sabato 2 novembre 2013

finché è in mezzo alla folla, non può vedere Cristo


Opportunamente si fa rilevare che costui è il "capo dei pubblicani" (Lc 19,2): chi allora potrà disperare della salvezza, quando si è salvato anche colui che traeva il suo guadagno dalla frode?

"Ed era ricco", sta scritto (Lc 19,2), affinché impari che non tutti i ricchi sono avari.

Perché le Scritture non precisano mai la statura di nessuno mentre di Zaccheo si dice che "era piccolo di statura" (Lc 19,3)? Vedi se per caso egli non era piccolo nella sua malizia, o piccolo nella sua fede: egli non aveva ancora promesso niente, quando era salito sul sicomoro; non aveva ancora visto Cristo, e perciò era piccolo. Giovanni invece era grande perché vide Cristo, vide lo Spirito, come colomba, fermarsi su Cristo, tanto che disse: "Ho visto lo Spirito discendere come colomba e fermarsi su di lui" (Gv 1,32).

Quanto alla folla, non si tratta forse di una turba confusa e ignorante, che non aveva potuto vedere le altezze della Sapienza? Zaccheo, finché è in mezzo alla folla, non può vedere Cristo; si è elevato al di sopra della turba e lo ha visto, cioè meritò di contemplare colui che desiderava vedere, oltrepassando l`ignoranza della folla...

Cosí vide Zaccheo, che stava in alto; ormai per l`elevatezza della sua fede egli emergeva tra i frutti delle nuove opere, come dall`alto di un albero fecondo...

Zaccheo sul sicomoro è il nuovo frutto della nuova stagione.

(Ambrogio, In Luc., 8, 82.84-90)

venerdì 1 novembre 2013

Cristo, che già abitava nel cuore, viene ricevuto in casa


Su Zaccheo
S. Agostino


4. 5. Ora dunque il Signore, che aveva accolto Zaccheo nel cuore, si è degnato di essere ospitato nella casa di lui. Disse: Zaccheo, scendi subito, perché devo fermarmi in casa tua. (Quello riteneva un grande beneficio vedere Gesù). Egli, che considerava un grande e indicibile beneficio vederlo passare, meritò immediatamente di averlo in casa. Viene infusa la grazia, la fede opera per mezzo dell’amore; Cristo, che già abitava nel cuore, viene ricevuto in casa. Dice a Cristo Zaccheo: Signore, dò la metà dei miei beni ai poveri e, se in qualche cosa ho frodato alcuno, restituisco il quadruplo. Quasi a dire: Per questo mi trattengo una metà, non in possesso, ma per avere di che rendere. Ecco in realtà che vuol dire ricevere Cristo, accoglierlo in cuore. Era là infatti Cristo, era in Zaccheo e attraverso di lui Zaccheo diceva a se stesso ciò che ascoltava dalla bocca di lui. Dice infatti così l’Apostolo: Che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori.

5. 6. Perciò, perché si trattava di Zaccheo, che era il capo dei Pubblicani, che era assai peccatore, quella folla, apparentemente sana, che impediva di vedere Gesù, rimase stupita e contestò il fatto che Gesù era entrato nella casa di un peccatore. Era questo un riprovare l’ingresso del Medico nella casa di un malato. Perché appunto da peccatore Zaccheo fu deriso, fu deriso in realtà, lui sano, da gente insana, Gesù rispose ai derisori: Oggi la salvezza è entrata in questa casa. Ecco il motivo del mio ingresso: Oggi è entrata la salvezza. Se il Salvatore non fosse entrato, in quella casa non sarebbe assolutamente entrata la salvezza. Perché, infermo, ti meravigli allora? Chiama anche tu Gesù, non crederti sano. Chi riceve il medico è un malato che ha speranza; è un infermo senza rimedio chi, per insensatezza, fa morire il medico. Che follia è mai quella di chi uccide il medico? Non è grande veramente la bontà e la potenza del medico che del suo sangue ha fatto la medicina per il suo insensato uccisore? Colui che era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto non diceva infatti: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno, mentre pendeva innocente sulla croce? Sono dei folli, io sono medico, infieriscano, tollero con pazienza; nell’uccidermi darò allora la sanità. Facciamo parte dunque di coloro che egli risana. E’ parola umana e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori; grandi e piccoli, a salvare i peccatori. Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.”

dal Discorso 174

giovedì 31 ottobre 2013

Non saresti venuto a colui che purifica dai peccati se egli per primo non ti avesse veduto nel velamento del peccato?


Su Zaccheo
S. Agostino



“3. 3. Ma tu dirai: Se io sarò Zaccheo, a causa della folla non potrò vedere Gesù. Non rattristarti, sali sull’albero dove, per te pendette Gesù e vedrai Gesù. E su quale specie di albero salì Zaccheo? Su di un sicomoro. Nelle nostre regioni o non esiste affatto o forse raramente cresce in qualche luogo, ma in quelle località abbonda questa specie e il frutto. Sono chiamati sicomori dei pomi simili ai fichi, ma tuttavia diversi; lo possono sapere coloro che li videro e li gustarono. Tuttavia, per quanto indicano con l’etimologia del nome, in latino i sicomori sono detti ” falsi fichi “. Ora guarda il mio Zaccheo, osservalo, ti prego, mentre vuole vedere Gesù in mezzo alla folla e non ne è capace. Egli era umile infatti, la folla era superba; e proprio la folla, come capita abitualmente in una ressa, impediva a se stessa di vedere bene il Signore; si sollevò al di sopra della folla e vide Gesù, non essendo di ostacolo la folla. La folla infatti si rivolge agli umili, a coloro che percorrono la via dell’umiltà, a coloro che affidano a Dio le ingiurie ricevute e che non cercano la vendetta sui nemici, la folla insulta e dice: Uomo senza difesa, che non ti puoi vendicare. La folla fa in modo che non si veda Gesù; la folla, che si gloria, che si vanta quando è riuscita a vendicarsi, ostacola perché non si veda colui che, crocifisso, dice: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Perciò, volendolo vedere, Zaccheo, nel quale si figurava la persona degli umili, non badò alla folla che ostacolava, ma salì su un sicomoro come l’albero del falso frutto. Dice infatti l’Apostolo: Noi predichiamo Cristo crocifisso, certamente scandalo per i Giudei – considera il sicomoro – stoltezza invece per i Pagani. Infine, a motivo della croce di Cristo, i sapienti di questo mondo c’insultano e dicono: Che saggezza avete voi che adorate un Dio crocifisso? Quale sapienza abbiamo? Non di certo la vostra. La sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Non abbiamo davvero la vostra saggezza. Ma voi dite stolta la nostra saggezza. Dite pure quello che volete; noi possiamo salire sul sicomoro e vedere Gesù. Voi non potete vedere Gesù appunto perché vi vergognate di salire sul sicomoro. Si aggrappi Zaccheo al sicomoro, salga umile la croce. E’ poca cosa il suo salire: per non arrossire della croce di Cristo, la fissi sulla fronte dove ha posto l’onore, proprio là, là, sulla parte del volto dove appare il rossore, là si fissi per non provarne vergogna. Penso che tu te ne ridi del sicomoro, però esso mi ha permesso di vedere il Signore. Ma tu te ne ridi del sicomoro, perché sei uomo; ma la stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini.

4. 4. E il Signore vide proprio Zaccheo. Fu visto e vide; ma se non fosse stato veduto, non avrebbe visto. Quelli infatti che ha predestinati, li ha anche chiamati. Egli è colui che parlò a Natanaele, il quale – per così dire, con la sua testimonianza, già stava collaborando al Vangelo – disse: Da Nazareth può venire qualcosa di buono? Il Signore a lui: Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto quando eri sotto l’albero di fico. Voi sapete come i primi peccatori, Adamo ed Eva, si adattassero delle cinture. Quando peccarono si adattarono delle cinture di foglie di fico e coprirono le parti vergognose; infatti a causa del peccato suscitarono il senso della vergogna. Pertanto, se si fecero cinture i primi peccatori – dai quali discendiamo, nei quali eravamo periti – venendo egli a cercare e a salvare ciò che era perduto, con foglie di fico si fecero di che coprire le parti vergognose, che altro si volle dire con: Ti ho visto quando eri sotto l’albero di fico, all’infuori di: Non saresti venuto a colui che purifica dai peccati se egli per primo non ti avesse veduto nel velamento del peccato? Siamo stati veduti perché potessimo vedere; siamo stati amati affinché potessimo amare. Il mio Dio, la sua misericordia mi precederà.


dal Discorso 174

mercoledì 30 ottobre 2013

un assordante rumore di mute lacrime


Sai cosa accade quando ti spezzano in due l’anima?
Senti il cuore fermarsi
insieme ad un assordante rumore di mute lacrime
che scendono fino a toglierti il respiro.
Poi…?
Poi senti il dolore trafiggerti
come una lama sottile
mentre i frammenti della tua anima
cadono a terra
e nulla sarà uguale a prima.
(Silvana Stremiz)

martedì 29 ottobre 2013

La verità è crudele nascondo anche quella.


Mescolo le carte
imbroglio il destino.
Nascondo il dolore
mi gioco un sorriso.
Strappo l’angoscia
abbraccio la speranza.
Dai ancora un giro
per confondere il tempo.
La verità è crudele
nascondo anche quella.
Mi gioco il coraggio
chiedo del tempo.
Aggiungo dei giorni
trattengo le lacrime.
Non voglio compassione.
Vincerò, io lo so,
quest’ ultima mano.
(Silvana Stremiz)

lunedì 28 ottobre 2013

una melodia che riempia,


Rubo ancora un giorno al sogno
alle parole spese ad ingannare
quelle ascoltate con l’anima
piena di domani, senza futuro.
Alla fantasia delle promesse
uccise dalla cruda realtà.
Rubo ancora un istante
ad ascoltare i silenzi
di quello che poteva
il rumore di quello che non è.
Rubo ancora un domani
un attimo, un sorriso,
un abbraccio, un ricordo
un fotogramma, un ti amo.
Rubo ancora un ieri
una melodia che riempia,
l’illusione fantastica,
la gioia di una promessa.
Rubo un giorno al sogno
prima di dire addio
prima del dolore del nulla
prima del vuoto di un incubo
della condanna eterna
di un sogno spezzato.
(Silvana Stremiz)

domenica 27 ottobre 2013

l’infinito di niente

Ho imparato che il silenzio può uccidere
e che le parole lo fanno in continuazione,
che diciamo delle cose che non pensiamo
sono poi i gesti a confermarle o meno,
che possiamo rendere stelle le persone
o renderle una semplice nullità.
Ho imparato che l’uomo travolto dalla passione
dice un sacco di “stronzate”,
compie gesti eclatanti che sembrano “pieni”,
si rimangia tutto con una grande facilità.
C’è gente che professa il bene
e sembra guidarti verso l’infinito,
riempie il tuo universo di colori
di speranze, promesse e illusioni
lasciandoti l’infinito di niente.
C’é chi dice ti amo senza conoscerne il senso,
chi dice ti odio ma ti riempie d’amore,
chi ti riempie di tutto senza lasciarti niente.
C’é chi dovresti odiare ma continui ad amare,
c’é chi parla dell’anima calpestando la tua,
c’è chi insegna senza aver imparato,
c’è l’infinito di tutto o di niente in ognuno di noi.
(Silvana Stremiz)