domenica 15 dicembre 2013

se io non accetto le suddette accuse con viso immutato, con la stessa allegrezza e conservando l’identica volontà di santificazione, ciò significa che io non sono punto un vero frate minore.


 Eloi Leclerc, La sapienza di un povero

Più vestito di sole che l’estate - cap. 12
 Francesco stava seduto nella pineta, allorché vide venire attraverso il bosco un frate agile, ancor giovane, dal passo lento e pur deciso.
Riconobbe frate Tancredi.
Francesco si alzò in piedi, gli andò incontro e lo abbracciò.
- Pace a te! - gli disse. - Che grata sorpresa mi fai! Devi aver avuto un bel caldo a salire fin quassù!
- Sì, Padre! - rispose il frate che si asciugava il sudore con la manica. - Ma non ha importanza.
- E come stai? - gli domandò Francesco.
Il frate scosse la testa e sospirò.
- Non molto bene, - rispose. Ed è perciò che vengo a trovarti.
Francesco lo invitò a sedere all’ombra dei pini.
- Cosa c’è che non va? Dimmi tutto - insisté Francesco.
_ Lo sai bene, Padre - soggiunse Tancredi. - Da quando tu non sei più con noi, alla nostra testa, le cose vanno di male in peggio. I frati, intendo coloro che vogliono serbar fede alla Regola e seguire il tuo esempio, sono scoraggiati e disorientati. Si dice e si ripete loro che tu sei superato, che è necessario aggiornarsi, e quindi ispirarsi all’organizzazione degli altri Ordini. La semplicità e la povertà, si dice loro, sono cose molto belle; ma non bisogna esagerare in tal senso e, comunque. non sono sufficienti. Si dice loro infine, che la cultura, la potenza ed il denaro sono beni indispensabili all’azione e al successo. Ecco ciò che si ‘insinua.
- Sono sempre gli stessi, senza dubbio, che parlano così - osservò Francesco con semplicità.
- Sì, Padre’, sono sempre gli stessi. Tu li conosci. Si chiamano gli innovatori. Han fatto molti seguaci. E, per colmo di sventura, taluni frati, per reagire ad essi, si lasciano andare ad ogni sorta di eccentricità, col pretesto della austerità e della semplicità del Vangelo. Alcuni frati si son fatti richiamare all’ordine dal Vescovo di Fondi perché si trascuravano e si lasciavano crescere una barba smisurata. Altri hanno abbandonato l’obbedienza e hanno preso moglie. Essi non si rendono conto che così facendo gettano il discredito su tutti i frati e portan acqua al mulino degli innovatori. Favoriti da tali abusi, questi impongono facilmente la loro volontà, spacciandosi per difensori della Regola. Tra gli innovatori e gli eccentrici c’è il piccolo gregge dei fedeli che soffre d’aver perso il pastore. È un vero strazio tutto ciò! Infine s’avvicina la Pentecoste. È questa la nostra ultima speranza. Verrai tra noi, Padre?
- Sì, verrò. Penso di partire al più presto rispose con semplicità Francesco.
- I frati rimasti fedeli sperano che tu riprenderai in pugno le redini dell’Ordine, che eliminerai gli abusi e ridurrai i ribelli all’obbedienza. È tempo che ciò si faccia, ormai.
- Credi tu che gli altri mi accetteranno,? domandò Francesco.
- Devi importi, Padre, parlando chiaro e forte e minacciando sanzioni. Devi opporre la più fiera resistenza ai ribelli. Non hai da far altro che questo - insisté Tancredi.
Francesco non aggiunse parola. Le cicale frinivano. La foresta sospirava a quando a quando. Un fil di vento passò nella pineta, sollevandone un forte aroma di resina. Francesco taceva. Il suo sguardo fissava la terra, tutta cosparsa d’aghi e di ruscelli secchi. E si sorprese a pensare Francesco che la minima scintilla di fuoco in quel tappeto basterebbe ad incendiare l’intera foresta.
- Ascoltami bene. - disse Francesco al termine d’un breve silenzio. - Non voglio lasciarti nella illusione. Ti parlerò ben chiaro, dal momento che me lo chiedi. Io non mi considererei un frate minore se non fossi nelle seguenti condizioni: io sono il Superiore del mio Ordine, partecipo al Capitolo, faccio la predica, esprimo le mie osservazioni; e quando ho esaurite le mie mansioni, mi si dice: «Tu non hai le qualità che ci vogliono per noi. Tu sei ignorante e disprezzabile. Non ti vogliamo più come nostro Superiore, perché non sai parlare e perché sei sempliciotto e limitato». Mi si caccia via con ignominia, e tutti mi disprezzano. Ebbene, se io non accetto le suddette accuse con viso immutato, con la stessa allegrezza e conservando l’identica volontà di santificazione, ciò significa che io non sono punto un vero frate minore.
- Tutto questo sta bene, ma non risolve la questione - obiettò Tancredi.
- Quale questione? - chiese Francesco.
Tancredi lo fissò, tutto stupito.
- Quale questione? - tornò a chiedere Francesco.
- Ebbene, la questione dell’Ordine! - esclamò Tancredi. Tu mi hai rivelato ora il tuo stato d’animo, ch’io posso anche approvare. Ma tu non puoi limitarti a questo punto di vista del tutto personale e preoccuparti soltanto della tua perfezione. Ci sono anche gli altri. Tu sei il loro Padre e la loro guida! Non puoi tu abbandonarli a loro stessi. Essi hanno diritto al tuo aiuto. Non devi trascurarli.
- È vero, Tancredi. Ci sono gli altri; ed io, credi, penso molto ad essi - soggiunse Francesco. - Ma non s’aiuta a praticare la dolcezza e la pazienza evangelica, sferrando colpi contro tutti coloro che non la pensano come noi.
- Ma cosa ne fai tu della collera di Dio? ribatté vivamente Tancredi. - Ci son sante collere. Cristo ha fatto schioccare la frusta sul capo dei profanatori del Tempio, e non sul loro capo soltanto. Bisogna talora cacciare dal Tempio i profanatori. E bisogna farlo senza mezzi termini. Anche questo è un modo di imitare il Signore.
Tancredi s’era animato e parlava ad alta voce e con foga, accompagnando le sue parole con gesti violenti. Il suo viso s’era acceso. Fece per alzarsi, ma Francesco lo trattenne, posandogli la mano sulla spalla.
- Orsù, fratello Tancredi, prestami un po’ ascolto - disse Francesco con tono pacato. - Se il Signore volesse bandire dal suo cospetto ogni traccia di corruzione umana, credi tu che saremmo in molti ad esserne risparmiati? Saremmo spazzati via tutti quanti, caro mio! Noi non meno degli altri. Non c’è tanta diversità fra gli uomini da questo punto di vista. Per nostra fortuna Dio non pulisce la casa facendone un deserto. E in questo sta la nostra salvezza. Egli ha cacciato un giorno i profanatori dal Tempio. Ma lo ha fatto al fine di dimostrarci che poteva farlo, che ne aveva pieno diritto e che era padrone in casa sua. Ma lo ha fatto, bada bene, una sola volta e come per gioco, o per caso. In seguito si è offerto lui stesso ai colpi dei suoi persecutori. Ci ha rivelato in tal modo in che consista la pazienza di Dio. Non in una impotenza a punire con rigore, ma in una volontà d’amore che non si rinnega mai.
- Sì, Padre, ma così facendo, tu non fai che disertare la partita. L’Ordine si perderà. E la Chiesa avrà a soffrirne moltissimo. Anziché rinnovarsi, essa si corromperà ancor più. Ecco tutto concluse Tancredi.
- Ebbene, io son certo che l’ordine sopravvivrà ad ogni prova - affermò Francesco con gran decisione - purché mantenga la sua calma. Il Signore me lo ha assicurato. È affar suo provvedere all’avvenire dell’Ordine. Se i frati saranno infedeli, Dio ne susciterà ben altri al posto loro. Forse, questi nuovi frati sono già nati. Per quanto mi riguarda, il Signore non mi ha chiesto di far opera di persuasione per mezzo dell’eloquenza e della cultura, né tanto meno di far opera di costrizione sugli uomini. Egli non mi ha imposto che di vivere secondo i dettami del Vangelo. E, non appena ebbi dei seguaci, io mi affrettai a redigere una Regola di poche e semplici parole. Ne ebbi l’approvazione del Papa. Non avevo pretese, ed ognuno di noi era sottomesso a tutti gli altri. Io intendo serbar fede a questo principio fino alla mia morte.
- Dobbiamo, dunque, lasciare che gli altri agiscano a loro modo, e subire ogni offesa senza un moto di protesta! - ribatté Tancredi.
- Per quanto mi concerne - aggiunse Francesco - io intendo sottomettermi a tutti gli uomini e a tutte le creature del mondo, per quanto Dio me lo consente. Ecco quel che significa esser frate minore.
- No, Padre. Non posso seguirti per questa via, né posso comprenderti disse Tancredi.
- Tu non mi comprendi riprese Francesco perché questo mio atteggiamento umile e sottomesso ti sembra vile e passivo. Ma si tratta di ben altro. Anch’io, per lungo tempo non ho capito. Mi son dibattuto nel buio come un povero uccello nella pania. Ma il Signore ha avuto pietà di me e mi ha rivelato che la più alta attività dell’uomo e la sua maturità consistono anziché nella ricerca di un ideale, per quanto nobile e santo, nell’accettare con gioia la realtà, tutta la realtà. L’uomo che vagheggia il suo ideale, rimane chiuso in se stesso. Egli non comunica veramente con gli altri, né prende conoscenza dell’universo. Gli mancano il silenzio, la profondità e la pace. La profondità dell’uomo non è altro che la sua disposizione ad accogliere il mondo. Gli uomini restano, quasi tutti, isolati in se stessi, ad onta delle apparenze. Essi sono simili ad insetti che non riescono a spogliarsi del loro guscio. Essi si agitano, disperati, nel cerchio dei loro limiti. In fin dei conti, essi si ritrovano al punto,di partenza. Essi credono d’aver cambiato qualcosa, e non s’avvedono di morire senz’aver visto la luce del giorno. Gli uomini non sono mai del tutto svegli alla realtà. Hanno vissuto in sogno.
Tancredi ascoltava in silenzio. Le parole di Francesco gli suonavano tanto strane. Quale dei due sognava? Francesco o lui? Lo irritava il pensiero di esser considerato un sognatore. Tancredi era sicuro di sé, di quel che vedeva e di quel che sentiva.

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