Il povero, cammino d'unità
...Posso parlarvi di Paolo?
Ora ha ventidue anni.
L'abbiamo visto qualche anno fa in un ospedale, cieco, sordo, col cervello gravemente leso.
È stato abbandonato, all'età di quattro anni, dalla sua famiglia che, molto provata, non aveva potuto sopportare la sua malattia.
Non aveva mai udito queste parole:
"Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto", parole così indispensabili per la sicurezza, la crescita e la pace di ogni bimbo.
Proprio perché non aveva vissuto un profondo rapporto di amore, di comunione, di fiducia con i suoi genitori si era chiuso dietro spesse mura psicologiche, soffocato dai dolori acuti dell'angoscia, della solitudine e della colpa, che sono le grandi sofferenze dell'uomo.
Dico "di colpa",
perché molto spesso chi è rifiutato dal mondo pensa che, se è stato rifiutato, è perché non è buono a nulla, è perciò cattivo.
Paolo vuole tanto essere amato,
eppure ha paura di essere amato.
Quando si è stati feriti nel proprio cuore, come lo è stato lui, gli altri diventano pericolosi e si è obbligati a nascondersi dietro a mura di paura e di sospetto.
Occorrerà molto tempo perché Paolo abbatta queste barriere, che forse non cadranno mai del tutto.
Tutto ciò richiederà molti anni, durante i quali noi saremo chiamati a toccare il suo corpo con rispetto, a lavare il suo corpo con tenerezza, a vestirlo, a giocare con lui e a sollevarlo con gioia, sperando così di fargli scoprire che, proprio lui, è bello e importante.
A poco a poco, speriamo che scoprirà che non vi è per lui alcun pericolo nell'uscire fuori dalle mura che si è costruito, che può aprirsi alla fiducia e credere in se stesso, che può vivere, che c'è speranza.
Jean Vanier
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