L'impegno ci spinge più in là: verso qualcuno che resti anche quando noi passiamo; verso qualcuno che ci prende in mano il cuore, se il cuore non regge al salire. (Don Primo Mazzolari) fissare a memoria le parole di Paolo: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1).
lunedì 5 agosto 2013
Sventurato è colui che affronta la solitudine senz’esservi spinto dallo Spirito.
Eloi Leclerc, La sapienza di un povero
Sempre più tenebre - cap. 5
D’inverno la vita è dura negli eremi della montagna.
La solitudine vi si fa più vasta e più spaventosa.
L’uomo rimane solo, là dove s’è cancellata ogni traccia di vita; solo coi suoi pensieri e coi suoi desideri.
Sventurato è colui che affronta la solitudine senz’esservi spinto dallo Spirito.
Nel corso di interi giorni tristi e freddi, l’uomo solitario deve starsene rinchiuso nella sua cella. Fuori, la neve s’è distesa su tutti i sentieri, oppure continua a cadere una pioggia gelida.
L’uomo è solo al cospetto di Dio, senza alcuna possibilità di scampo.
Non dispone di libri per distrarsi, né di alcun compagno che lo assista e lo incoraggi.
L’uomo si sente ridotto a se stesso, al suo Dio o ai suoi demoni.
Prega.
E qualche volta tende l’orecchio anche ai rumori del mondo.
Egli non ode più il cantare degli uccelli; non gli giunge che il sibilo del vento sulla neve.
Egli trema di freddo.
Non ha, forse, mangiato dal mattino.
Ed egli si domanda se i frati questuanti gli porteranno qualcosa.
Quando l’uomo ha freddo, si ripiega su se stesso come un animale.
E, anziché meditare, gli accade di brontolare e di bestemmiare.
L’inverno è sempre duro per i poveri.
Il loro tetto è troppo sottile o troppo mal ridotto, perché possa proteggerli dal gelo del vento che si insinua tra le pareti e fin nei cuori percossi da brividi pungenti.
Benché si invochi la povertà e si sia duri e resistenti come la roccia, può darsi che il morso del freddo sia più forte e faccia scricchiolare perfino la pietra.
Allora la tentazione si insinua nel cuore ed il suo linguaggio è quello del buon senso:
« Perché soffrire tanto? Non è forse follia l’ostinarsi invano a sopportare la fame ed il freddo? È necessario, forse, rinchiudersi in un buco sinistro per servire il Signore? ».
Ma presso le anime superiori la tentazione assume ben altro volto, più nobile e più puro del volgare buon senso: il volto della santità stessa.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento