Una vera educazione al servizio richiede un processo di auto-spoliazione difficile e spesso doloroso. Il problema principale del servizio è quello di essere la “strada” senza essere di ostacolo. E se esistono strumenti, tecniche e capacità da apprendere, questi sono anzitutto l’aratura del terreno, il taglio delle erbacce e la potatura dei rami, cioè l’eliminazione di tutto ciò che ostacola la crescita e lo sviluppo.
L’educazione al servizio non è un’educazione ad arricchirsi bensì a farsi volontariamente poveri; non a soddisfare se stessi bensì a svuotarsi, non a conquistare Dio bensì ad arrendersi al suo potere salvifico.
Tutto questo è accettabile solo con grande fatica, nel mondo contemporaneo che parla dell’importanza del potere e dell’autorità. Eppure, è importante che in questo mondo ci sia ancora qualche voce a gridare che se c’è qualcosa di cui vantarsi, questa è soltanto la fragilità. La realizzazione di se stessi consiste nel vuoto, l’utilità nel divenire inutili, il potere nel perdere ogni potere. Ed è parte del nucleo del messaggio cristiano che Dio non si è mai rivelato come l’ “altro” che è potente, inavvicinabile nella sua onniscienza, onnipotenza e onnipresenza. Egli è venuto invece a noi in Gesù Cristo che “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso... e divenendo simile agli uomini, apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8). È Dio stesso che rivela il moto della nostra vita spirituale.
Non è il moto dalla debolezza alla potenza ma il moto in cui abbiamo sempre meno paura, abbassiamo le nostre difese e ci apriamo sempre di più agli altri e al mondo, anche quando ciò conduce al dolore e alla morte.
(Henri J. M. Nouwen, Viaggio spirituale per l’uomo contemporaneo).
Nessun commento:
Posta un commento