sabato 27 luglio 2013

Tutte quelle formule serbavano per essi il gusto delle cose reali. Non stavano Dio da una parte e la realtà dall’altra. Dio stesso era reale nel cuore delle cose reali.


Eloi Leclerc, La sapienza di un povero
Solo nella notte - cap. 2

I soli libri conosciuti all’eremo erano quelli liturgici, il Messale e il Libro delle ore canoniche. Per tutti i frati ce n’era un solo esemplare.
La parola di Dio, contenuta in quei libri, vi riacquistava tutto il suo significato ed il suo fior di poesia.
Essa non vi appariva né consunta né offuscata dal peso d’altre letture.
Nulla aiuta, infatti, a gustare e a capire la Parola della Salvezza quanto il vivere pericoloso e malcerto.
La minaccia delle intemperie ci fa sentire il valore di un tetto.
Inoltre, l’assenza di ogni appoggio umano e d’ogni sostegno ci fa sentire quanto siano vere le seguenti parole:
«La mia roccia, il mio baluardo sei Tu».
Allora l’uomo può vedere senza paura la sua vita tremare come il fragile stelo di un’orchidea selvaggia sullo spacco di una roccia al di sopra di un precipizio.
Quando, di sera, i frati recitavano, riuniti nel piccolo oratorio, il versetto:
«Proteggici, o Signore, come la pupilla degli occhi Tuoi»,
essi sentivano di dire qualcosa di grande e di forte! 
Tutte quelle formule serbavano per essi il gusto delle cose reali. Non stavano Dio da una parte e la realtà dall’altra. Dio stesso era reale nel cuore delle cose reali.
Francesco aveva risentito spesso il beneficio di questa esistenza solitaria.

Vari giorni erano ormai trascorsi dal suo arrivo all’eremo. 
Ma questa volta il suo cuore non ritrovava più la pace.
Ogni mattina, di buon’ora, Francesco assisteva alla Santa Messa celebrata da frate Leone.
Poi si ritirava nella solitudine e pregava a lungo, in preda a profonde angosce.
Gli pareva allora che Dio si fosse allontanato da lui, e si chiedeva se non avesse, forse, presunto troppo dalle sue deboli forze.
In quel momento Francesco ricorreva alla preghiera dei Salmi per dar voce al suo sconforto. 
«Tu hai allontanato da me i miei amici, diceva a Dio.
Sono diventato uno straniero fra i miei stessi fratelli.
I miei occhi si consumano nel dolore.
Tendo le mie mani verso di Te.
E Tu, perché respingi l’anima mia?
Perché mi nascondi la tua faccia?
Sono pieno di terrore e di turbamento».
Ma la sua preghiera si faceva ancor più insistente al dir questo versetto:
«Insegnami le Tue vie, o Dio, o Eterno».
In questa supplica si riversava tutta l’anima sua.
Egli dava voce al suo desiderio imperioso che era di conoscere i disegni di Dio al suo riguardo. 
Più non sapeva quel che Dio volesse da lui, e più si chiedeva angosciato cosa dovesse fare per riuscirgli gradito. Fin dai tempi della sua conversione, Francesco non aveva mai desistito dal tendere al Bene. Egli credeva d’essersi lasciato condurre da Dio.
Ed ecco che ora ne subiva uno scacco. 
Nel seguire la povertà e l’umiltà di Cristo, Francesco non aveva aspirato che alla Pace ed al Bene. E sotto ai suoi passi era nata la zizzania, e s’era messa a fiorire abbondante.

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