sabato 20 aprile 2013

E voi credete ancora che contino le idee? Ma quali idee...


MI FA MALE IL MONDO
Di Giorgio Gaber-Sandro Luporini

(..)Mi fa male qualsiasi tipo di potere, quello conosciuto, ma anche quello sconosciuto, sotterraneo, che poi è il vero potere. Mi fanno male le oscillazioni e i rovesci misteriosi dell'alta finanza. Più che male mi fanno paura, perché mi sento nel buio, non vedo le facce. Nessuno ne parla, nessuno sa niente: sono gli intoccabili. Facce misteriose che tirano le fila di un meccanismo invisibile, talmente al di sopra di noi da farci sentire legittimamente esclusi. È lì, in chissà quali magici e ovattati saloni che a voce bassa e con modi raffinati si decidono le sorti del nostro mondo: dalle guerre di liberazione, ai grandi monopoli, dalle crisi economiche, alle cadute dei muri, ai massacri più efferati.
Mi fa male quando mi portano il certificato elettorale.
Mi fa male la democrazia, questa democrazia che è l'unica che io conosco.
Mi fa male la prima repubblica, la seconda, la terza, la quarta.
Mi fanno male i partiti, più che altro… tutti. Mi fanno male i politici, sempre più viscidi, sempre più brutti. Mi fanno male i loro modi accomodanti, imbecilli, ruffiani. E come sono vicini a noi elettori, come ci ringraziano, come ci amano. Ma sì, io vorrei anche dei bacini, dei morsi sul collo... per capire bene che lo sto prendendo nel culo. Tutti, tutti, l'abbiamo sempre preso nel culo... da quelli di prima, da quelli di ora, da tutti quelli che fanno il mestiere della politica.
Che ogni giorno sono lì a farsi vedere. Ma certo, hanno bisogno di noi che li dobbiamo appoggiare, preferire, li dobbiamo votare, in questo ignobile carosello, in questo grande e libero mercato delle facce… facce, facce, facce che lasciano intendere di sapere tutto e non dicono niente. Facce che non sanno niente e dicono… di tutto!
Facce suadenti e cordiali, col sorriso di plastica.
Facce esperte e competenti che crollano al primo congiuntivo.
Facce compiaciute, vanitose, che si auto incensano come vecchie baldracche.
Facce da galera, che non sopportano la galera e si danno malati.
Facce che dietro le belle frasi hanno un passatio vergognoso da nascondere.
Facce da bar che ti aggrediscono con un delirio di sputi e di idiozie.
Facce megalomani, da ducetti dilettanti.
Facce ciniche da scuola di partito, allenate ai sotterfugi e ai colpi bassi.
Facce che hanno sempre la risposta pronta e non trovi mai il tempo di mandarle a fare in culo!
Facce che straboccano solidarietà.
Facce da mafiosi, che combattono la mafia.
Facce da servi intellettuali, da servi gallonati, facce da servi e basta.
Facce scolpite nella pietra che con grande autorevolezza sparano cazzate!
Non c'è neanche una faccia, neanche una che abbia dentro il segno di qualsiasi ideale. Una faccia che ricordi il coraggio, il rigore, l'esilio, la galera. No, c'è solo l'egoismo incontrollato, la smania di affermarsi, il potere, il denaro, l'avidità più schifosa, dentro a queste facce impotenti e assetate di potere.
Facce che ogni giorno assaltano la mia faccia in balia di tutti questi nessuno.
E voi credete ancora che contino le idee? Ma quali idee...
La cosa che mi fa più male è vedere le nostre facce con dentro le ferite di tutte le battaglie che non abbiamo fatto.
E mi fa ancora più male vedere le facce dei nostri figli con la stanchezza anticipata di ciò che non troveranno.
Sì, abbiamo lasciato in eredità forse un normale benessere, ma non abbiamo potuto lasciare quello che abbiamo dimenticato di combattere e quello che abbiamo dimenticato di sognare.
Bisogna assolutamente trovare il coraggio di abbandonare i nostri meschini egoismi e cercare un nuovo slancio collettivo magari scaturito proprio dalle cose che ci fanno male, dai disagi quotidiani, dalle insofferenza comuni, dal nostro rifiuto! Perché un uomo solo che grida il suo no, è un pazzo. Milioni di uomini che gridano lo stesso no, avrebbero la possibilità di cambiare veramente il mondo. (..)
https://www.youtube.com/watch?v=bSrnnU8j9oc

venerdì 19 aprile 2013

Con questi quattro stracci addosso, assaporo l’eleganza di un universo che abbraccia il mio orizzonte

Con questi quattro stracci addosso,
non devo abbassare il capo
di fronte a nessuno,
non devo battere i pugni
sul tavolo della vita
per ottenere l’attenzione del cielo,
non devo sentirmi a disagio
alla mensa del tempo
e al brindisi della pace.

Mi bastano questi quattro stracci,
per entrare a pieno titolo
nel mondo delle creature di Dio,
per sfilare sulla passerella
di quanti sono amati
fin dall’eternità.

Con questi quattro stracci addosso,
assaporo l’eleganza di un universo
che abbraccia il mio orizzonte
più di quanto io possa immaginare.

Con questi quattro stracci addosso,
io sono al tuo cospetto,
un re,
un angelo,
un figlio prediletto,
Padre mio.
(Eric Pearlam)

giovedì 18 aprile 2013

che cosa posso pretendere di più dal mio Dio?


Ho messo tutto insieme:
la miseria e la superbia,
gli errori e la presunzione,
i peccati e la vergogna.
Così,
con questo fardello
sulle mie spalle,
dopo tanto girovagare,
sono tornato da te.
E tu ti sei commosso, Signore.
Mi hai guardato
e ti sei commosso.
Hai versato lacrime di padre
e mi ha abbracciato.
E io, povero uomo,
che cosa posso pretendere di più
dal mio Dio?

(Eric Pearlman)

mercoledì 17 aprile 2013

Ci sei stato dentro nella vita, fino al collo

Mi puoi sostituire, Signore?
Non per molto.
Forse bastano anche solo un paio di giorni.
Prendi il mio posto.
Diventa me:
mettiti i miei pantaloni, il mio giaccone blu, il mio berretto di lana.
Timbra il cartellino alle 7
e, nella pausa pranzo,
vai tu a parlare col capo officina.
Quando torni a casa,
spiega tu a mia moglie
che anche questo mese sarà dura.
Spiega tu a Michele
che si deve tenere gli occhiali vecchi
ancora per un po' perché mancano i soldi per quelli nuovi.
Passa tu la notte da mia madre,
in quell'ospedale che sembra una prigione.
Sistema tu, almeno qualcuno dei mille casini
che mi sono piovuti addosso.
Non sono un vigliacco, Signore!
Se ti chiedo di prendere il mio posto
è solo perché ho paura di non essere all'altezza
e so che tu potresti sistemare tutto.
Se ti chiedo di prendere il mio posto
è perché forse non ho ancora capito
che tu l'hai già preso una volta
e non hai scelto scorciatoie.
Ci sei stato dentro nella vita,
fino al collo, fino alla croce fino al mattino di Pasqua.
Resto io al mio posto, Signore.
Ma tu stammi vicino.
(Eric Pearlam)

martedì 16 aprile 2013

Tu l’autore, io la penna. Tu il libro, io la carta.

Ho sguainato la mia spada
contro i mostri dell’ombra;
ho pronunciato parole straniere
contorcendo le labbra
in suoni impronunciabili;
ho stretto rettili e bevuto veleno;
ho versato farmaci di preghiera
su inguaribili ferite.

Ma non ero io, Signore.

Eri Tu il guerriero,
Tu l’interprete,
Tu l’incantatore,
Tu il medico.

Io Ti ho prestato soltanto
due deboli mani,
una voce stonata,
un rammendato coraggio
e una fede traballante.

Tu l’autore,
io la penna.
Tu il libro,
io la carta.(Eric Pearlman)

lunedì 15 aprile 2013

Accettami così questa sera. Domani farò meglio.

Lo farò più tardi,
ora devo preparare la colazione
per i ragazzi.
Lo farò più tardi,
ora devo prepararmi
per andare al lavoro.
Lo farò più tardi.
Appena arrivo a casa.
Lo farò più tardi,
prima devo andare a prendere
Isabella in palestra.
Lo farò più tardi.
Dopo la spesa.
Dopo la cena.
Dopo i compiti di Dario.
Lo farò più tardi.
Dopo aver sparecchiato.
Sono le 10, Signore,
e non ho trovato mezz'ora
per lavarmi i capelli,
per sistemarmi un po'.
E Tu sai che non mi piace
inginocchiarmi qui
senza essere in ordine,
senza essermi fatta bella per Te.
Sono le 10
e aspetto che Eric
torni da fuori città,
scorrendo un rosario
di cose ancora da fare.
Le farò più tardi.
Ora,
mentre aspetto il mio sposo,
sto qui con Te.
Un ritaglio di silenzio,
con le doppie punte,
con il maglione macchiato,
con la ciabatte sfondate.
Accettami così questa sera.
Domani farò meglio.
Forse.
Ora sei importate Tu.
Il resto lo farò più tardi.
(Emily Shenker)

domenica 14 aprile 2013

una parola che non faccia violenza a questo silenzio


Per chi resta, Signore,
prepara un bicchiere di latte caldo
con molto zucchero,
perché l'amarezza
può rapire
e uccidere la speranza.

Per chi resta, Signore,
sforna un pane nutriente
perché alzarsi ogni mattina
sarà più faticoso.

Per mamma e papà,
per i miei fratelli
e per i tanti amici
che neppure sapevo di avere
pronuncia una parola
che non faccia violenza
a questo silenzio.

Per me non chiedo nulla.
Ho Te.
Ho pace.
Ho tutto.
(Emily Shenker)