giovedì 21 novembre 2013

Come c’è un’immagine che vogliamo difendere davanti agli altri, così c’è un’immagine che vogliamo difendere davanti a noi stessi. Entrambe sono un freno non piccolo alla libertà evangelica.

La terza esigenza di liberazione è più sottile, 
perché è un fenomeno interiore e non facilmente visibile all’esterno: 
si tratta infatti del rapporto che ciascuno di noi ha con se stesso. 
Come c’è un’immagine che vogliamo difendere davanti agli altri, 
così c’è un’immagine che vogliamo difendere davanti a noi stessi. 
Entrambe sono un freno non piccolo alla libertà evangelica. 
Taluni si sentono sereni solo quando possono contemplare l’immagine di se stessi e vederla senza ombre. 
Chi vive in questa atmosfera interiore non confida in Dio ma in se stesso
La figura neotestamentaria che incarna questo atteggiamento negativo fino alle estreme conseguenze è Giuda: 
nel momento in cui prende coscienza del suo stato di colpevolezza, 
si autogiudica, sostituendosi a Dio, e si suicida, 
invece di gettarsi nella Misericordia (cfr. Mt 27,3-10). 
Di certo sarebbe stato perdonato, come fu perdonato Pietro del suo rinnegamento (cfr. Mt 26,69-75; Mc 14,66-72; Lc 22,55-62; Gv 18,17.25-27). 
Così l’abbigliamento originale del Battista, che non lo inquadra in nessuna categoria e in nessun ruolo, indica proprio la sua libertà dal bisogno di proiettare un’immagine di sé per ottenere consensi. Il Precursore sconosce l’ambizione del protagonismo, 
eppure una forza esce da lui come un magnetismo che non attira a sé, 
ma aldilà di sé, verso Colui che è lo Sposo legittimo. 
È questo che la Chiesa vorrebbe e chiede a se stessa di fare.

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