domenica 28 luglio 2013

È duro accettare questa soppressione del mondo visibile e tener testa al gran nulla. È duro mantenersi sveglio in mezzo a questo deserto di tenebre, dove non solo gli esseri familiari hanno perso il loro risalto, la loro voce e perfino il loro nome, ma dove la stessa presenza divina sembra cancellata.


Eloi Leclerc, La sapienza di un povero
Solo nella notte - cap. 2

Spesso la sua preghiera si prolungava fino a tarda ora nella notte.
Una sera, mentre era intento a pregare, si scatenò una forte tempesta.
S’era già fatta notte, ed era una notte pesante e tenebrosa,
squarciata da improvvisi lampi accecanti.
In lontananza si udiva il tuono che ruggiva sordo.
A poco a poco quel tumulto si venne avvicinando, finché tutto l’impeto della tempesta non si fu raccolto al di sopra dell’eremo.
Ogni tuono sembrava una pesante mazzata contro la montagna,
D’apprima s’udiva nell’alto dei cieli uno stridore come di tela squarciata,
poi s’udiva uno spaventoso strepito che echeggiava a lungo tra i monti.
Pareva allora che lo sfacelo del cielo proseguisse sotto la terra in un boato di terremoto diffuso.

Solo, nella notte, anche Francesco tremava.
Ma non era la sua la solita paura che gli uomini sentono quando la loro vita è in pericolo.
Egli tremava per la paura di non riconoscere i disegni di Dio al suo riguardo.
Egli si chiedeva cosa mai Dio volesse da lui, e temeva di non udirne la voce.
In quella notte la voce di Dio si fondeva con lo schianto dell’uragano.
E Francesco tendeva l’orecchio per coglierne il richiamo.

E cosa mai diceva quella voce che risuonava nelle tenebre squarciate ad ora ad ora dal guizzo di fuoco dei lampi?
Essa proclamava la vanità dei beni terreni.
Essa affermava che la carne è simile all’erba dei campi che fiorisce al mattino e che cade, disseccata da un vento bruciante, la sera stessa.
Poi la voce riprendeva in lontananza lo stesso tema,
in tono più grave e più sordo,
in un rullio prolungato che si perdeva al di là dei monti.
E che altro diceva quella voce? 
Diceva che la gloria di cui Dio si circonda è terribile.
E diceva che nessuno può vedere Dio, se non morendo e passando attraverso l’acqua e il fuoco.

Il fuoco cadeva dal cielo, ed in quel momento l’acqua si mescolava col fuoco. Furon dapprima grosse gocce rade, poi una pioggia dirotta e torrenziale che, cadendo sulle rocce, prendeva a scorrere per ogni dove verso l’abisso. La pioggia si rovesciava sui monti, simile ad un immenso battesimo. Era un invito ad una purificazione universale. 

Francesco contemplava e stava in ascolto. 
Egli stava immobile al riparo di una rupe.
Non era più il tempo d’andar per il mondo a predicare il Vangelo, né era tempo di raccogliere i suoi frati e di ammonirli.
Non era più il caso di fare qualcosa;
ma solo di restare immobile al par della montagna nella notte tenebrosa squarciata dai fulmini, al fine d’accoglier l’acqua ed il fuoco dal cielo e farsene purificare.
Questa voce era misteriosa e non facile a intendersi.

La pioggia era cessata. S’era levato un vento che soffiava freddo sui monti. Lontane e pallide, poche stelle rabbrividivano in cielo. Pareva che il vento fosse sempre sul punto di spegnerle. La notte si manteneva tenebrosa. Non si vedeva a pochi passi dinanzi.
Tutte le cose annegavano nel buio. Non si distingueva più nulla, neppure l’albero dalla rupe, pur familiari. Eran tutte ombre informi che si confondevano nella notte.
Il contorno delle cose s’era cancellato, e lo sguardo era ridotto a perdersi dentro uno spazio oscuro e senza fondo.
È duro accettare questa soppressione del mondo visibile e tener testa al gran nulla. 
È duro mantenersi sveglio in mezzo a questo deserto di tenebre, dove non solo gli esseri familiari hanno perso il loro risalto, la loro voce e perfino il loro nome, ma dove la stessa presenza divina sembra cancellata. 
Francesco aveva desiderato la povertà e l’aveva sposata, com’era solito dire.
Ed in questo momento della sua vita
si sentiva povero, dolorosamente povero al di là di tutto quanto aveva potuto sognare.
In altri tempi, quand’egli si ritirava su quel monte, tutto gli parlava di Dio e della sua grandezza.
La natura selvaggia gli ispirava il senso della Maestà divina.
Egli se ne sentiva sostenuto come l’uccello marino dall’impeto dei flutti.
Ma questa era l’ora della bassa marea,
e Francesco ne era oppresso e ansimante,
simile al pesce gettato fuori acqua.

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