mercoledì 4 dicembre 2013

Non aveva mai udito queste parole: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto

Il povero, cammino d'unità

...Posso parlarvi di Paolo?
Ora ha ventidue anni.
L'abbiamo visto qualche anno fa in un ospedale, cieco, sordo, col cervello gravemente leso.
È stato abbandonato, all'età di quattro anni, dalla sua famiglia che, molto provata, non aveva potuto sopportare la sua malattia.
Non aveva mai udito queste parole:
"Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto", parole così indispensabili per la sicurezza, la crescita e la pace di ogni bimbo.
Proprio perché non aveva vissuto un profondo rapporto di amore, di comunione, di fiducia con i suoi genitori si era chiuso dietro spesse mura psicologiche, soffocato dai dolori acuti dell'angoscia, della solitudine e della colpa, che sono le grandi sofferenze dell'uomo.
Dico "di colpa",
perché molto spesso chi è rifiutato dal mondo pensa che, se è stato rifiutato, è perché non è buono a nulla, è perciò cattivo.
Paolo vuole tanto essere amato,
eppure ha paura di essere amato.
Quando si è stati feriti nel proprio cuore, come lo è stato lui, gli altri diventano pericolosi e si è obbligati a nascondersi dietro a mura di paura e di sospetto.
Occorrerà molto tempo perché Paolo abbatta queste barriere, che forse non cadranno mai del tutto.
Tutto ciò richiederà molti anni, durante i quali noi saremo chiamati a toccare il suo corpo con rispetto, a lavare il suo corpo con tenerezza, a vestirlo, a giocare con lui e a sollevarlo con gioia, sperando così di fargli scoprire che, proprio lui, è bello e importante.
A poco a poco, speriamo che scoprirà che non vi è per lui alcun pericolo nell'uscire fuori dalle mura che si è costruito, che può aprirsi alla fiducia e credere in se stesso, che può vivere, che c'è speranza.
Jean Vanier

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