sabato 31 maggio 2014

la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l'inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina.


Dalle «Omelie» di san Beda il Venerabile, sacerdote
(Lib. 1, 4; CCL 122, 25-26, 30)
Maria magnifica il Signore che opera in lei

    «L'anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore» (Lc 1, 46). Con queste parole Maria per prima cosa proclama i doni speciali a lei concessi, poi enumera i benefici universali con i quali Dio non cessò di provvedere al genere umano per l'eternità.
    Magnifica il Signore l'anima di colui che volge a lode e gloria del Signore tutto ciò che passa nel suo mondo interiore, di colui che, osservando i precetti di Dio, dimostra di pensare sempre alla potenza della sua maestà.
    Esulta in Dio suo salvatore, lo spirito di colui che solo si diletta nel ricordo del suo creatore dal quale spera la salvezza eterna.
    Queste parole, che stanno bene sulle labbra di tutte le anime perfette, erano adatte soprattutto alla beata Madre di Dio. Per un privilegio unico essa ardeva d'amore spirituale per colui della cui concezione corporale ella si rallegrava. A buon diritto ella poté esultare più di tutti gli altri santi di gioia straordinaria in Gesù suo salvatore. Sapeva infatti che l'autore eterno della salvezza, sarebbe nato dalla sua carne, con una nascita temporale e in quanto unica e medesima persona, sarebbe stato nello stesso tempo suo figlio e suo Signore.
    «Cose grandi ha fatto a me l'onnipotente e santo è il suo nome».
    Niente dunque viene dai suoi meriti, dal momento che ella riferisce tutta la sua grandezza al dono di lui, il quale essendo essenzialmente potente e grande, è solito rendere forti e grandi i suoi fedeli da piccoli e deboli quali sono. Bene poi aggiunse: «E Santo è il suo nome», per avvertire gli ascoltatori, anzi per insegnare a tutti coloro ai quali sarebbero arrivate le sue parole ad aver fiducia nel suo nome e a invocarlo. Così essi pure avrebbero potuto godere della santità eterna e della vera salvezza, secondo il detto profetico: «Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato» (Gl 3, 5).
    Infatti è questo stesso il nome di cui sopra si dice: «Ed esultò il mio spirito in Dio, mio salvatore».
    Perciò nella santa Chiesa è invalsa la consuetudine bellissima ed utilissima di cantare l'inno di Maria ogni giorno nella salmodia vespertina. Così la memoria abituale dell'incarnazione del Signore accende di amore i fedeli, e la meditazione frequente degli esempi di sua Madre, li conferma saldamente nella virtù. Ed è parso bene che ciò avvenisse di sera, perché la nostra mente stanca e distratta in tante cose, con il sopraggiungere del tempo del riposo si concentrasse tutta in se medesima.

venerdì 30 maggio 2014

Quando la maternità di Maria viene estesa alla Chiesa, si esprime da una parte l'esperienza della maternità salvifica compiuta dalla comunità cristiana in riferimento ai nuovi figli di Dio, e dall'altra l'interpretazione che ne offriva il cammi­no storico di Maria, reso concreto nella sua presenza.


Maria, la Madre
Carlo Molari
Maria madre della Chiesa
La funzione di Maria, attraverso un nuovo rapporto con i discepoli di Gesù, si è prolungata oltre la morte del figlio: «Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco tuo figlio".
Poi disse al discepolo: "Ecco tua madre". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa» (Gv 19,26-27). Quando la maternità di Maria viene estesa alla Chiesa, si esprime da una parte l'esperienza della maternità salvifica compiuta dalla comunità cristiana in riferimento ai nuovi figli di Dio, e dall'altra l'interpretazione che ne offriva il cammi­no storico di Maria, reso concreto nella sua presenza. In altre parole, parlando della maternità di Maria nei confronti della Chiesa, noi abbiamo come referente immediato l'esperienza di far crescere figli di Dio, che la comunità dei credenti fin dall'inizio ha compiuto e compie ancora nella storia, esperienza compresa alla luce della fede di Maria nel compiere la volontà di Dio, del suo amore nell'accompagnare Gesù come madre e del significato che la sua maternità ha avuto nella ri­flessione della comunità credente.

D'altra parte, Maria stessa era espressione di una co­munità di credenti, il piccolo resto di Israele, il gruppo dei poveri che ponevano in Dio la loro speranza. Il Magnificat, con cui la prima comunità cristiana riassu­me i tratti di questa spiritualità (Lc 1,46-55), come ap­paiono nella vita di Maria, traduce in modo esemplare l'esperienza dei primi cristiani, nella cui comunità Dio «operava grandi cose».

La pietà mariana utilizza prevalentemente formule traslate, che hanno una referenza sdoppiata: l'azione salvifica di Dio nella vita di Maria, tradotta nella sua funzione di Madre nei confronti di Gesù, e continuata attraverso la comunità ecclesiale lungo i secoli. L'uso delle formule mariologiche che non tenga conto di questo fatto corre il rischio di mitologia (interpreta­zione in senso proprio di formule traslate) ed è la ra­gione dello sviluppo abnorme di una certa mariologia cattolica degli ultimi due secoli.

Il referente delle formule relative alla funzione salvifica di Maria e quindi al rapporto Maria-Chiesa è l'e­sperienza salvifica della comunità credente. Se questa è carente, anche le espressioni della pietà mariana ne risentono. Esse infatti esprimono qualità o attuali azio­ni di Maria solo in quanto mediate dalla fede e dalla esperienza ecclesiale. La Chiesa infatti continua ora la funzione materna di Maria di far crescere i figli di Dio fino alla statura indicata dal Figlio di Maria, costituito per noi Messia e Signore (At 2,39), «iniziatore e con­sumatore della nostra fede» (Eb 12,2).

giovedì 29 maggio 2014

La funzione di Maria perciò non può essere espres­sa solamente con formule relative alla maternità fisi­ca, perché essa è stata possibile e si è sviluppata per una fedeltà di risposte senza ripensamenti e nell'ab­bandono senza riserve all'azione salvifica di Dio.


Maria, la Madre
Carlo Molari
Madre di Gesù Cristo
Il primo dato su cui riflettere riguarda la funzione di Maria nella crescita umana di Gesù e la scoperta che ne ha fatto la comunità dei fedeli nella sua esperienza dopo la Pentecoste. La crescita personale di Gesù, che Luca (Lc 2,52) riassume in una formula molto concisa ed efficace, è stata concretamente possibile in virtù del­l'amore che lo accompagnava e dell'energia vitale che gli comunicava chi gli stava accanto nella sua avventu­ra umana. Essere madre significa far crescere un figlio offrendogli ogni giorno forza di vita, ed esige che gli si insegni ad amare, a stabilire rapporti positivi con gli altri, a vincere le paure e ad affrontare le difficoltà del­la vita. Per Maria, a differenza di molte altre madri, questo compito materno si prolungò fino alla morte di Gesù, consegnandolo al suo destino di Unto del Si­gnore e insegnandogli quindi a morire. Comprendia­mo, perciò, perché Giovanni abbia posto Maria sotto la croce, come ultimo atto della sua maternità.

Ma non sarebbe sufficiente dire che Maria ha dato alla luce Gesù e lo ha fatto crescere come figlio fino al­la morte, avvolgendolo d'amore e insegnandogli a mo­rire, se non si coglie la dimensione teologale della sua missione. La fede di Maria, cioè l'atteggiamento nei confronti di Dio, che caratterizzava la sua esistenza, fa­ceva della sua azione materna un'espressione concre­ta della presenza di Dio nella storia umana. Per il suo ascolto silenzioso ed attento in Maria la Parola di Dio assumeva espressione nuova. In Lei giungeva a compi­mento il processo della rivelazione. Maria, come Ma­dre, ha insegnato a Gesù la fede nel Padre, gli ha in­dotto l'atteggiamento teologale, che caratterizza tutta la sua spiritualità, e lo ha reso rivelazione del Padre o icona di Dio. Gesù, infatti, ha rivelato Dio perché nel­la sua realtà umana è stato così perfetto da essere tra­duzione del progetto che Dio ha per l'uomo, così tra­sparente alla presenza di Dio da consentirne la piena manifestazione nella carne. Gesù non è un semidio o un essere metastorico; nella sua realtà umana non ha alcuna maggiorazione che lo faccia diverso da noi: è perfettamente ed esclusivamente uomo. Appunto per questo Gesù nella sua esistenza storica ha svelato i tratti essenziali dell'azione e della parola di Dio che salva­no, ed è stato costituito Messia e Signore (cf At 2,36). Giovanni esprime questa realtà con le espressioni che pone sulla bocca di Gesù: «Le parole che io vi dico non le dico da me stesso; il Padre, che dimora in me, fa le sue opere» (Gv 14,10) e «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). La ragione di queste affermazioni sorprendenti stava nel fatto che le opere di Gesù erano trasparenza perfetta dell'azione divina e che le sue pa­role esprimevano senza residui la verità di Dio (cf Gv 2,49-50; 14,10). Il compimento della rivelazione di Dio si è realizzato sulla croce, che ha avuto come risvolto divino la risurrezione, dove Gesù è stato costituito Fi­glio di Dio in pienezza per opera dello Spirito. Sulla croce, infatti, Gesù è nato, come Messia e come Figlio di Dio, da Maria e dallo Spirito.

La funzione di Maria perciò non può essere espres­sa solamente con formule relative alla maternità fisi­ca, perché essa è stata possibile e si è sviluppata per una fedeltà di risposte senza ripensamenti e nell'ab­bandono senza riserve all'azione salvifica di Dio. La fe­de in Dio e il fiducioso compimento della sua volontà la rende madre, capace cioè di indurre fede nel figlio, di fargli percepire la realtà di Dio e di renderlo icona del suo amore.


mercoledì 28 maggio 2014

La maternità di Maria è il tratto fondamentale della sua persona e quindi deve essere riferimento fonda­mentale di ogni spiritualità mariana.

Maria, la Madre
Carlo Molari

La maternità di Maria è il tratto fondamentale della sua persona e
quindi deve essere riferimento fonda­mentale di ogni spiritualità mariana.
Vi sono ambiti di­versi della maternità di Maria,
che è opportuno distin­guere.
Quando diciamo che Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito,
lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia» (Lc 2,7),
ci riferiamo alla mater­nità biologica o fisica,
ma anche alla funzione creatri­ce della sua fede.
Quando invece diciamo che Maria è madre di Dio e madre della chiesa,
ci poniamo in un piano diverso, usiamo il termine non in senso proprio
ma traslato, senso che ci obbliga a puntare gli occhi al­trove.
E precisamente verso due direzioni:
verso Gesù glorificato, costituito Figlio di Dio in pienezza,
per ope­ra dello Spirito nella risurrezione dai morti (Rm 1,4)
e verso la comunità cristiana,
che ha scoperto l'efficacia dell'azione salvifica di Dio nella storia di Maria
e il va­lore della sua fedeltà.

martedì 27 maggio 2014

Per questa sua posizione organica centrale ed essenziale, la chiamiamo volentieri cuore della Chiesa.


Lc 1,39-56
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente.

Maria è il simbolo più perfetto della Chiesa perché ne è prototipo e origine.
Ne è anche un organo particolarissimo:
l’organo da cui fu formato tutto il Corpo mistico,
anzi il Capo  stesso.
Per questa sua posizione organica centrale ed essenziale,
la chiamiamo volentieri cuore della Chiesa.
Le espressioni corpo, capo e cuore, sono certo delle immagini;
ma ciò che si ’intende esprimere è certamente una realtà.
Il capo e il cuore, infatti, svolgono, nel corpo umano, un compito d’eccezione:
tutti gli altri organi e membra da loro dipendono nel loro essere e nel loro agire,
e fra capo e cuore vi è una connessione specialissima.
Chiamare Maria nostra madre, non è una semplice immagine.
Maria è nostra madre in un senso reale ed eminente, in un senso, cioè,
che trascende la maternità terrena.
Ella ci ha generato alla vita della grazia,
quando ha donato tutta se stessa, tutto il suo essere, il suo corpo e la sua anima, alla maternità divina. E per questo che ci è tanto vicina.
Ci ama e ci conosce, si’impegna a fare di ciascuno di noi ciò che deve ’essere;
soprattutto a portare ciascuno di noi alla più intima unità col Signore.
Ma come la grazia non può compiere la propria azione nelle anime
se esse non le si aprono con tutta libertà,
così anche Maria non può realizzare in pieno la sua maternità,
se gli uomini non si abbandonano a Lei.
Le donne che desiderano adempiere la loro vocazione di donne,
nei diversi modi possibili,
raggiungeranno nel modo più sicuro il fine,
se terranno solo davanti agli occhi, in modo vivido,
l’immagine della Virgo-Mater e
cercheranno di imitarla nel proprio lavoro di formazione,
ma anche se si affideranno alla sua guida, ponendosi totalmente sotto la sua direzione.
 Ella può formare a propria immagine coloro che le appartengono.
L’anima della donna deve essere
silenziosa
per ascoltare l’annuncio;
ampia e aperta
per andare ad annunciare;
luminosa,
perché non vi siano angoli bui in cui non possa penetrare il messaggio;
deve essere riservata e vuota di sé
per lasciare ampio spazio a chi riceve il messaggio;
e deve essere disponibile a ogni appello del Signore,
come quando Gesù chiama: “Maria”.
Edith Stein, La Donna.

lunedì 26 maggio 2014

Salve, o Madre, Regina del mondo.


Fonte di ogni grazia
Giovanni Paolo II

Salve, o Madre, Regina del mondo.
Tu sei la Madre del bell'Amore,
Tu sei la Madre di Gesù,
fonte di ogni grazia,
il profumo di ogni virtù,
lo specchio di ogni purezza.
Tu sei gioia nel pianto,
vittoria nella battaglia,
speranza nella morte.
Quale dolce sapore il tuo nome
nella nostra bocca,
quale soave armonia
nelle nostre orecchie,
quale ebbrezza nel nostro cuore!
Tu sei la felicità dei sofferenti,
la corona dei martiri,
la bellezza delle vergini.
Ti supplichiamo,
guidaci dopo questo esilio
al possesso del tuo Figlio, Gesù.
Amen.

domenica 25 maggio 2014

per una legge interiore ben più esigente di qualsiasi legge esterna. Ama e poi va' dove ti porta il cuore


 (Letture: Atti 8,5-8.14-17; Sal­mo 65; 1 Pietro 3 ,15-18; Gio­vanni 14, 15-21).
Commento di Ermes Ronchi
Il nostro respiro, un soffio nel vento di Dio

Se mi amate osserverete i miei comandamenti.
Tutto comincia con una parola carica di delicatezza e di rispetto:
se mi amate...
“Se”:
un punto di partenza così umile, così libero, così fiducioso.
Non si tratta di una ingiunzione (dovete osservare) ma di una constatazione:
se amate, entrerete in un mondo nuovo.
Lo sappiamo per esperienza:
se ami si accende un sole, l
e azioni si caricano di forza e di calore, di intensità e di gioia.
Fiorisce la vita come un fiore spontaneo.
Osserverete i comandamenti “miei”, dice.
E miei non tanto perché prescritti da me, ma perché riassumono me e tutta la mia vita. Se mi amate, vivrete come me!
Se ami Cristo, lui ti abita i pensieri, le azioni, le parole e li cambia.
E tu cominci a prendere quel suo sapore di libertà, di pace, di perdono, di tavole imbandite e di piccoli abbracciati, di relazioni buone, la bellezza del suo vivere.
Cominci a vivere la sua vita buona, bella e beata.
Ama e fa quello che vuoi (sant'Agostino).
Se ami,
non potrai ferire, tradire, derubare, violare, deridere.
Se ami,
non potrai che soccorrere, accogliere, benedire.
E questo per una legge interiore ben più esigente di qualsiasi legge esterna.
Ama e poi va' dove ti porta il cuore.
In una specie di commovente, suadente monotonia Gesù per sette volte nel brano ripete: voi in me, io in voi, sarò con voi, verrò da voi.
Attraverso una parola di due sole lettere “in”
racconta il suo sogno di comunione.
Io nel Padre, voi in me, io in voi:
dentro, immersi, uniti, intimi.
Gesù che cerca spazi, spazi nel cuore.
Io sono tralcio unito alla madre vite,
goccia nella sorgente,
raggio nel sole,
scintilla nel grande braciere della vita,
respiro nel suo vento.
Non vi lascerò orfani.
Non lo siete ora e non lo sarete mai: mai orfani, mai abbandonati, mai separati.
La presenza di Cristo non è da conquistare, non è da raggiungere, non è lontana.
È già data, è dentro, è indissolubile, fontana che non verrà mai meno.
Molti intendono la fede come tensione verso un oggetto di desiderio mai raggiunto o come ricordo di un tempo dell'oro perduto.
Ma Gesù ribalta questo atteggiamento:
fonda la nostra fede su un pieno non su un vuoto;
sul presente, non sul passato;
sull'amore per un vivo e non sulla nostalgia.
Noi siamo già in Dio, come un bimbo nel grembo di sua madre.
E se non può vederla, ha però mille segni della sua presenza,
che lo avvolge, la scalda, lo nutre, lo culla.
E infine l'obiettivo di Gesù: Io vivo e voi vivrete: far vivere è la vocazione di Dio, la mania di Gesù, il suo lavoro è quello di essere nella vita datore di vita.
È molto bello sapere che la prova ultima della bontà della fede
sta nella sua capacità di trasmettere e custodire umanità, vita, pienezza di vita.
E poi, di farci sconfinare in Dio.