L'impegno ci spinge più in là: verso qualcuno che resti anche quando noi passiamo; verso qualcuno che ci prende in mano il cuore, se il cuore non regge al salire. (Don Primo Mazzolari) fissare a memoria le parole di Paolo: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1).
lunedì 16 dicembre 2013
, prima che andiate intendo dirvi: se un giorno vi troverete a mal partito, sappiate che io sono sempre qui. La mia porta resta aperta per voi giorno e notte.
Eloi Leclerc, La sapienza di un povero
Più vestito di sole che l’estate - cap. 12
- Allora, sono tutti dei sognatori coloro che tentano di fare qualcosa in questo mondo! - esclamò Tancredi dopo un breve silenzio.
- Non dico questo - replicò Francesco. - Ma penso che è difficile accettare la realtà. In verità, nessuno l’accetta in blocco. Noi aspiriamo sempre ad aggiungere, in qualche modo, una spanna alla nostra statura. È questo il fine di quasi tutte le nostre azioni. Anche quando si crede di operare per il Regno di Dio, non cerchiamo che di farci più grandi, fino al giorno in cui, sconfitti, non ci rimane che questa sola smisurata realtà: Dio esiste. Allora scopriamo che Lui solo è Onnipotente, che Lui solo è santo, che Lui solo è buono. L’uomo che accetta questa realtà e se ne compiace, trova in cuor suo la serenità. Dio esiste, ed è tutto. Qualunque cosa gli succeda, c’è Dio e c’è la luce di Dio. Basta che Dio sia Dio. L’uomo che accetta integralmente Dio, si rende capace di accettare se stesso. Egli si libera di ogni volontà particolare. Più nulla disturba in lui il gioco divino della creazione. La sua volontà s’è fatta più semplice e, al tempo stesso, vasta e profonda come il mondo. Semplice e pura volontà di Dio che tutto abbraccia ed accoglie. Più nulla separa in tal modo l’uomo dall’atto creativo. L’uomo si fa del tutto disponibile all’azione di Dio che lo plasma e lo conduce a suo piacimento. Questa santa obbedienza dispone l’uomo ad accedere alle profondità dell’universo, alla potenza che muove gli astri e fa fiorire gli umili fiori campestri. Egli penetra col suo sguardo l’interno del mondo e scopre quella bontà sovrana che è alla radice di tutti gli esseri e che un giorno sarà tutta intera in noi, ma egli la vede già diffusa e sbocciata in ciascuna creatura. Egli partecipa alla bontà universale, e diventa misericordioso e solare come il Padre che fa risplendere il sole con la stessa prodigalità sui buoni e sui cattivi. Deh, fratello Tancredi! Quant’è grande la gloria di Dio! E quanto è colma la terra della sua bellezza e della sua misericordia!
- Ma nel mondo - obiettò Tancredi - esistono anche il male e la colpa. Noi non possiamo eluderli. E, dinanzi ad essi, noi non abbiamo il diritto di serbarci indifferenti. Guai a noi, se per via del nostro silenzio e della nostra pigrizia, i cattivi si rafforzano nel male e trionfano sui buoni.
- È vero: noi non abbiamo il diritto di serbarci indifferenti dinanzi al male e alla colpa – riprese Francesco. - Ma non dobbiamo adirarci né turbarci di questo. Il nostro turbamento e la nostra irritazione non possono che compromettere il senso di carità, nostra ed altrui. Dobbiamo imparare a considerare il male e la colpa come li considera Dio. Ed è proprio questa la cosa più difficile. Giacché, dove noi vediamo una colpa da condannare e da punire, Dio ci vede, innanzi tutto, uno stato di smarrimento da soccorrere. L’Onnipotente è anche il più dolce e il più paziente degli esseri. In Dio non v’è traccia, neppur minima, di risentimento. Quando la sua creatura gli si ribella e lo offende, essa non cessa di restare agli occhi Suoi la sua creatura. Dio potrebbe annientarla, s’intende. Ma che gusto ne avrebbe Dio a distruggere l’opera sua, frutto di tanto amore? L’intero creato serba profonde radici nel cuore del suo Autore. Questi è del tutto disarmato in faccia alle sue creature, come una madre al cospetto del figlio. In ciò consiste il segreto di quella enorme pazienza divina che talvolta ci scandalizza. Dio è simile a quel padre che diceva ai suoi figli già grandi ed assetati di indipendenza: «Volete partire, siete impazienti di vivere ciascun a modo suo? Ebbene, prima che andiate intendo dirvi: se un giorno vi troverete a mal partito, sappiate che io sono sempre qui. La mia porta resta aperta per voi giorno e notte. Voi potete sempre accedervi. Voi sarete in casa vostra e io farò di tutto per aiutarvi. Allor che tutte le porte vi saranno chiuse, la mia resterà per voi sempre aperta». Dio è fatto così, fratello Tancredi. Non c’è nessuno che sia capace di amare come Lui. Ma noi dobbiamo sforzarci di imitarlo, finora non abbiamo fatto ancor nulla in tal senso. Cominciamo dunque a far qualcosa.
- Ma da che parte cominceremo, Padre? Dimmi chiaramente qual è la necessità più urgente - chiese Tancredi.
- Innanzitutto - rispose Francesco - dobbiamo aspirare ad avere lo Spirito del Signore. Lui solo può renderci buoni, buoni fin nel profondo dell’anima.
Francesco fece una breve pausa e poi riprese:
- Il Signore ci ha mandati ad evangelizzare le genti. Ma hai tu mai riflettuto cosa ciò significhi? Evangelizzare un uomo significa dirgli: «Anche tu sei amato da Dio in Cristo». Né basta dirglielo: bisogna esserne convinti. Né basta essere convinti: dobbiamo comportarci con quell’uomo, in modo che egli avverta e scopra in se stesso qualcosa che è stato salvato, qualcosa di più grande e di più nobile che egli non pensasse, e dobbiamo, infine, provocare in lui il risveglio di una nuova coscienza di se stesso. Ciò significa annunciargli la buona novella. Senonché, non potrai ottenere questo bel risultato se non offrendo a quell’uomo la tua amicizia: una amicizia reale, disinteressata, senza condiscendenza, tutta nutrita di fiducia e di stima profonda.
«Dobbiamo andare verso gli uomini. Ma non è facile. Il mondo umano è un immenso campo di battaglia dove gli uomini combattono per arricchirsi e per sopraffarsi. Troppi dolori e troppe atrocità nascondono ai loro occhi il volto di Dio. Andando verso di loro, dobbiamo soprattutto evitare di apparire agli occhi loro come una nuova specie di competitori. Noi dobbiamo essere, in mezzo agli uomini, i testimoni pacifici dell’Onnipotente, senz’ombra di cupidigia e di disprezzo, capaci di divenire realmente i loro migliori amici. Gli uomini aspirano alla nostra amicizia, un’amicizia che faccia loro sentire d’essere amati da Dio e d’essere salvati in Gesù Cristo.
Il sole era calato dietro i monti. L’aria si era fatta di colpo più fresca, sotto la spinta d’un leggero venticello che scuoteva gli alberi. Era già quasi notte, e si udiva salire da ogni dove il canto ininterrotto delle cicale.
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