mercoledì 21 agosto 2013

molti collegano alla parola rinuncia un’ascesi tenebrosa. In effetti Dio vuole che noi viviamo la vita nella pienezza

Sospendiamo la vita di S. Francesco e ci concentriamo sugli angeli.

L'angelo della rinuncia

L’angelo della rinuncia ha vita difficile oggi. Infatti, molti collegano alla parola rinuncia un’ascesi tenebrosa. In effetti Dio vuole che noi viviamo la vita nella pienezza.
Perché allora la rinuncia?

Oggi quello che importa è consumare il più possibile,
concedersi il più possibile.
Naturalmente abbiamo esempi a sufficienza di persone
che sono diventate insopportabili per le loro chiassose rinunce,
ma la rinuncia deve assolutamente portare ad un atteggiamento ostile alla vita?

Rinunciare propriamente vuol dire deporre la pretesa su una cosa che mi spetta.
L’obiettivo della rinuncia è la libertà interiore. 
Chi deve avere tutto ciò che vede, è totalmente dipendente.
Non è libero.
Si lascia determinare dall’esterno.
La rinuncia è espressione di libertà interiore.
Se riesco a rinunciare a qualcosa che mi divertirebbe, sono libero interiormente.
La rinuncia, però, può essere anche una via per esercitare la libertà interiore.
Quando, per esempio, durante la quaresima rinuncio all’alcool e alla carne,
grazie  a queste rinunce posso addestrarmi alla libertà.
Posso provare a vedere se mi riesce di rinunciare per sei settimane
alla televisione, all’alcool, al fumo, alla carne, forse anche al caffè.
Se mi riesce, mi sento bene.
Allora ho la sensazione di non essere schiavo delle mie abitudini,
di non dover usare incondizionatamente l’alcool per trovare stimoli.
Questo è un sentimento di libertà interiore.
Questa libertà appartiene alla nostra dignità.
Se ho l’impressione di aver subito bisogno di un caffè quando sono stanco,
ne divento dipendente.
Questo, alla fine, mi irrita.
Mi toglie la mia dignità di persona che può determinarsi da se stessa 

Avverto allora  che non riesco più a determinare me stesso, ma che piuttosto sono i miei bisogni a determinarmi.
Anselm Grun

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