Per
Etty il digiuno è una forma di profezia e, più precisamente, un
modo per iscrivere giorno dopo giorno nella propria anima attraverso
il proprio corpo il carisma profetico. Alla fine del suo Diario
la
ritroviamo come ammaliata da una sorta di scoperta della sua propria
vocazione interiore tanto che il termine tedesco le risulta
intraducibile nella sua lingua: Vorwegnehmen/anticipare
[…] Sono distesa qui da ieri sera, e intanto comincio ad assorbire
una piccola parte del gran dolore che dev’essere assorbito su tutta
la terra. Comincio a mettere al coperto (238) Alla
fine del suo Diario
- mentre
si apre l’ultimo anno della sua vita terrena che si spenderà tra
il fango del campo di Westerbork visitando e rivistando quelle grandi
baracche in cui si vive come topi in una fogna (85)
– con
piglio profetico ridice a se stessa con la forza degna dei suoi
grandi antenati ebrei: anticiperò
una piccola parte dei duri giorni che verranno (238).
Ma anticipare per Etty non significa parare i colpi bensì porsi
nell’atteggiamento giusto per acquisire la capacità di essere un
vero e proprio «riparatore
di brecce» (Is
59, 12).
Riparatore di brecce non certo in un atelier di raffinato
restauro bensì in un ambiente che Etty descrive in tutta la sua
crudeltà dicendo eccomi
dunque nell’inferno (132).
In
questo inferno, dove diventa un bene di lusso persino un
rotolo di carta igienica (112),
davanti alla minaccia incombente di così
grandi edifici e torri, costruiti dagli uomini con le loro mani e che
si innalzano sopra di noi, ci dominano, e possono crollarci addosso e
seppellirci (102),
questa donna si mette alla ricerca di un rifugio per la sua anima per
creare attorno a sé uno spazio di quiete per chi ne avesse bisogno:
Io sto cercando un
tetto che mi ripari ma dovrò costruirmi una casa pietra su pietra. E
così ognuno cerca una casa, un rifugio per sé. E io mi cerco sempre
un paio di parole (67).
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