martedì 3 dicembre 2013

Vivono nell'angoscia e nel senso di colpa perché nessuno, nessuno ha mai detto loro che erano preziosi e importanti.

Il povero, cammino d'unità

Io vivo con un popolo che non ha parola:
quelli che sono esclusi dagli affari del mondo,
che sono rifiutati, considerati come pazzi,
e che spesso sono lontani anche dalla "Buona Novella" di Gesù.
Sì, io voglio, in certo modo, essere solidale
con coloro che nel mondo sono esclusi a causa di un handicap fisico o mentale.
Voglio anche unirmi ai loro genitori che soffrono tanto profondamente.
E voglio parlare a nome di quelli che non hanno una casa.
Alcuni sono nelle prigioni dei nostri Paesi, in celle così piene da scoppiare,
condannati a causa della loro attività politica e della loro lotta per la giustizia, della loro fede in Gesù o delle loro azioni contro la legge.
Altri sono negli immensi campi per profughi;
altri ancora sono immigrati in terre straniere.
Voglio parlare a nome di quelli
che sono intrappolati nel mondo della droga, gli emarginati,
quelli che sono schiavi della prostituzione,
quelli che sono soli, i vecchi,
quelli che hanno fame, i lebbrosi, gli ammalati, i moribondi.
Voglio parlare a nome dei bambini che soffrono
e, in modo particolare, di quei bambini che sono rifiutati ancor prima di nascere.
Voglio parlare
a nome di tutti quelli che si sentono inutili, non voluti, un peso sulle spalle della società, un ostacolo per le persone cosiddette "normali", i ricchi.
I loro cuori sono feriti.
Vivono nell'angoscia e nel senso di colpa perché nessuno,
nessuno ha mai detto loro che erano preziosi e importanti.
JEAN VANIER

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