martedì 20 agosto 2013

Non è lottando che supererai la prova riprese con dolcezza Francesco. - La supererai soltanto pregando. L’uomo che adora Dio riconosce che Lui solo è Onnipotente. Lo riconosce e lo accetta con tutto il suo cuore.


Eloi Leclerc, La sapienza di un povero
 Se sapessimo adorare! - cap. 8

 - Quel che mi dici non mi stupisce - ribatté Francesco con dolcezza. - Ti sovvieni di quando ti mandai a predicare contro la tua stessa volontà? Volevo farti uscire da te stesso e strapparti a quell’isolamento dove sentivo che tu ti chiudevi.

- Sì, Padre, me ne sovvengo. Ma allora non potevo capire. Mentre adesso tutto si fa chiaro per me - rispose Rufino.

- Il Signore ha avuto pietà di te - soggiunse Francesco. - è così che Egli ha pietà d’ognuno di noi. A suo tempo, quando meno ce l’aspettiamo. È allora che noi sperimentiamo la Sua misericordia. È così che Egli si fa conoscere da noi. Come la pioggia tardiva che soffoca la polvere della strada.

- È vero - osservò Rufino. - Mi sembra di iniziare una nuova vita.

- Ma come ha fatto il Signore ad aprirti gli occhi? - gli chiese Francesco.

- Fu il Giovedì Santo, durante il pasto comune - rispose Rufino - che un frate evocò a caso una delle tue massime: «Se una madre nutre ed ama suo figlio secondo la carne, a più forte ragione noi dobbiamo amare e nutrire i nostri fratelli secondo lo spirito». Te lo avevo sentito dire spesso, ma non ci avevo prestato attenzione, e non avevo, in verità, capito bene. Questa volta le tue parole presero un senso per me ed io ne rimasi colpito. Poi, tornato che fui nella mia cella, ne feci l’oggetto di una lunga meditazione. - «in una famiglia senza domestici, pensai, dove le cose si svolgono naturalmente, è la madre che fa da mangiare, che serve a tavola, che accudisce ai lavori domestici e che viene disturbata ogni momento. Essa trova normale tutto questo. Essa non se ne considera umiliata, né si sente abbassata a un rango inferiore. Essa non si considera la cameriera della casa. Ama i suoi figli e suo marito, e attinge da questo amore lo slancio ed il coraggio necessari a servirli. Le capita d’essere stanca, talora, anche molto stanca; ma non si ribella mai. Ed io pensavo ad una famiglia modesta, che avevo ben conosciuta, dove la madre, sebbene affaticata dal lavoro, raggiava pace e felicità nel corso delle sue fatiche. - «M’avvidi allora chiaramente di percorrere una strada sbagliata, e di essere condotto da una mentalità non evangelica. Me ne risentii. Io credevo d’aver lasciato il mondo perché avevo cambiato le mie occupazioni. Non avevo pensato a cambiare l’anima mia. Quell’istante fu per me un totale cambiamento di prospettiva. Non attesi più a lungo per mettere a profitto la luce che mi era concessa. Mi affrettai a mettermi al servizio dei miei fratelli. In seguito, la luce non ha fatto che crescere in me, ed anche la pace. Ora mi sento libero e leggero come l’uccello evaso dalla gabbia.

- Tu puoi render grazie a Dio - gli disse Francesco. - Hai fatto una vera e grande esperienza. Ora sai cos’è un frate minore, un povero, secondo il Vangelo: egli è un uomo che, in piena libertà, ha rinunciato all’esercizio del potere e del dominio sugli altri, ispirato non già da un anima di servo, ma dal più nobile spirito che ci sia, quello del Signore. Questa strada è difficile, e sono pochi coloro che la scoprono. È una grazia questa, una grazia somma che il Signore ti ha fatto.
- Non ci sono, ben vedi, che i padroni del mondo che sono informati dalla volontà di potenza e di dominio. Anche i servi lo sono talvolta, se non accettano liberamente la loro condizione. Questa condizione diventa in tal modo un pesante giogo che schiaccia l’uomo e lo prostra e lo rende ribelle. Questo giogo non è certo quello del Signore. Essere povero, secondo il Vangelo, non significa ridursi ad agire come l’ultimo degli schiavi, bensì ad agire animati dallo spirito del Signore. Questo cambia tutto. Dove aleggia lo spirito di Dio, il cuore dell’uomo non può essere amaro. Non c’è posto per il risentimento. Quando vivevo ancora nel mondo, io consideravo come l’ultima delle cose la cura dei lebbrosi. Ma il Signore ebbe pietà di me e mi condusse lui stesso fra i lebbrosi perch’io esercitassi la misericordia verso di loro. Quando ne tornai, ciò che mi era parso in altri tempi amaro mi diventò dolce per l’anima e per il corpo. Lo spirito del Signore, anziché spirito d’amarezza, è spirito di dolcezza e di letizia.

- Questa esperienza che ho fatto mi ha insegnato - riprese Rufino - quanto sia facile illudersi su se stessi, e quanto sia facile scambiare per una ispirazione divina un semplice impulso della natura umana.

- Sì, è facile farsi illusioni - replicò Francesco. Ed è perciò che le illusioni sono tanto frequenti. Eppure, c’è modo di riconoscerle a colpo sicuro.

- Quale? - chiese Rufino. - Il turbamento dell’anima - replicò Francesco. Quando uno specchio d’acqua si appanna, significa che non è puro. La stessa cosa avviene per l’uomo. Un uomo, quando è turbato, dimostra che la sorgente dei suoi atti è corrotta. Quest’uomo si dimostra ispirato da preoccupazioni estranee allo spirito del Signore. Quando un uomo può soddisfare ogni suo desiderio, non può sapere se sia veramente lo spirito di Dio che, lo ispira. È tanto facile confondere i propri vizi con le proprie virtù, e confonder la vita stessa coi fini nobili e disinteressati che le si propongono. E tutto ciò ha luogo con perfetta inconsapevolezza. Ma se all’uomo che mente a se stesso capita di essere contraddetto o di essere contrariato, allora la maschera gli cade dal volto. Egli ne rimane conturbato e irritato. Dietro l’uomo «spirituale» che non era che uno schermo d’uomo, appare l’uomo «carnale»: l’uomo vivo che si difende con le unghie e coi denti. Questo turbamento e questa aggressività dimostrano che l’uomo è condotto da altre zone più profonde dello spirito stesso del Signore.

La campana dell’eremo prese a suonare. Era l’ora dell’ufficio. Francesco e Rufino si alzarono e si diressero verso l’oratorio. Camminavano sereni come due uomini liberi.
Francesco afferrò d’un tratto Rufino per il braccio e lo fermò.
- Ascolta, fratello; devo dirti qualcosa. Poi tacque, tenendo gli occhi fissi al suolo. Sembrava che esitasse.
Infine, fissando Rufino negli occhi, gli disse con tono grave:
- Con l’aiuto del Signore tu hai superato la tua volontà di sopraffazione e di prestigio personale. Ma a queste crisi molte altre ne seguiranno, che dovrai ancora superare.

- Mi fate paura, Padre - replicò Rufino. - Io non mi sento tagliato per sostenere una simile lotta. -

Non è lottando che supererai la prova riprese con dolcezza Francesco. - La supererai soltanto pregando. L’uomo che adora Dio riconosce che Lui solo è Onnipotente. Lo riconosce e lo accetta con tutto il suo cuore. Egli si compiace che Dio sia Dio. Gli basta che Dio esista. E questa certezza lo rende libero. Capisci?

- Sì, Padre, capisco - replicò Rufino.

I due frati avevano ripreso il cammino, continuando a discorrere. Ora erano giunti a pochi passi dall’Oratorio.
- Se noi sapessimo adorare soggiunse Francesco - nulla potrebbe più turbarci. Se sapessimo pregare, percorreremmo la terra con la tranquilla sicurezza dei grandi fiumi.

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