sabato 8 marzo 2014

4° giorno un modo per iscrivere giorno dopo giorno nella propria anima attraverso il proprio corpo il carisma profetico


Per Etty il digiuno è una forma di profezia e, più precisamente, un modo per iscrivere giorno dopo giorno nella propria anima attraverso il proprio corpo il carisma profetico. Alla fine del suo Diario la ritroviamo come ammaliata da una sorta di scoperta della sua propria vocazione interiore tanto che il termine tedesco le risulta intraducibile nella sua lingua: Vorwegnehmen/anticipare […] Sono distesa qui da ieri sera, e intanto comincio ad assorbire una piccola parte del gran dolore che dev’essere assorbito su tutta la terra. Comincio a mettere al coperto (238) Alla fine del suo Diario - mentre si apre l’ultimo anno della sua vita terrena che si spenderà tra il fango del campo di Westerbork visitando e rivistando quelle grandi baracche in cui si vive come topi in una fogna (85) – con piglio profetico ridice a se stessa con la forza degna dei suoi grandi antenati ebrei: anticiperò una piccola parte dei duri giorni che verranno (238)
Ma anticipare per Etty non significa parare i colpi bensì porsi nell’atteggiamento giusto per acquisire la capacità di essere un vero e proprio «riparatore di brecce» (Is 59, 12). 
Riparatore di brecce non certo in un atelier di raffinato restauro bensì in un ambiente che Etty descrive in tutta la sua crudeltà dicendo eccomi dunque nell’inferno (132).
In questo inferno, dove diventa un bene di lusso persino un rotolo di carta igienica (112), davanti alla minaccia incombente di così grandi edifici e torri, costruiti dagli uomini con le loro mani e che si innalzano sopra di noi, ci dominano, e possono crollarci addosso e seppellirci (102), questa donna si mette alla ricerca di un rifugio per la sua anima per creare attorno a sé uno spazio di quiete per chi ne avesse bisogno: Io sto cercando un tetto che mi ripari ma dovrò costruirmi una casa pietra su pietra. E così ognuno cerca una casa, un rifugio per sé. E io mi cerco sempre un paio di parole (67).

venerdì 7 marzo 2014

3° giorno la quaresima non è altro che l’imitazione del suo lungo digiuno


Da tempo ormai nella nostra tradizione e nei nostri comportamenti il digiuno non ha più quasi posto, ci sembra una pratica troppo esteriore e per questo la reputiamo inutile. Eppure il Signore Gesù non solo non la esclude dalla sua vita – la quaresima non è altro che l’imitazione del suo lungo digiuno – ma la pronostica chiaramente per i suoi discepoli, per noi: «Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno»(Mt 9, 15). Forse senza accorgerci ragioniamo come gli stolti a cui fa riferimento Isaia: «Perché digiunare se tu non lo vedi?» (Is 58, 3). Invece non solo Dio vede e sa il nostro digiuno ma soprattutto ama il nostro saper sperimentare la fame.
In realtà c’è bisogno di così poco per vivere! Il nostro corpo ha bisogno di molto meno di quanto si possa immaginare per tenersi in forma e in strettissima collaborazione con lo spirito perché quest’ultimo possa continuare comunque il suo cammino e il suo lavoro (128). Davanti ai tempi che si facevano sempre più difficili Etty non fece altro che adottare l’uso di un piccolo digiuno come preparazione alla prova: dobbiamo abituare il nostro corpo a chiederci solo l’indispensabile, soprattutto nel campo del cibo.
Una quaresima con Etty

giovedì 6 marzo 2014

2° giorno Non è raro che, davanti alle esigenze di dare un senso sempre più compiuto alla nostra esistenza, soprattutto per quanto riguarda la nostra vita di relazione, siamo presi da un sentimento di paura e quasi da un istinto verso la fuga.


Il monito del Deuteronomio - «se il tuo cuore si volge indietro» - (Dt 30, 17) viene chiaramente rafforzato e direzionato dalla parola del Signore Gesù: «Se qualcuno vuol venire dietro a me…» (Lc 9, 22). Noi tutti, come la moglie di Lot (Gn 19, 26), facciamo fatica a guardare avanti soprattutto quando rischiamo di non vedervi tutto un mondo che va in pezzi. Di certo non siamo messi di fronte a quello che Etty insieme alla sua generazione e al suo popolo dovette affrontare eppure forse – proprio come quella generazione – potremmo dire davanti ai grandi cambiamenti del nostro tempo: quanto poveri siamo diventati … quanto siamo rimasti soli (43).
Non è raro che, davanti alle esigenze di dare un senso sempre più compiuto alla nostra esistenza, soprattutto per quanto riguarda la nostra vita di relazione, siamo presi da un sentimento di paura e quasi da un istinto verso la fuga. Proprio in un pomeriggio in cui tutti cercavano di fuggire (44) Etty incontrò in una strada di Amsterdam un suo vecchio e stimato professore a cui pose la domanda per essere aiutata a trovare una via d’uscita: «crede che abbia senso fuggire?». La risposta del feroce Bonger fu: «la gioventù deve rimanere qui». Questo medesimo professore nella medesima sera e precisamente Alle otto, si era sparato alla testa (45)
Una quaresima con Etty

mercoledì 5 marzo 2014

1° Giorno «essere buoni l’uno verso l’altro con tutta la bontà di cui siamo capaci». Solo quello di cui siamo capaci… cominciamo da quello di cui siamo capaci. Proviamo?!


Una Quaresima con Etty potrebbe essere per noi un modo per dare un colpo d’ali al cammino di conversione in una direzione forse minima, persino modesta ma non meno attraente e necessaria: raffinare la nostra umanità affinando la nostra anima. Un invito in questi giorni si farà pressante e urgente: «Tu ritorna al tuo Dio» (Os 12, 7)!
Come tornare al nostro Dio senza tornare – senza fare con-versione – verso il luogo in cui Egli abita, la nostra anima, la nostra interiorità? Ma noi sappiamo quanto è difficile questo con-vergere verso il centro di noi stessi… ne siamo sempre un po’ spaventati! Eppure è là che siamo attesi dall’appuntamento più importante ed in-dimenticabile della nostra vita.
Entriamo in questo viaggio con un verso di Rilke: «Come potrei trattenerla in me, la mia anima, che la tua non sfiori; come levarla, oltre te, ad altre cose?». Inoltriamoci in questo viaggio con accanto questa pellegrina sconosciuta che pure ci accompagna e facciamo nostro il desiderio che divenne il fuoco trasformante di tutta la sua vita fino alla morte: «essere buoni l’uno verso l’altro con tutta la bontà di cui siamo capaci». Solo quello di cui siamo capaci… cominciamo da quello di cui siamo capaci. Proviamo?!
Una quaresima con Etty

martedì 4 marzo 2014

rendere l’oggetto chiaramente visibile in se stesso


«Ho sempre tentato nei miei libri
di liberare i singoli oggetti e fenomeni
dalle migliaia di relazioni,
di rendere l’oggetto chiaramente visibile in se stesso,
in modo che l’uomo potesse di nuovo avere un incontro con il mondo
come esso veramente è:
ossia un oggetto nettamente separato dall’altro». 
MAX PICARD, Il rilievo delle cose, a c. di J.-L. Egger, Servitium, sotto il Monte, 2004, p. 100.]

lunedì 3 marzo 2014

una volta pervenuto ad un pensiero, l’uomo era veramente in esso e anzi solo in quel momento il pensiero o la cosa erano veramente presenti


«Una volta il silenzio ricopriva tutte le cose.
Prima di potersi avvicinare a un oggetto,
l’uomo doveva innanzi tutto infrangere l’involucro del silenzio,
e il silenzio si ergeva anche dinanzi ai pensieri
che l’uomo voleva pensare.
L’uomo non poteva gettarsi direttamente sui pensieri e sulle cose,
poiché questi erano protetti dal silenzio che li circondava;
ed egli era a sua volta trattenuto dal volgersi
troppo precipitosamente verso di loro.
Il silenzio stava dinanzi ai pensieri e alle cose,
in una presenza oggettiva, 
e si ergeva davanti ai pensieri e alle cose come un oggetto.
 L’uomo si muoveva lentamente e con timidezza verso i pensieri e verso le cose;
il silenzio si frapponeva sempre nel moto t
ra un pensiero e l’altro, tra una cosa e l’altra
e il ritmo di questi movimenti era scandito dal silenzio.
Ogni movimento era un atto particolare.
Prima di poter avanzare si doveva rimuovere il silenzio,
la roccia primordiale del silenzio;
ma poi, una volta pervenuto ad un pensiero,
l’uomo era veramente in esso
e anzi solo in quel momento il pensiero o la cosa erano veramente presenti:
veniva generata una presenza,
talmente l’uomo era dentro il pensiero o la cosa».
MAX PICARD, Il mondo del silenzio, a c. di J.-L. EGGER, Servitium, Sotto il Monte (BG), 2007, p. 191]

domenica 2 marzo 2014

Non è un invito al fatalismo o alla passività in attesa che la Provvidenza risolva al posto nostro i problemi: la Provvidenza conosce solo uomini in cammino (don Calabria).


Guardate gli uccelli (esserini liberi, quasi senza peso e senza gravità; lasciatevi attirare come loro dal cielo, volate alto e liberi) e non preoccupatevi. Se Dio nutre queste creature che non seminano, non mietono, quanto più voi che invece lavorate, seminate e raccogliete. Non è un invito al fatalismo o alla passività in attesa che la Provvidenza risolva al posto nostro i problemi: la Provvidenza conosce solo uomini in cammino (don Calabria).
Non preoccupatevi, il Padre sa. Tra le tante cose che uniscono le tre grandi religioni, che ci fanno sentire vicini ai nostri fratelli ebrei e musulmani, ce n'è una bellissima: la certezza che Dio si prende cura, che Dio provvede.
Non preoccupatevi, Dio sa. Ma come faccio a dirlo a chi non trova lavoro, a chi non riesce ad arrivare a fine mese, non vede speranza per i figli? La soluzione non è fatta di parole: «Se uno è senza vestiti e cibo e tu gli dici, va in pace, non preoccuparti, riscaldati e saziati, ma non gli dai il necessario per il corpo, a che cosa ti serve la tua fede?» (Giacomo 2,16). Dio ha bisogno delle mie mani per essere Provvidenza. Io mi occupo di qualcuno, e allora il Dio che veste i fiori si occuperà di me.
Cercate prima di tutto il Regno. Vuoi essere una nota di libertà nell'azzurro, come un passero? Bello come un fiore? Cerca prima di tutto le cose di Dio, che sono solidarietà, generosità, amore, e troverai ciò che fa volare, ciò che fa fiorire!
Ermes Ronchi