giovedì 3 ottobre 2013

Tutta la nostra storia europea, sia sul piano delle idee sia sul piano sociale e politico, è una storia di ostracismo e di persecuzione, di estradizione e di esclusione. Dovunque si annodano nel tessuto sociale questi vincoli di fissazione, di proliferazione, queste ulcere cancerogene.


Conferenza pronunziata all'Università' di Còrdoba nel marzo 1989, durante un colloquio che riuniva sociologi, politologi e filosofi sul tema: "Il futuro dell'uomo, un nuovo umanesimo".

In questo sistema di falsa chiarezza riduzionista, ogni complessità è percepita come un'ingiuria.
Non c'è posto per il riverbero, per la molteplicità degli approcci e dei livelli, per la complementarietà delle visioni. Lo spirito, esattamente come la natura nel suo complesso, si trova minacciato dal crollo del campo vibratorio, dall'entropia.
Ogni teoria è subito colpita dal virus mortale del monopolio e tende a imporsi ferocemente come esclusiva, inconciliabile.
Tutta la nostra storia europea, sia sul piano delle idee sia sul piano sociale e politico, è una storia di ostracismo e di persecuzione, di estradizione e di esclusione. Dovunque si annodano nel tessuto sociale questi vincoli di fissazione, di proliferazione, queste ulcere cancerogene.

Sarebbe ora di non sostituire più una opzione con un'altra, di riprendere gusto a quella perpetua instabilità, all'infinita fluttuazione delle apparenze, a quel transfert permanente di energie e di informazioni, a quel gioco di echi e di risonanze di cui vibrano la materia creata e lo spirito: sono un tutto unico.
Sarebbe ora di ricordarci di ciò che sappiamo nel più profondo di noi stessi: che le antinomie compongono una stessa realtà, le due facce della stessa medaglia, prodotta da una sola e medesima colata! U mondo è il luogo dell'alleanza, dove si celebra l'incontro delle antinomie, dove il fuoco e il ghiaccio, il dolce e l'amaro, il giorno e la notte, la festa e il lutto, la vita e la morte, l'uomo e la donna festeggiano insieme i loro misteri.

Molti lo sospetteranno già: la rivoluzione di cui stiamo parlando si gioca in ciascuno di noi. Non si tratta di un fenomeno di massa che bene o male (e il più delle volte male!) trasforma la vita di ognuno, ma di una trasformazione della coscienza che, a partire da ciascuno di noi, risplenderà sul mondo che ci circonda.

A tale proposito, non resisto al piacere di raccontarvi una storia meravigliosa della tradizione sufica.

Un vecchio saggio viene interrogato sull'arco della propria esistenza fino ad oggi. Ed ecco come ne riassume le tre tappe: 
"A vent'anni conoscevo solo una preghiera: "Dio mio, aiutami a cambiare questo mondo così insopportabile, così spietato". E per vent'anni mi sono battuto come una belva per costatare in fin dei conti che non era cambiato niente. 
A quarant'anni, conoscevo una sola preghiera: "Dio mio, aiutami a cambiare mia moglie, i miei parenti e i miei figli"! Per vent'anni ho lottato come una belva per costatare in fin dei conti che non era cambiato niente. 
Ora sono un vecchio e conosco una sola preghiera: "Dio mio, aiutami a cambiare me stesso"; ed ecco che il mondo cambia intorno a me!".

Ma intendiamoci! Non si tratta di rinunziare all'azione, ma al contrario di scoprire un'azione nuova in uno spirito libero, libero dalle scorie del potere, del voler apparire, delle vanità individuali, delle rivalità, dei regolamenti di conti! Un'azione libera nella gioia di servire!

"Ho fatto molto" diceva Platone "se sono riuscito a risvegliare in chi mi ascolta la memoria di ciò che già sa".

La reminiscenza che qui si tratta di risvegliare è quella della nostra doppia appartenenza.

Noi ci comportiamo su questa terra da amnesici - o, peggio, come un ubriaco che mette a soqquadro l'albergo che sta lasciando perché è sicuro che non ci tornerà più. Abbiamo dimenticato la nostra vera identità, che ci lega ai due principi del creato: il vuoto e il pieno, il visibile e l'invisibile, il dicibile e l'indicibile, il pensabile e l'impensabile, il palpabile e l'impalpabile. La via terrena e la via interiore! "Formare, creare, inventare il mondo, da un lato e, dall'altro, progredire nel cammino interiore" (K.G. Dürckheim).

Azione - contemplazione. Il nostro yang e il nostro yin dell'inizio.

Privato dell'una o dell'altra di queste dimensioni, l'essere umano è selvaggiamente mutilato.

Per questo la sfida della nostra epoca non è né una sfida economica, né una sfida politica, né una sfida scientifica, è una sfida di un ordine ad un tempo psichico e mistico.

Se in questo mondo, in cui minaccia di sparire, non risvegliamo in noi questa dimensione d'eternità, di contemplazione, di accoglienza, la dimensione femminile e sacra in noi, se non creiamo queste oasi di silenzio dove la frenesia si trova sospesa, noi avremo dimenticato la nostra vocazione di uomini e di donne.

In questo rilancio di prodotti, in questa pletora di beni, in questo eccesso di parole, di slogan, di ideologie che ci soffocano, non abbiamo bisogno di una nuova teoria, né di un altro messianismo, né di una nuova ideologia della beneficenza, e nemmeno - oso dirlo! - di un nuovo umanesimo! Abbiamo soltanto bisogno di un silenzio, di una pausa, di un'amnistia: tempo di riallacciare rapporti con la nostra identità autentica.

Christiane Singer

(in Del buon uso delle crisi, 1999, pp. 21-31)

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