giovedì 29 maggio 2014

La funzione di Maria perciò non può essere espres­sa solamente con formule relative alla maternità fisi­ca, perché essa è stata possibile e si è sviluppata per una fedeltà di risposte senza ripensamenti e nell'ab­bandono senza riserve all'azione salvifica di Dio.


Maria, la Madre
Carlo Molari
Madre di Gesù Cristo
Il primo dato su cui riflettere riguarda la funzione di Maria nella crescita umana di Gesù e la scoperta che ne ha fatto la comunità dei fedeli nella sua esperienza dopo la Pentecoste. La crescita personale di Gesù, che Luca (Lc 2,52) riassume in una formula molto concisa ed efficace, è stata concretamente possibile in virtù del­l'amore che lo accompagnava e dell'energia vitale che gli comunicava chi gli stava accanto nella sua avventu­ra umana. Essere madre significa far crescere un figlio offrendogli ogni giorno forza di vita, ed esige che gli si insegni ad amare, a stabilire rapporti positivi con gli altri, a vincere le paure e ad affrontare le difficoltà del­la vita. Per Maria, a differenza di molte altre madri, questo compito materno si prolungò fino alla morte di Gesù, consegnandolo al suo destino di Unto del Si­gnore e insegnandogli quindi a morire. Comprendia­mo, perciò, perché Giovanni abbia posto Maria sotto la croce, come ultimo atto della sua maternità.

Ma non sarebbe sufficiente dire che Maria ha dato alla luce Gesù e lo ha fatto crescere come figlio fino al­la morte, avvolgendolo d'amore e insegnandogli a mo­rire, se non si coglie la dimensione teologale della sua missione. La fede di Maria, cioè l'atteggiamento nei confronti di Dio, che caratterizzava la sua esistenza, fa­ceva della sua azione materna un'espressione concre­ta della presenza di Dio nella storia umana. Per il suo ascolto silenzioso ed attento in Maria la Parola di Dio assumeva espressione nuova. In Lei giungeva a compi­mento il processo della rivelazione. Maria, come Ma­dre, ha insegnato a Gesù la fede nel Padre, gli ha in­dotto l'atteggiamento teologale, che caratterizza tutta la sua spiritualità, e lo ha reso rivelazione del Padre o icona di Dio. Gesù, infatti, ha rivelato Dio perché nel­la sua realtà umana è stato così perfetto da essere tra­duzione del progetto che Dio ha per l'uomo, così tra­sparente alla presenza di Dio da consentirne la piena manifestazione nella carne. Gesù non è un semidio o un essere metastorico; nella sua realtà umana non ha alcuna maggiorazione che lo faccia diverso da noi: è perfettamente ed esclusivamente uomo. Appunto per questo Gesù nella sua esistenza storica ha svelato i tratti essenziali dell'azione e della parola di Dio che salva­no, ed è stato costituito Messia e Signore (cf At 2,36). Giovanni esprime questa realtà con le espressioni che pone sulla bocca di Gesù: «Le parole che io vi dico non le dico da me stesso; il Padre, che dimora in me, fa le sue opere» (Gv 14,10) e «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30). La ragione di queste affermazioni sorprendenti stava nel fatto che le opere di Gesù erano trasparenza perfetta dell'azione divina e che le sue pa­role esprimevano senza residui la verità di Dio (cf Gv 2,49-50; 14,10). Il compimento della rivelazione di Dio si è realizzato sulla croce, che ha avuto come risvolto divino la risurrezione, dove Gesù è stato costituito Fi­glio di Dio in pienezza per opera dello Spirito. Sulla croce, infatti, Gesù è nato, come Messia e come Figlio di Dio, da Maria e dallo Spirito.

La funzione di Maria perciò non può essere espres­sa solamente con formule relative alla maternità fisi­ca, perché essa è stata possibile e si è sviluppata per una fedeltà di risposte senza ripensamenti e nell'ab­bandono senza riserve all'azione salvifica di Dio. La fe­de in Dio e il fiducioso compimento della sua volontà la rende madre, capace cioè di indurre fede nel figlio, di fargli percepire la realtà di Dio e di renderlo icona del suo amore.


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