sabato 12 ottobre 2013

Bisogna semplicemente spogliarci di tutto. Far piazza pulita. Accettare la nostra povertà. Rinunciare a tutto ciò che pesa, perfino al peso dei nostri peccati


 Eloi Leclerc, La sapienza di un povero

Non si può impedire al sole di illuminare il mondo - cap. 10

- Dio, nondimeno, esige da noi che ci si sforzi d’essergli fedeli - fece osservare Leone.
- Sì, senza dubbio - soggiunse Francesco. - Ma la santità non consiste in un compimento del proprio essere, né in uno stato di pienezza. La santità consiste, innanzitutto, in un vuoto che si scopre in noi e si accetta, e che Dio ricolma di sé nella misura in cui noi ci si apre alla sua pienezza.
«La nostra miseria, allorché viene accettata, diventa lo spazio libero dove Dio può ancora creare. Il Signore non consente a nessuno di togliergli la gloria. Egli è il Signore, l’Essere unico, il solo Santo. Ma prende il povero per mano, lo estrae dal suo fango e lo invita a sedere fra i principi del suo popolo, perché prenda visione della sua gloria. Dio diventa in tal modo l’azzurro dell’anima sua.
«Contemplare la gloria di Dio, frate Leone, scoprire che Dio è Dio, e Dio per sempre, ben oltre la nostra condizione umana, rallegrarci di Lui, estasiarci dinanzi alla sua eterna giovinezza, rendergli grazie per Lui stesso e per la sua misericordia che non verrà mai meno, tutto ciò costituisce la più profonda esigenza. di quell’amore che lo Spirito di Dio non cessa di diffondere nei nostri cuori. In ciò, appunto, consiste per noi l’avere il cuore puro.
«Ma questa purezza non si ottiene con la forza dei pugni tesi né con lo spasimo.
- E come, allora? - chiese Leone.
- Bisogna semplicemente spogliarci di tutto. Far piazza pulita. Accettare la nostra povertà. Rinunciare a tutto ciò che pesa, perfino al peso dei nostri peccati. Non veder altro che la gloria del Signore e lasciarcene irradiare. Ci basta che Dio esista. Allora il cuore si fa più leggero e non sente più se stesso, come l’allodola inebriata di spazio e d’azzurro. Libero da ogni cruccio e preoccupazione, il cuore non aspira se non ad una perfezione che coincide con la pura e semplice volontà divina.

venerdì 11 ottobre 2013

conoscere anche noi la gioia folle ed esuberante della nostra sorella acqua,


 Eloi Leclerc, La sapienza di un povero

Non si può impedire al sole di illuminare il mondo - cap. 10

 Scesero lungo il pendio d’un burrone, in fondo al quale s’udiva gemere un torrente.
Il luogo era solitario e bello d’una bellezza selvaggia e pura.
L’acqua schiumeggiava sulle rocce, ilare e chiara, piena di fugaci riflessi azzurrini.
Se ne diffondeva un gran senso di fresco,
che s’insinuava nel sottobosco circostante.
Alcuni ginepri erano fioriti qua e là fra le rocce al di sopra dell’acqua tumultuosa.
- Nostra sorella acqua! - esclamò Francesco avvicinandosi al torrente. - La tua purezza canta l’innocenza di Dio!
Saltando dall’una all’altra pietra, Leone si affrettò ad attraversare il torrente.
Francesco gli tenne dietro, ma ci impiegò più tempo.
Leone, che lo aspettava in piedi sull’altra riva,
guardava l’acqua limpida che scorreva veloce sulla sabbia dorata dal sole fra le rocce grigie.
Quando Francesco l’ebbe raggiunto,
Leone stava ancora nella sua attitudine contemplativa.
Pareva che non potesse più distaccarsi da quello spettacolo.
Francesco lo guardò e lo sorprese triste.
- Hai l’aria pensosa - gli disse Francesco.
- Se noi potessimo disporre di un po’ di questa purezza - rispose Leone -
potremmo conoscere anche noi la gioia folle ed esuberante della nostra sorella acqua,
nonché il suo slancio irresistibile.
Traspariva in queste parole una profonda nostalgia.
E lo sguardo di Leone fissava, colmo di tristezza,
il ruscello che continuava a scorrere nella sua inafferrabile purezza.
- Vieni - disse Francesco, tirandolo per un braccio.

giovedì 10 ottobre 2013

Ed è tanto diverso quando si son visti dei fiori negli anni dell’infanzia.


 Eloi Leclerc, La sapienza di un povero

Non si può impedire al sole di illuminare il mondo - cap. 10

«Tornerò presto», aveva detto Francesco alla donna.
Dopo pochi giorni, egli si rimise in cammino, sul far della sera, con frate Leone
per recarsi presso il bambino ammalato.
Portava con sé quel sacchetto di semi di fiori
che sorella Chiara gli aveva dato quando era passato da San Damiano.
Li seminerò sotto la finestra dei bambini, pensava Francesco;
fornirò in tal modo un po’ di gioia ai loro sguardi.
Quand’essi vedranno la loro casupola tutta fiorita,
l’ameranno di più.
Ed è tanto diverso quando si son visti dei fiori negli anni dell’infanzia.
Francesco si lasciava cullare da questi pensieri, mentre seguiva Leone attraverso i boschi.
Essi erano soliti camminare in silenzio dentro la grande natura.

mercoledì 9 ottobre 2013

Bisogna confidare nella sua misericordia, diffidare completamente delle nostre forze ed essere convinti che tutta la nostra debolezza deriva dal far assegnamento su di esse.


ACCETTARE LA PROPRIA DEBOLEZZA   (Pensieri sull'amore di Dio 3, 12)
«Non lamentiamoci dei nostri timori né ci scoraggi vedere la debolezza della nostra natura e dei nostri sforzi.
Piuttosto cerchiamo di rafforzarci nell'umiltà
e di renderci ben conto di quanto siano limitate le nostre possibilità e del fatto che,
senza l'aiuto di Dio,
non siamo nulla.
Bisogna confidare nella sua misericordia, diffidare completamente delle nostre forze ed essere convinti che tutta la nostra debolezza deriva dal far assegnamento su di esse.
Non senza una profonda ragione nostro Signore ha voluto manifestare debolezza.
È chiaro che non la sentiva,
essendo egli la stessa forza;
ma l'ha fatto per nostra consolazione,
per mostrarci quanto sia opportuno
passare dai desideri alle opere e indurci a considerare che,
quando un'anima comincia a mortificarsi,
tutto le riesce gravoso.
Se si accinge a lasciare le proprie comodità, che pena!
Se a trascurare l'onore, che tormento!
Se deve sopportare una parola ostile, che cosa intollerabile!
Insomma, è assalita da ogni parte da tristezze mortali.
Ma, appena si deciderà a morire al mondo, si vedrà libera da queste pene;
anzi, non nutrirà più alcun timore di lamentarsi,
una volta conseguita la pace richiesta dalla sposa».
Santa Teresa d'Avila

martedì 8 ottobre 2013

negli ultimi è Amore con l’universo delle donne e degli uomini, nello spazio e nel tempo e con la totalità dell’essere, amore cosmico che era, sta e viene nell’amore di tutte le donne e di tutti gli uomini, nei loro sforzi per ...


Se il tuo Dio è bambino di strada umiliato,
maltrattato,
assassinato,
bambina,
ragazza,
donna violentata,
venduta,
usata,
omosessuale che si dà fuoco senza diritto di esistere,
handicappato fisico,
mentale,
compatito,
prostituta dell’Africa,
dei Paesi dell’est,
che tenta di sfuggire la fame e la miseria creata dai nostri stessi Paesi,
transessuale deriso e perseguitato,
emigrato sfruttato e senza diritti,
barbone senza casa né considerazione,
popolo del Terzo mondo al di sotto della soglia di povertà,
ragazza mai baciata,
giovane senza amore,
donna e uomo cancellati in carcere,
prigioniero politico che non svende i suoi ideali,
ammalato di Aids accantonato,
vittima di sacre inquisizioni,
roghi,
guerre,
intolleranze religiose,
indigeno sterminato dall’invasione cattolica dell’America,
africano venduto come schiavo a padroni cristiani,
ebreo,
rom,
omosessuale o altro dissidente sterminato ad Auschwitz e negli altri lager nazisti o nei gulag sovietici,
morto sul lavoro sacrificato alla produzione,
palestinese,
maya o indigeno derubato della sua terra,
vittima della globalizzazione;
se il tuo Dio ti spinge a condividere con loro ciò che hai e ciò che sei,
a difendere i diritti degli omosessuali e degli handicappati,
a rispettare quelli che hanno altre religioni e opinioni,
a stare dalla parte degli ultimi
a preferire loro all’oppressore che vive nei fasti di palazzi profani o sacri, viaggia con aerei privati, viene ricevuto con gli onori militari e osannato dalle folle;
se egli considera la terra e i beni non come privilegio di alcuni, ma come proprietà di tutti,
se ama ricchi e oppressori strappando loro le ingiustizie che li divorano come cancro togliendo il superfluo rubato e rovesciando i potenti dai loro troni sacri o profani,
se non gli piacciono le armi, le guerre e le gerarchie,
se non fa gravare, come i farisei, pesi sugli altri che lui stesso non può portare,
se non proibisce il preservativo che ostacola la diffusione dell’Aids,
se ha rispetto per chi vive delle gravidanze non desiderate,
se non impone alle donne le sue convinzioni sull’aborto ma sta loro vicino con amore e solidarietà,
se non è maschilista e non discrimina le donne,
se non toglie alle persone non sposate il diritto di amare,
se non consacra la loro subordinazione,
se non impone nulla, ma favorisce la libertà di coscienza,
se rispetta gli altri dei e le altre dee,
se non pensa di essere il solo vero Dio,
se non è convinto di avere la verità in tasca e cerca con gli altri; se è umile, tenero, dolce, a volte smarrito e incerto,
se si arrabbia quando è necessario e butta fuori dal tempio commercianti e sacri banchieri,
se ama madre terra, piante, animali, fiori e stelle;
se è povero tra i poveri,
se annuncia a tutti il vangelo di liberazione degli oppressi e ci libera da tutte le religioni degli oppressori;
allora qualunque sia il suo nome, il suo sesso, la sua etnia il colore della pelle,
nera, gialla, rossa o pallida,
qualunque sia la sua religione,
animista,
cattolica,
protestante,
induista,
musulmana,
maya,
valdese,
shintoista,
ebrea,
buddista,
dei testimoni di Geova,
Chiesa dei santi degli ultimi giorni,
di qualsiasi Chiesa o setta non m’importa
egli sarà anche il mio Dio
perché manifestandosi negli ultimi è Amore con l’universo delle donne e degli uomini,
nello spazio e nel tempo e con la totalità dell’essere,
amore cosmico che era,
sta e viene nell’amore di tutte le donne e di tutti gli uomini,
nei loro sforzi per la giustizia,
la libertà,
la felicità e la pace.
Don Andrea Gallo
Le preghiere di un utopista

lunedì 7 ottobre 2013

Per non gettare via una tazza, come per un'amicizia, ci vogliono due sentimenti ormai inusuali ma importantissimi come la pazienza e la fedeltà. La pazienza per il suo ruolo somiglia ad un mattone, la fedeltà ad una radice. Con i mattoni si costruisce, grazie alle radici si cresce. (Susanna Tamaro)


Una tazza sbrecciata,
una tazza resa scura dai molti tè bevuti,
è una tazza che ha vissuto con noi,
un oggetto a cui abbiamo prestato pazienza e attenzione,
un oggetto che nel tempo si è caricato dei nostri umori e dei nostri sentimenti
e ci ha ricambiati col suo servizio.
Uno lunga amicizia porta gli stessi identici segni di una tazza annerita dal tempo:
ci sono incrinature e ombre negli oggetti quotidiani così come
ci sono momenti di incrinatura e ombra nelle amicizie.
Per non gettare via una tazza,
come per un'amicizia,
ci vogliono due sentimenti ormai inusuali
ma importantissimi come la pazienza e la fedeltà.
La pazienza per il suo ruolo somiglia ad un mattone,
la fedeltà ad una radice.
Con i mattoni si costruisce, grazie alle radici si cresce.
 (Susanna Tamaro)

domenica 6 ottobre 2013

In ogni istante mi è offerta la possibilità di ricominciare da zero. Posso cogliere questa occasione e dirmi: tutto è nuovo..

Ascoltate la storia che ci racconta Bertold Brecht.
Karl ha una moglie e un'amante.
Si reca dalla moglie e sua moglie gli dice:
"Ti conosco, so quando hai fame, so quando hai sete, so quando hai sonno, so che cosa ti piace mangiare, so, so, so...".
Va a trovare l'amante. E l'amante gli dice:
"Non so niente di te. So soltanto che il mio cuore batte quando i tuoi passi si avvicinano."
In ogni istante della nostra esistenza possiamo scegliere di essere la moglie:
io so, è così, è colà ho già fatto brutte esperienze. E' già successo. E' risaputo.
Ma in ogni istante posso essere l'amante.
In ogni istante mi è offerta la possibilità di ricominciare da zero.
Posso cogliere questa occasione e dirmi: tutto è nuovo...
(Christiane Singer, Del buon uso delle crisi, Servitium)