martedì 6 agosto 2013

Soprattutto voleva evitare ogni incontro con Francesco. Rufino aveva perso ogni fiducia nel capo. E quando lo vedeva avvicinarsi da lontano, Rufino si affrettava in altra direzione.


 Eloi Leclerc, La sapienza di un povero
Sempre più tenebre - cap. 5

Fra tutti i frati dell’eremo, era frate Rufino quello che osservava con più attenzione Francesco.
Da mesi lo vedeva trascinarsi a gran fatica, senza reazione, senza slancio e senza gioia.
Dapprima ne aveva avuto gran compassione.
Poi la cosa prese ad intrigarlo e a renderlo inquieto.
Lo torturava quello stato prolungato di tristezza e di abbattimento di cui Francesco soffriva.
Tale stato gli pareva fuori luogo.
A poco a poco cominciò ad insinuarsi nel suo cuore un dubbio:
Francesco era proprio l’uomo di Dio che egli credeva? Non s’era forse sbagliato? Non s’era, forse, illuso troppo presto che fosse un santo? In tal caso, non spettava, forse, a lui, frate Rufino, di raccogliere la sfida e dimostrare di che cosa sia capace un vero santo?
Allora, un messo di Satana si vestì di luce e venne a parlare a Rufino in questi termini:
« Cosa ti unisce, frate Rufino, col figlio di Pietro Bernardone? Questi è un uomo stupido, illuso d’essere un rinnovatore. Egli ha ingannato molta gente e si è ingannato lui stesso. Ed ora considera il bel risultato: egli non è più che un povero cencio, senza forza e senza volontà. La piaga che lo fa languire e piangere non è altro che un grande orgoglio ferito e deluso. Prestami fede. Io sono il Figlio di Dio. So ben io chi ho eletto e predestinato. Il figlio di Bernardone è dannato, ed ogni suo seguace è tratto in inganno. Riprenditi, finché sei ancora in tempo. Lascia che questo rinnovatore corra alla sua rovina. Non prestargli più ascolto. Guardati dal riferirgli ciò che ti ho detto, e soprattutto guardati dall’interrogarlo. Egli potrebbe ancora sedurti. Non curarti di lui e prosegui arditamente e semplicemente la tua strada. Segui il tuo istinto di perfezione che io ti ho ispirato come una promessa di eternità. Te ne additano la via gli antichi erediti che tu mediti. È questa una via sicura, una via già collaudata e benedetta. Imita, dunque, gli antichi, e trascura coloro che vogliono rinnovare ogni cosa prendendone a pretesto il Vangelo».
E l’angelo di Satana esibì più splendente che mai il proprio manto di luce agli occhi di Rufino. Questi ne fu abbagliato e felice. Dio stesso gli aveva, senza dubbio, parlato attraverso quella voce misteriosa.
Da quel giorno Rufino non si fece più vedere in seno alla comunità. Egli voleva vivere, come gli antichi eremiti, nel più completo isolamento, senza veder nessuno. Soprattutto voleva evitare ogni incontro con Francesco. Rufino aveva perso ogni fiducia nel capo. E quando lo vedeva avvicinarsi da lontano, Rufino si affrettava in altra direzione. Da principio, né Francesco né gli altri frati s’avvidero del nuovo atteggiamento di Rufino. Essi avevano tutti un alto concetto di lui. Essi ben sapevano che egli era un uomo dotato d’un profondo fervore. E Francesco li aveva abituati a rispettare la volontà divina nei riguardi di ciascuno di essi. Lui stesso si sarebbe ben guardato dal turbare l’azione di Dio in un’anima.

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