Da
tempo ormai nella nostra tradizione e nei nostri comportamenti il
digiuno non ha più quasi posto, ci sembra una pratica troppo
esteriore e per questo la reputiamo inutile. Eppure il Signore Gesù
non solo non la esclude dalla sua vita – la quaresima non è altro
che l’imitazione del suo lungo digiuno – ma la pronostica
chiaramente per i suoi discepoli, per noi: «Verranno però
i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno»(Mt
9, 15). Forse senza accorgerci ragioniamo come gli stolti a cui fa
riferimento Isaia: «Perché digiunare se tu non lo vedi?»
(Is 58, 3). Invece non solo Dio
vede e sa il nostro digiuno ma soprattutto ama il nostro saper
sperimentare la fame.
In
realtà c’è bisogno di così poco per vivere! Il nostro corpo ha
bisogno di molto meno di quanto si possa immaginare per tenersi in
forma e in strettissima collaborazione con lo spirito perché
quest’ultimo possa continuare comunque il suo cammino e
il suo lavoro (128). Davanti
ai tempi che si facevano sempre più difficili Etty non fece altro
che adottare l’uso di un piccolo digiuno come preparazione alla
prova: dobbiamo abituare il nostro corpo a chiederci solo
l’indispensabile, soprattutto nel campo del cibo.
Una quaresima con Etty
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