ... e ogni creatura prende le proporzioni della briciola di pane, davanti alla quale mi sono inginocchiato, adorando. (don Primo Mazzolari)

venerdì 30 novembre 2012

Rendili innamorati della Terra

Spirito del Signore, 
dono del Risorto agli Apostoli del Cenacolo, 
gonfia di passione la vita dei tuoi presbiteri.
Riempi di amicizie discrete la loro solitudine.
Rendili innamorati della Terra,
e capaci di misericordia per tutte le sue debolezze.
Confortali con la gratitudine della gente con l'olio della comunione fraterna.
Ristora la loro stanchezza,
perché non trovino appoggio più dolce per il loro riposo
se non sulla spalla del Maestro.
Liberali dalla paura di non farcela più.
Dai loro occhi partano inviti a sovrumane trasparenze.
Dal loro cuore si sprigioni audacia mista a tenerezza.
Dalle loro mani grondi i il crisma su tutto ciò che accarezzano.
Fa risplendere di gioia i loro corpi.
Rivesti loro di abiti nuziali e cingili con cinture di luce perché,
per essi e per tutti, lo Sposo non tarderà.
(mons. Tonino Bello)

giovedì 29 novembre 2012

vivere è come il suo cammino: senza fine


Christian Bobin nel suo libro L'uomo che cammina:
Cammina.
Senza sosta cammina.
Va qui e poi là.
Trascorre la propria vita su circa sessanta chilometri di lunghezza, trenta di larghezza.
E cammina.
Senza sosta.
La morte, il vento, l'ingiuria: tutto riceve in faccia, senza mai rallentare il passo.
Si direbbe
che ciò che lo tormenta è nulla rispetto a ciò che egli spera.
Che vivere è come il suo cammino: senza fine.
Va dritto alla porta dell'umano.
Aspetta che questa porta si apra.
La porta dell'umano è il volto.
L'uomo che cammina è
quel folle che pensa
che si possa assaporare una vita
così abbondante
da inghiottire perfino la morte.

mercoledì 28 novembre 2012

Amo ridere, giocare.


“Mi è sempre piaciuto osservare, badare alle sfumature…
Mi piacciono le persone che “dicono qualcosa” e che sanno ascoltare, le persone che ragionano con la propria testa.
Mi piace il battito di ciglia o il sorgere leggero di un sorriso, la voce musicale.
Mi piace ascoltare buona musica, amo suonare, non potrei farne a meno, mi piace diventare cosa unica con ciò che suono, esplodere dentro.
Mi piace guardare le mie dita scivolare sul manico della chitarra, stanno bene insieme, lì…
Amo gli occhi di una donna, la sua pelle, la sua passione, tutto.
Parlo tanto, fin troppo, ma ci sono momenti che rimango in silenzio ad ascoltarmi.
E’ in quei momenti che fabbrico i miei pensieri più veri, mentre cammino per le strade, osservando la gente che passa, ascoltando i discorsi, a volte assurdi, di alcune persone o assaporando il sole che mi scalda dentro.
Amo ridere, giocare.
Amo le cose belle, le belle storie che dicono qualcosa, mi piace tutto ciò che fa palpitare il cuore.
E’ bello aver la pelle d’oca, significa che stai vivendo.”

— Josè Saramago

martedì 27 novembre 2012

non solo vicino a Dio, ma in Dio

Respirate: Dio è facile, come respirare.
Dio è indispensabile, come il respiro.
Dio è dimenticato come il respiro.
Dio è il primo atto dell’uomo, come il respiro per il partorito.
Dio entra in me, come il respiro è dentro e si dirama come ossigeno, vita del mio sangue, per tutto il corpo.
Come si prende coscienza del respiro, così possiamo prendere, dobbiamo prendere coscienza che siamo in Dio, non solo vicino a Dio, ma in Dio, Dio in me. Cristo che vive in me.
Ermes Ronchi

lunedì 26 novembre 2012

Dio non è un problema, è una esperienza

La conoscenza nella Bibbia avviene attraverso l’ascolto  e nell’ascolto. Nel linguaggio biblico l’ascolto (ascolta Israele) significa adesione, una partecipazione, un’intimità, una comunione, un’esperienza d’amore.La conoscenza d’amore va oltre la conoscenza razionale. La conoscenza di due innamorati ha canali che sono oltre e altri rispetto a quelli, per esempio della logica formale.La verità si conosce soprattutto per via d’amore ed è espressa con un vocabolo EMET che ha la stessa radice di una parola che pronunciamo spesso: amen. E’ il sostantivo della fede, ma che di sua natura significa: fedeltà. Stabilità. Sicurezza. Tranquillità, Essere fondati su. Per cui la verità è abbandonarsi a una persona, al suo abbraccio che ti avvolge, ti sostiene, ti dà sicurezza.Dio non è un problema, è una esperienza. Una esperienza che tocca il nervo della vita.
Ermes Ronchi

domenica 25 novembre 2012

Le cose di un tempo sono così piccole al confronto!


Se conoscessi il mistero immenso del Cielo
dove ora vivo, questi orizzonti senza fine,
questa luce che tutto investe e penetra,
non piangeresti se mi ami!
Sono ormai assorbito nell'incanto di Dio,
nella sua sconfinata bellezza.
Le cose di un tempo sono così piccole al confronto!
Mi è rimasto l'amore di te, una tenerezza dilatata che tu neppure immagini.
Vivo in una gioia purissima.
Nelle angustie del tempo pensa a questa casa ove un giorno saremo riuniti oltre la morte, dissetati alla fonte inestinguibile
della gioia e dell'amore infinito.
Non piangere se veramente mi ami!
(S.Agostino)

sabato 24 novembre 2012

“E tu , per chi cammini ?”

Un rabbino, saggio e timorato di Dio, una sera, dopo una giornata passata a consultare i libri delle antiche profezie, decise di uscire per la strada a fare una passeggiata distensiva. Mentre camminava lentamente per una strada isolata, incontrò un guardiano che camminava avanti e indietro, con passi lunghi e decisi, davanti alla cancellata di un ricco podere. “Per chi cammini, tu?”, chiese il rabbino, incuriosito. Il guardiano disse il nome del suo padrone. Poi, subito dopo, chiese al rabbino: “E tu , per chi cammini ?”. Questa domanda si conficcò nel cuore del rabbino.

venerdì 23 novembre 2012

metafora adatta alla vita postmoderna


Ma c’è un’altra metafora adatta alla vita postmoderna: quella del turista.
Forse solo insieme il vagabondo e il turista sono in grado di esprimere la realtà piena di una tale vita. Come il vagabondo, il turista sa che non rimarrà a lungo dove è arrivato.
E come il vagabondo egli dispone soltanto del suo tempo biografico per seguire un percorso; nient’altro può ordinare le sue mete in una successione temporale.
Questo vincolo, o limite, si traduce nell’esperienza della flessibilità dello spazio: quali che siano i loro significati intrinseci, quale che sia la loro collocazione “naturale” nell’“ordine delle cose”, tali mete possono essere ammesse o no nel mondo del turista solo secondo la sua discrezione.
È la capacità estetica del turista –
la sua curiosità, il suo bisogno di divertimento, il suo voler vivere, e l’attitudine a vivere, nuove, piacevoli e piacevolmente nuove esperienze –
a possedere una libertà quasi totale di costruire lo spazio del suo mondo della vita; il genere di libertà che il vagabondo –
la cui sopravvivenza dipende dalle dure realtà dei luoghi visitati e che può evitare il senso di disagio solo fuggendo –
può solo sognare.
[...] Il mondo è l’ostrica del turista. Il mondo è lì per essere piacevolmente vissuto e quindi dotato di significato. Nella maggior parte dei casi il significato estetico è il solo di cui abbia bisogno e che possa avere.
L’alternativa di una vita turistica...
(Z. BAUMAN, Le sfide dell’etica [Saggi Universale Economica Feltrinelli 2224], Feltrinelli, Milano 2010, 245-246).

giovedì 22 novembre 2012

Per il manifestarsi dell’anima, per il suo fiorire, il rapporto con il mondo non è evidentemente indifferente.


Se bisogna rinunciare a pensare ad uno sviluppo dell’anima, a una formazione o trasformazione delle qualità dell’anima, secondo la natura della capacità psichica, non bisogna invece rinunciare al pensiero di un accrescimento e di una maturazione dell’anima che si differenzia totalmente da un tale sviluppo.
L’anima non si presenta fin dall’inizio dello sviluppo psichico di un individuo, ma diventa visibile soltanto gradualmente.
E se il mondo “continua a scontrarsi in ogni singolo uomo” accade che anche l’anima continua a trasformarsi.
Sotto la coltre dello sviluppo psichico l’anima matura e imprime il suo marchio allo sviluppo, senza esserne essa stessa determinata. Il maturare e il palesarsi della vita e dello sviluppo del carattere vanno distinti l’uno dall’altro.
Per il manifestarsi dell’anima, per il suo fiorire, il rapporto con il mondo non è evidentemente indifferente.
Questo genere di rapporto, però, è completamente diverso dagli effetti che le circostanze esterne esercitano sulla formazione delle disposizioni originarie.
Perché una determinata disposizione possa dispiegarsi,
perché le capacità psichiche corrispondenti possano svilupparsi,
sono necessarie determinate circostanze esterne, ad esempio per un talento artistico è importante il rapporto con i valori estetici di riferimento.
È impossibile dire che cosa possa servire all’anima per il suo risveglio.
Tutto e qualsiasi cosa può improvvisamente entrare in una profondità in cui niente fino allora era capace di inoltrarsi.
Se ciò accade, non si viene a formare questa o quella capacità, ma è tutta la ricchezza dell’anima che si riversa nella vita attuale ed appare in essa, e solo allora la vita si fa “piena di calore”.
(E. STEIN, Psicologia e scienze dello spirito. Contributi per una fondazione filosofica, Città Nuova, Roma 1996, 250-251)

mercoledì 21 novembre 2012

questo è il punto più profondo dell’anima


La mia anima ha estensione e profondità,
può essere riempita da qualcosa,
qualcosa può penetrare in essa.
In essa io sono a casa,
in modo totalmente diverso da come una topografia della persona lo sono nel mio corpo vivente.
Nell’io non posso essere a casa.
Ma anche l’io stesso, finché viene inteso come “io puro”, non può sentirsi a casa.
Solo un io che ha l’anima può sentirsi a casa e, a partire da ciò, si può anche dire che si sente a casa quando è in se stesso.
Allora anima ed io si avvicinano totalmente. Non ci può essere un’anima umana senza l’io; ad essa appartiene la struttura personale.
Tuttavia un io umano deve essere anche un io che ha l’anima, non può esistere senza anima, i suoi atti si caratterizzano, essi stessi, come “superficiali” o “profondi”, hanno radice in una maggiore o
minore profondità dell’anima. A seconda degli atti in cui, di volta in volta, l’io vive, esso occupa una posizione nell’anima.
Vi è, però, un punto nello spazio dell’anima in cui l’io trova
il suo luogo proprio,
il luogo della sua pace,
che esso deve cercare finché non lo abbia trovato
e a cui sempre deve tornare se lo ha abbandonato,
questo è il punto più profondo dell’anima.
Solo da qui l’anima può “raccogliersi”, poiché da nessun altro punto può abbracciare se stessa totalmente.
Solo da qui può prendere decisioni in piena coscienza, da qui può impegnarsi per qualcosa, può sacrificarsi e donare se stessa.
Questi sono tutti atti della persona.
Io devo prendere decisioni, devo impegnarmi, ecc.
questo è l’io personale che, allo stesso tempo, è un io animato, che appartiene a questa anima e in essa ha la sua dimora.
(E. STEIN, La struttura della persona umana, Città Nuova, Roma 2000,
132).

martedì 20 novembre 2012

una parola che è utile alle anime, la capisco dal male che mi fa


Insegnare, figliolo, non è una cosa da ridere! Non ti parlo di quelli che se la cavano con degli imbonimenti: ne vedrai un buon numero nel corso della vita, imparerai a conoscerli.
Verità consolanti, le chiamano.
La verità prima libera, poi consola.
Comunque non si ha diritto di definire una cosa del genere “consolazione”.
Perché non dire allora “condoglianze”?
La parola di Dio! È un ferro rovente la parola di Dio. E tu che la insegni vorresti pigliarla con le molle per non bruciarti, non la afferreresti a piene mani?
Lasciami ridere: un prete che scende un po’ ringalluzzito ma contento dal pulpito di Verità, con la bocca a culo di gallina, non ha predicato, ha fatto le fusa se mai. Bada che può capitare a chiunque: siamo dei poveri dormienti, e certe volte che fatica del diavolo vegliarsi! Anche gli apostoli, comunque, dormivano a Getsemani. Ma insomma bisogna distinguere. E capirai anche che chi si scalmana e suda come un facchino non sempre è più sveglio degli altri. No, dico soltanto che quando per caso il Signore mi cava fuori una parola che è utile alle anime, la capisco dal male che mi fa.
(G. BERNANOS, Diario di un parroco di campagna [I meridiani], Mondadori, Milano 2006, 584).

lunedì 19 novembre 2012

pensieri già da noi pensati,

"Leggendo non cerchiamo idee nuove,
ma pensieri già da noi pensati,
che acquistano sulla pagina un suggello di conferma.
Ci colpiscono degli altri le parole che risuonano in una zona già nostra
– che già viviamo –
e facendola vibrare ci permettono
di cogliere nuovi spunti dentro di noi." -
Cesare Pavese

domenica 18 novembre 2012

E il Paradiso? Tanto Gesù chiude un occhio! Ci penseremo alla fine!

Mi sembra bello riportare oggi la conclusione di Padre Tiziano Sofia del 14 e 15 novembre, alla luce della Parola di questa domenica.

Noi preti abbiamo ormai paura di parlare chiaro, tanto nessuno ci ascolta più, anzi ci deridono. Le nostre prediche menano il can per l'aia; la gente ci obbliga a parlare con garbo, con la caramellina in bocca, e pochino ... perché tutti hanno cose più importanti da fare, guardare, ... come un'importante partita di calcio, o Formula 1, o la gita, la pesca, la caccia, ecc, ecc. - E il Paradiso?
Tanto Gesù chiude un occhio! Ci penseremo alla fine!
Proprio no: ci offende e ci dà del Satana, a ciascuno di noi. Ma come, non siamo venuti ad ascoltare la Messa? Per quanto riguarda la comunione, beh ... parecchi scappano a tempo (magari lasciando sbattere la porta!). E' come dire: andiamo alle nozze di un amico, ma scappiamo via alla chetichella al momento del banchetto!
Ci pensa Paolo a rincarare la dose di Cristo:
" Dio ha manifestato in Gesù il proprio amore per noi?
Bene, ora tocca a noi: offriamo NOI STESSI a Dio in sacrificio vivente, a LUI in PERSONA. Lo gradirà. ... Lasciatevi trasformare da Dio con un completo mutamento della nostra mente. Sarete così capaci di comprendere qual'è la volontà di Dio, vale a dire quel che è buono, a Lui gradito, perfetto in vista del suo Regno" (Rm 12,1s).
Non freniamo Cristo. Non serve. C'è in pallio non una coppa o uno stendardo, ma niente meno che il REGNO DI VITA ETERNA!
il PARADISO

sabato 17 novembre 2012

dentro melodie sorprendenti

Mi hai fatto senza limiti 
perché così è il tuo amore.

Questo fragile vaso 
continuamente svuoti 
e continuamente riempi 
di vita sempre nuova.

Tu porti per valli e colline 
questo piccolo flauto di canna 
e vi zufoli dentro melodie sorprendenti.

Alla carezza delle tue mani 
si smarrisce il mio cuore 
in gioia sconfinata 
e canta melodie ineffabili.

Sulle mie piccole mani 
discendono i tuoi doni infiniti. 
Passano i giorni
e tu continui a versare, 
ma resta sempre spazio da colmare.


RABINDRANATH TAGORE

venerdì 16 novembre 2012

che io ritrovi la mia anima

Signore,
So bene che Tu sei in me,
Ma io non mi sento più abitato da Te.

Sono diventato così sterile,
Non irradio più la Tua luce,
Non produco più niente,
Sono come uno scoglio isolato
che nessuna onda sfiora ancora.

Quando allora
mi lascerò di nuovo
commuovere da Te,
impressionare da Te,
invadere da Te?

Quando ritornerò al Tuo porto?
Quando ritroverò la pace
della Tua presenza?
Quando tornerò ad essere
un vivente
animato dal meglio di Te?

Oh, Signore
Vieni,
che io ritrovi la mia anima.


Louis Evely

giovedì 15 novembre 2012

sì, ma non troppo


Continuava così Padre Tiziano Sofia
Cristo ha un progetto ben definito:
  • A Gerusalemme, fuori le mura, sulla croce deve morire per volontà dei capi, che non sanno di fare il gioco di Dio: distruggere la morte per sempre ... con la resurrezione, con la piena collaborazione di Gesù!
  • Ci chiede di seguirlo nelle due tappe: ma ci chiede una morte tutta strana; MORIRE A NOI STESSI, cioè ai nostri programmi di vita, molto riduttivi e miopi.
Ma ne abbiamo davvero voglia o facciamo il doppio gioco? Con Cristo, sì, ma non troppo! "Non esageriamo!!!!"
Che Cristo ci benedica per farci star bene su questa terra! Macché! Ci dà dei satanassi! Avversari! Siamo un poco tutti permalosi noi cristiani: ce la prendiamo con chi parla chiaro, come Cristo con Pietro.
Guai ai preti che esagerano nelle prediche! Parlino pure ma pochi minuti e ci lascino dormire tranquilli ... in chiesa e a casa!
E noi preti ci siamo adattati, come Pietro, ad una predicazione blanda, inodore, sonnifera. Da melatonina!
Sì, Dio ci ha chiamati, noi preti, come chiamò tanti profeti, tra cui Geremia: che griderà all'inganno!
"Signore tu mi hai sedotto
e io non ho saputo resisterti.
Hai fatto ricorso alla forza
e hai ottenuto quel che volevi.
MI DISPREZZERANNO DA MATTINA A SERA,
TUTTI RIDONO DI ME! 
Io parlo, e ogni volta subito devo chiedere aiuto
e gridare contro la violenza e l'oppressione.
TUTTO IL GIORNO SONO INSULTATO E DERISO,
perché annuncio la tua parola, Signore! ...". (Ger 20,7s)
Ma improvvisamente Geremia si riprende, accetta la sua vocazione e missione: mentre stava pensando di lasciare Dio e la predicazione profetica, ecco
"Ho sentito dentro di me come un fuoco
che mi bruciava le ossa.
Ho cercato di contenerlo, ma non ci sono riuscito". (Ger 20,8s)

mercoledì 14 novembre 2012

E se decidi, non fare come Pietro


Non è obbligatorio bere, mangiare, respirare, dormire ...
  • ma se proprio non vuoi farlo ... è certo che morirai.
  • Non è obbligatorio imparare a leggere, e a scrivere; ma se non lo fai, per tua colpa "grave", non sai cosa ti perdi!
  • Non è obbligatorio lavorare, ma se non lo fai non mangi!
  • Non è obbligatorio seminare, ma se non lo fai non raccogli!
  • Non è obbligatorio niente, neppure andare in Paradiso, ma se non percorri il cammino che è Cristo Crocifisso e Risorto, non ci andrai mai. E hai solo questo tempo terreno per decidere.
Cristo non è un'opzione tra le tante!
E se decidi, non fare come Pietro, trattato da Gesù come un Satana (satanasso!) perché ha voluto opporsi al programma di Gesù, deciso ad andare incontro alla Croce, ma anche, e soprattutto, alla Risurrezione per tutti noi.
  • Se ti metti davanti per bloccarlo, Egli ti urla:
  • Mettiti dietro di me, Satana!
  • Togliti dai piedi e lasciami andare avanti! Satana!
  • Non bloccarmi la strada. Tanto, sai che non puoi!
  • Non mettermi delle barriere sulla strada! Satana!
Lasciami passare ed andare avanti, a Gerusalemme! Per vincere la morte sulla Croce, non per me, ma per Voi! Prima di tutto bisogna vincere la morte, poi verrà tutto il resto ... questa è la promessa di Dio.
Padre Tiziano Sofia

martedì 13 novembre 2012

Se no...

"E sul mio petto ancora vivo
piombò la parola di pietra.
Non fa nulla, vi ero pronta,
in qualche modo ne verrò a capo.

Oggi ho da fare molte cose:
occorre sino in fondo uccidere la memoria,
occorre che l’anima impietrisca,
occorre imparare di nuovo a vivere.

Se no... Oltre la finestra
L’ardente fremito dell’estate, come una festa.
Da tempo lo presentivo:
un giorno radioso e la casa deserta".

Anna Achmatova

lunedì 12 novembre 2012

Aprendo un poco il cuore, affluisce tutto un mondo d'amore

Tu ti riveli a coloro che non ti rifiutano la loro fiducia. 
"Poiché la sapienza è uno spirito amico degli uomini e abbraccia ogni cosa". 
Aprendo un poco il cuore, affluisce tutto un mondo d'amore. 
Concedimi il dono della sapienza, 
affinché io possegga il desiderio e l'oggetto del desiderio, 
affinché io scelga e sia scelto. 
La mia volontà divenga la tua volontà, 
non per timore, 
o per forza, 
ma nell'amorevole intelligenza delle tue vie 
per mezzo di una partecipazione luminosa al tuo consiglio divino. http://www.laparola.it/laparoladioggi.php

domenica 11 novembre 2012

usi e costumi ecclesiastici che stridono paurosamente con questa figura


Dove va il nostro sguardo, dove va la nostra vita? Quale immagine di chiesa stiamo offrendo a questa generazione, fin troppo consumata dal mito del successo, dal desiderio dell'esibizione? Quando un uomo o una donna del nostro tempo fa riferimento alla chiesa, la trova più facilmente nell'immagine di coloro che passeggiano con lunghe vesti, e hanno palchi nelle piazze, primi posti nelle liturgie civili e si gloriano di nomi altisonanti o lo trova nell'immagine della vedova povera del vangelo?
Dobbiamo confessarlo, permangono usi e costumi ecclesiastici che stridono paurosamente con questa figura, una delle ultime, del vangelo, figura di donna su cui Gesù porta il nostro sguardo sedotto purtroppo da altri, mondani, criteri. Gesù chiama i suoi discepoli, oggi chiama noi, e dà un insegnamento autorevole: "in verità vi dico". Mette sulla cattedra la donna, spodestando dalla cattedra coloro che vi erano saliti illegittimamente: "Sulla cattedra di Mosè si sono insediati scribi e farisei".
La donna insegna la segretezza del vangelo, il nascondimento della carità, la totalità del dono: "Ha dato tutta intera la sua vita".
È un gesto estremo, che dice la fede estrema in Dio. Se dai del superfluo, puoi confidare ancora su ciò che ti rimane, è un bene sicuro, un bene a cui puoi attingere risorse per la vita. Ma sei hai dato tutto? L'unico su cui puoi confidare è il tuo Dio. (Angelo Casati)

sabato 10 novembre 2012

lontani dalla salutare polvere di questa terra

Il bambino adorno di vesti principesche,
 con al collo monili ingemmati,
 perde ogni piacere nel gioco,
 la sua veste lo impaccia a ogni passo.
 Per paura che si possa stracciare
 o che s'imbratti di polvere
 si tiene appartato dal mondo
 e ha timore persino di muoversi.
 Madre, a che vale
 tutta questa eleganza
 se ci tiene lontani
 dalla salutare polvere di questa terra,
 se ci priva del diritto d'entrare
 nella grande festa del mondo?
Rabindranath Tagore

venerdì 9 novembre 2012

l'unione in Dio per Gesù Cristo di tutti gli uomini di buon volere


«... Mentre il mondo si agita abbagliato dal suo progresso, mentre l'uomo si esalta delle sue conquiste sulla materia e comanda da padrone alla natura sviscerando il suolo, soggiogando la folgore, confondendo le acque degli oceani con il taglio degli istmi, sopprimendo le distanze; mentre i popoli cadono, risorgono, e si rinnovellano; mentre le razze si mescolano, si estendono e si confondono; attraverso il rumore delle nostre macchine, al di sopra di questo lavorio febbrile, di tutte queste opere gigantesche e non senza di loro, si va maturando quaggiù un'opera ben più vasta, ben più nobile, ben più sublime: l'unione in Dio per Gesù Cristo di tutti gli uomini di buon volere».
G. B. SCALABRINI, Discorso al Catholic Club di New York del 15 ottobre 1901, The Italian Herald del 24 ottobre 1901, p. 1.

giovedì 8 novembre 2012

Dio nell’abitacolo di un cuore, come era facile da raggiungere

La Parola venne nel mondo.
La vita eterna si scelse il luogo di un cuore umano.
Decise di abitare in questa tenda tremante, le piacque di lasciarsi colpire.
Così la sua morte fu cosa decisa. Perché inerme è la fonte della vita.
Dio nella sua eterna fortezza, nella sua inaccessibile luce, era inespugnabile, come spari di bambini le frecce del peccato si spuntavano alle bronzee mura della sua gloria.
Ma Dio nell’abitacolo di un cuore, come era facile da raggiungere. Bastava un attimo per danneggiarlo.
Più facile ancora di un uomo; perché un uomo non è solo un cuore; è cartilagine e osso, muscolo tenace e pelle indurita; ci vuol proprio una cattiva intenzione per ferirlo. Ma un cuore: quale bersaglio! Quale mai esca! Quasi senza pensare vi si indirizza il tiro della fionda. 
Quale tallone di Achille si era Dio procurato, in che pazzia si era mai gettato.
Egli stesso aveva rivelato il punto debole del suo amore.
Si era appena saputo che si trovava come un cuore tra tutti noi che affiliamo le frecce e assestiamo l’arco.
Una pioggia lo sorprenderà, una grandinata; proiettili a milioni volano a bersaglio sulla piccola macchia rossa. Il suo cuore, che è senza difesa, non lo difenderà.
Un cuore non ha intelligenza, infatti.
Non sa perché si spara.
Non ci sarà chi si schieri con lui.
Lo si tradirà (ogni cuore è infedele).
Non ci si ferma mai, infatti, si va, si corre; e poiché l’amore corre sempre più forte, correrà più forte anche il suo cuore incontro al nemico.
Sua delizia è dimorare tra i figli dell’uomo, sua passione è sapere quanto piacciono i cuori stranieri, gli altri.
Questo piacere ha voluto gustare, un gusto che gli è costato molto.
Mai più dimenticherà questo gusto nelle più lontane eternità.
Solo un cuore poteva progettare simili avventure,
follie che conviene non raccontare a chi ha il ben dell’intelletto,
che conviene passare sotto silenzio, che si covano soltanto in un’alleanza fra carne e sangue,
follie del povero cuore che dalla sua povertà nascosta e da uno squallido campo terreno sa evocare tesori davanti a cui stupiscono i celesti. (H. U. Von Balthasar)