Signore, se mi lamento con te di quelli a cui tu mi hai mandato,
non voglio dire d'essere migliore dei miei fratelli.
Io conosco il mio cuore.
E tu lo conosci meglio.
Non è migliore di quello degli uomini a cui mi presento in nome tuo.
E so che proprio lamentandomi con te del peso della missione che m'hai affidato,
faccio, appunto
come gli altri di cui mi lamento,
il piccino che vuole farsi consolare,
che è sempre intento alle sue afflizioni,
che non sa tacere,
e dimenticare,
nella grandezza del tuo servizio,
le proprie comodità.
Ma appunto per questo,
non ho per conto mio già abbastanza da sopportare,
non è il mio cuore già abbastanza piccolo e debole,
che debbano anche gli altri confidarmi il peso del loro simile cuore?
O forse il mio cuore guarisce dalla sua miseria
se si presta così e si dona
con pazienza,
in silenzio,
senza lamenti;
se rimane virilmente nel servizio dei fratelli per fare in questo mondo da testimonio
che il tuo cuore è più grande del nostro,
che tu sei longanime e paziente,
che la tua compassione non ci disprezza,
e la nostra bassezza non basta a spegnere il tuo amore.
Forse non posso aver maggior cura di me che dimenticandomi per gli altri; il mio cuore si alleggerisce se, giorno per giorno, porta il peso degli altri in silenzio e pazienza.
E deve essere così, se la missione che m'hai dato è la misericordia che tu hai usato con me:
tu vuoi ch'io possieda in pazienza la mia anima,
portando in pazienza quella dei miei fratelli.
(Karl Rahner, Dio dei miei fratelli).
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