L’invito
del Levitico risuona esigente ma assai attraente: «Siate
santi, perché io, il Signore vostro sono santo»(Lv
19, 2). Il Signore Gesù da parte sua non esita indicarci una sorta
di metodologia della santità: «ogni volta che avete fatto
queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete
fatto a me» (Mt 25, 40).
Con
l’accostamento di questi due testi biblici si viene creare un
indissolubile legame tra la santità di Dio e il nostro saperci
chinare non solo e non tanto sulla piccolezza dell’altro – i suoi
bisogni - ma, più profondamente, sul fatto che l’altro nella sua
piccolezza ci rivela il volto di Dio. Ma chi è mai questo Dio che si
confonde con i più piccoli, le più in-visibili tra le sue creature:
«Signore quando mai ti abbiamo visto…?» (Mt
25, 37.44).
Davanti
a questi volti inquietanti dell’umanità che sono i poveri e gli
esclusi anche noi – ogni volta – siamo costretti a riconoscere:
Non c’è ancora abbastanza spazio in me stessa per far
posto alle molte contraddizioni, mie e di questa vita (79).
Laddove le contraddizioni si
fanno più stridenti si è chiamati ad assumente uno sguardo e un
gesto che vada oltre ciò che si vede per cogliere ciò che non si
vede e che pure si sente: la vita di tutti gli uomini
sentita di nuovo come una gran storia di dolori (80).
Quale Dio potrà mai celarsi in
questa storia di dolori?
Una Quaresima con Etty
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