sabato 9 giugno 2012

alla fine era diventato anche molto ingombrante


Ho avuto la fortuna, a pasqua, di assistere il mio vecchio asino che moriva. Ho avuto anche il privilegio di vegliare delle persone care in punto di morte e provo un’immensa riconoscenza per essere stata autorizzata a entrare nella camera dei moribondi – nel luogo dove si celebra la morte. Come nei luoghi dove si celebra la nascita, le porte del cielo si aprono: terra e cielo si toccano. All’ingresso e all’uscita dall’esistenza, lo stesso miracolo, sempre.

Il mio asino aveva già quarantadue anni. L’avevo conosciuto una trentina d’anni prima, quando era arzillo, aveva una vitalità incredibile, un’energia esuberante. Poi l’ho visto invecchiare, incanutire; e alla fine era diventato anche molto ingombrante, sempre ritto e immobile dove non era il caso, davanti alle porte, nell’atrio, e difficile da spostare, con quella lentezza della vecchiaia, quell’eternità che si spande piano piano nelle vene… E qualche giorno prima di pasqua ecco che si piega su un fianco e non può più alzarsi. Viene chiamato il veterinario del villaggio e dice che bisogna addormentarlo perché certamente non si rialzerà più. Ho chiesto al veterinario perché bisognava addormentarlo. Mi ha risposto: per evitargli di soffrire. Ma io gli ho detto che aveva già sofferto molto: aveva perduto la sua compagna, un’asina greca, e due figli, aveva trascorso tanti inverni solo nella sua stalla buia… Conosceva bene la vita e tutto il suo corteo di miserie e di gioie. Conosceva tutto ed era abbastanza grande per arrivare fino in fondo alla vita. Il problema era piuttosto, gli ho detto, di sapere quante sofferenze fossimo in grado di sopportare lui ed io e di quanta pazienza fossimo capaci!
Il veterinario se n’è andato; e sono cominciate le lunghe giornate in cui scendevo ogni ora a dare da bere al mio asino con un cucchiaio – le lunghe, lunghe giornate. Un mattino mi sono chiesta se non avessi preso una decisione sbagliata e mi sono sentita perduta: è stato quando ha cominciato a muoversi, a scalciare, a dibattersi. Ma rasserenandomi, riprendendo fiducia in noi due, ho creduto di capire che ancora una volta la vita si risvegliava in lui con la fiera memoria delle cavalcate, e che lui tentava di balzare incontro all’orizzonte, come spesso aveva fatto.
Poi mio figlio più piccolo m’ha consigliato di non allontanarmi più – si trattava di poco – e aveva ragione. Si è verificato qualcosa di meraviglioso in quegli ultimi istanti. Il mio asino ha emesso profondissimi respiri e all’ultimo momento, quando aspettavo ancora un respiro che non è più venuto, un’immensa lacrima cristallina si è staccata dall’angolo del suo occhio ed è colata sul fieno. In quella stalla il cielo si è aperto e quello che avevo conosciuto al momento della morte di persone vicine e care era presente là, della stessa qualità e con la stessa meraviglia.
Il cielo si è aperto per accogliere un asino!
Era qualcosa di talmente inatteso per me, quel sacro in quella stalla, che veramente tremo ancora quando ne parlo. Avrei potuto raccontare anche altri episodi, ma voi capite che con un asino si può andare direttamente all’essenziale. Nessuno intralcia il passaggio.
Ecco l’ultima storia che volevo parteciparvi, una storia di ogni giorno, una storia che distrugge le categorie e ci fa entrare nel miracolo di CIÒ che È – senza aver niente da aggiungere né da togliere.

Christiane Singer, Del buon uso delle crisi, Servitium

venerdì 8 giugno 2012

è la fede che quasi sempre riceve da Lui ricompense e lodi

« La virtù che il Signore ricompensa, la virtù che loda, è quasi sempre la fede. Talvolta elogia l'amore, talvolta l'umiltà, ma simili esempi sono rari: è la fede che quasi sempre riceve da Lui ricompense e lodi (...). Perché (...) senza dubbio perché la fede è la virtù che, se non la più grande (la carità viene prima), è almeno la più importante, perché essa è il fondamento di tutte le altre, compresa la carità, ed anche perché è la più rara (...). Avere veramente fede, la fede che ispira tutte le azioni, la fede nel soprannaturale che spoglia il mondo della sua maschera e rivela Dio in tutte le cose; che fa scomparire ogni ostacolo, che fa sì che parole come inquietudine, pericolo, paura, non abbiano più senso; che ci fa camminare, nella vita con una calma, una pace, una gioia profonda, come fanciullo che si affida alla mano della mamma; che radica l'anima in un distacco tanto assoluto da ogni cosa sensibile, di cui essa vede chiaramente il nulla e la puerilità; che dà una tale fiducia nella preghiera, la fiducia del bambino, che chiede al proprio padre cose giuste; questa fede che ci rivela che 'tolto il fare ciò che piace a Dio, tutto è menzogna' (...), oh, quanto è rara una simile fede! (...). Dio mio, donamela! Dio mio, io credo, ma aumenta la mia fede! »".
Charles De Foucauld
LA MIA FEDE
Città Nuova Editrice, 1974

giovedì 7 giugno 2012

CHI fa ben per vanagloria


CHI fa ben sol per paura
non fa  niente e poco dura,
CHI fa ben sol per usanza
se non perde, poco avanza.
CHI fa ben solo per forza
lascia il frutto e tien la scorza.
CHI fa ben qual sciocco, a caso,
va per acqua senza vaso.
CHI fa ben per parer buono
non acquista altro che suono.
CHI fa ben per vanagloria
non avrà mai la vittoria.
CHI fa ben per avarizia
crescerà sempre in malizia.
CHI fa ben all'indiscreta
non ha frutto e mai si quieta.
CHI fa ben sol per salvarsi
troppo si ama e non sa amarsi.
CHI fa ben solo per gusto
non sarà santo né giusto.
CHI fa ben per puro amore
dona a Dio l'anima e il cuore.
San Giuseppe da Copertino

mercoledì 6 giugno 2012

il bisogno di Amore non è debolezza


Più del pane, dell'acqua, dell'aria, per vivere, vi è bisogno di Amore.
Questa necessità assoluta contraddistingue l'essere umano da qualunque altra categoria su questa terra.
E il bisogno di Amore non è debolezza, non è mancanza d'indipendenza, incompletezza imperdonabile e umiliante.
Non è un'esigenza da comprimere e da respingere, da averne paura, anche se è fuoco da incendio o fiamma che travolge.Si tratta di verità di esistenza umana, è lo Spirito che accende la carne e la illumina fino a farne della luce, è il destino umano che trabocca al di fuori dei limiti del tempo e delle cose terrene, prima che si allarghi a distesa infinita nell'esistere eterno.
E' il rapporto con Dio, l’Amore, è ragion d'essere della vita, unico scopo — è forse Dio vivente in povera carne unita a povera anima, tratta dal respiro del Suo Spirito, che stabilisce rapporto con altre creature, fino a comunione profonda per un espandersi e donarsi quasi a ottenere unica esistenza: l'esistenza che vive per volontà di creazione incessante.
Sta il fatto che l'Amore è ciò che di più unicamente divino è nell'esistenza creata: perchè è nelle cose, nell'anima e nella carne, ma non come contenuto: le cose terrene servono solo ad esprimerlo in modo visibile o spesso soltanto ad indicarlo, oppure, quando la sua presenza è purissima e intera e totale, a essere soltanto occasione per il suo riversarsi in piena libertà, senza nascondimenti o misure.
Don Sirio

martedì 5 giugno 2012

la povertà è l’unica vera ricchezza: realtà condizionante la possibilità della Verità di Dio in me


Il problema della povertà nel mondo è problema di fraternità, di amore. E’ una realtà dolorosa, non fine a se stessa e nemmeno condanna o castigo, ma condizione, motivo di nascita per un'altra realtà d'infinito valore, quale l'amore fraterno, e quindi ricerca del Padre comune, e quindi visione teologica di rapporti e consacrazione d'esistenza a destini universali, eterni, divini.
Ancora non abbiamo scoperto e accettato la predicazione di Gesù Cristo circa la povertà,come del resto nemmeno quella riguardo al dolore e alla morte. Non crediamo ancora alla violenza divina di questo messaggio cristiano che interviene in tutto il dramma umano per soluzioni di valore infinito. La redenzione deve operarsi nella realtà umana — quella vera, autentica, concreta, scoperta, non camuffata o contraffatta dalle illusioni — per farne realtà divina, meritevole di destino eterno e infinito. E il dolore è redento in Amore, la morte è vinta dalla risurrezione, la vita terrena è già vita eterna, povero corpo tempio di Spirito Santo, povera anima abitazione della infinita Trinità e dentro ciascuno di noi —e in tutta la storia dell'umanità — palpita il destino stesso di Dio e è incarnato il Mistero di Dio fatto Uomo...
Ancora non credo e non accetto che la povertà è l’unica vera ricchezza: realtà condizionante la possibilità della Verità di Dio in me. Valore autentico determinante la misura assolutamente indispensabile della libertà dalle cose terrene per quelle del cielo, dalle cose umane per quelle di Dio.
Non crediamo al valore della povertà materiale. La accettiamo però per gli altri e non ce ne facciamo un'angoscia.
Disprezziamo e detestiamo la povertà d'essere nulla o poco e mettiamo allegramente gli altri sotto i piedi.
Tiriamo avanti facendoci largo a gomitate nello stomaco degli altri e gridiamo all'ingiustizia di questo mondaccio.
Pretendiamo rispetto, considerazione, successo, gratitudine e servilismo e seminiamo a piene mani risentimenti, vendiamo odio per guadagno, costringiamo al male per interesse...
Si potrebbe continuare chissà quanto a raccontare del nostro disamore alla povertà, concludente sempre in tanta orribile ingiustizia.
Abbiamo scritto per due anni di questi problemi. Ce ne vergogniamo sinceramente ogni volta, perchè ne siamo spaventosamente indegni. Ma ci sentiamo incoraggiati a continuare, perchè continuare a scrivere di povertà, di giustizia, di fraternità vuol dire soffrire l'angoscia di una spaventosa incapacità nostra e di tutti e vuol dire lasciarsi logorare l'anima e il cuore dal desiderio, che ogni giorno brucia di più, di un po' di Verità, di Libertà, di Amore.
La   Redazione della Voce dei poveri 1962

lunedì 4 giugno 2012

la gente non apprezza il mattino

In questo paese la gente non apprezza il mattino. Si fanno svegliare di prepotenza da una sveglia che spezza il sonno come un colpo di scure e si abbandonano subito a una fretta funesta.
Mi dica lei come può andare una giornata che comincia con un simile atto di violenza!
Cosa può esserne di persone che giornalmente ricevono, per mezzo di una sveglia, un piccolo elettroshock? Ogni giorno che passa si abituano alla violenza e disapprendono il piacere.
Mi creda, è il mattino che decide del temperamento di un uomo. Io, invece, amo talmente queste ore di ozio mattutino, in cui passo lentamente, come per un ponte pieno di statue, dalla notte al giorno, dal sonno alla veglia.
E' il momento della giornata in cui darei non so che cosa per un piccolo miracolo, per un incontro inatteso che mi persuadesse che i miei sogni notturni continuano e che l'avventura del sonno e quella del giorno non sono separate da un abisso.
(Milan Kundera, Il valzer degli addii - ed. Adelphi )

domenica 3 giugno 2012

responsabili, per gli stessi motivi


Se i cristiani non avessero ascoltato gli insegnamenti dei loro nemici mortali, essi saprebbero che niente è più giusto della misericordia, perchè niente è più misericordioso della giustizia e i loro pensieri si adatterebbero a queste nozioni elementari.
Gesù Cristo ha dichiarato «Beati» coloro che sono affamati e assetati di giustizia e il mondo che vuole essere felice, ma che detesta la «Beatitudine», ha rigettato questa affermazione.
Chi allora parlerà per i ridotti al silenzio, per gli oppressi, i deboli, se quelli che furono investiti della Parola tacciono?
Lo scrittore che non lavora per la Giustizia disprezza i poveri in un modo crudele come un ricco egoista.
L'uno e l'altro dilapidano la loro ricchezza e sono responsabili, per gli stessi motivi, dello sparire della speranza nel mondo.
Leon Bloy