giovedì 15 agosto 2013

Se uno dei suoi primi seguaci, quale Rufino, aveva potuto allontanarsi tanto facilmente da lui, che assegnamento poteva farsi sulla fedeltà di quella folla di frati appena conosciuti?


Eloi Leclerc, La sapienza di un povero
Un’allodola canta sui campi arati - cap. 7

Nel corso del convito, Francesco si dimostrò molto disteso. Aveva collocato Rufino al suo fianco e gli parlava con dolcezza, come se nulla fosse accaduto tra loro. Come se Rufino si trovasse lì non solo di persona, ma anche in spirito. Francesco non gli si rivolgeva mai con tono seccante. Del resto, non aveva mai assunto con nessuno il tono cattedratico. Era troppo consapevole Francesco della sua miseria ed era, inoltre, troppo semplice. Le sue parole ed i suoi atteggiamenti non gli venivano imposti dal di fuori. Egli viveva profondamente ed intensamente. E la sua pienezza di vita e di bontà s’irraggiava d’intorno, senza alcuna premeditazione, secondo un ritmo tutto personale.
Rufino fu commosso da questa accoglienza. Molto più che non lasciasse vedere. Ma aveva la sua idea fissa e non intendeva rinunciarvi. D’altronde, non era essa un suggerimento di Dio? Bisognava, pertanto seguirla fìno in fondo.

Rufino prese congedo dai frati all’improvviso, scuro e chiuso in volto. 
Francesco lo seguì mentre si allontanava e si guardò bene dal rivolgergli la parola. Lo seguiva con lo sguardo sperando che all’ultimo momento Rufino si sarebbe voltato indietro. Se Rufino si fosse voltato, avrebbe visto due braccia tese verso di lui: due lunghissime braccia che non potevano staccarsi da lui e che lo assistevano e lo sostenevano fino al colmo del suo smarrimento. Ma Rufino scomparve, e Francesco restò ancora a lungo fisso in quella direzione. Poi le braccia gli ricaddero pesanti di tristezza. Egli s’era illuso per un istante di poter ricuperare Rufino e ricondurlo nella famiglia dei frati. Ora Francesco avvertiva quanto fosse precaria quell’impresa. Rufino gli voltava le spalle e gli sfuggiva. Ma per quanto tempo ancora?

Francesco andò a sedersi ai piedi d’una rupe.
Il cuculo cantava nel bosco. L’aria era tiepida e dorata. Ma Francesco non vedeva il sole, né udiva il cuculo. Aveva freddo e pensava a frate Rufino e agli altri: agli altri tutti, dal primo all’ultimo. Se uno dei suoi primi seguaci, quale Rufino, aveva potuto allontanarsi tanto facilmente da lui, che assegnamento poteva farsi sulla fedeltà di quella folla di frati appena conosciuti? La piaga dell’anima sua, già lenita da Chiara, tornava ora a riaprirsi e a sanguinare. Quindici anni di sforzi, di vigilanza, di esortazioni per giungere a questo triste risultato! La sua fatica era stata del tutto vana. Era uno scacco, il suo, un duro scacco. Ed egli ne risentiva l’offesa, non già a se stesso, ma a Dio, all’onore di Dio.

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