mercoledì 2 ottobre 2013

Il disprezzo della legge del creato provoca l'effetto contrario: volendo aver tutto ad un tempo e sempre, ci priviamo della vera intensità. "Rapinando" tutto, derubiamo a noi stessi.


Conferenza pronunziata all'Università' di Còrdoba nel marzo 1989, durante un colloquio che riuniva sociologi, politologi e filosofi sul tema: "Il futuro dell'uomo, un nuovo umanesimo".

Completamente dimenticato l'ammonimento dell'Ecclesiaste (Qoèlet 3, 1-5):

Per ogni cosa c'è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C'è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.

Il disprezzo della legge del creato provoca l'effetto contrario: volendo aver tutto ad un tempo e sempre, ci priviamo della vera intensità. "Rapinando" tutto, derubiamo a noi stessi.

Niente è più lugubre di questo martedì grasso a perpetua memoria della nostra società dei consumi - questa indigestione ininterrotta che nessuna quaresima può alleviare!
Che cosa sa del sapore di un frutto o del pane colui che non ha mai praticato il digiuno?
Che cosa sa dell'amore colui che si abbandona alle eccitazioni così cupa-mente ripetitive della genitalità per arrivare a più o meno lunga scadenza ai surrogati della sregolatezza e della violenza?

È lugubre e cupa questa nuova galera chiamata "libertà sessuale".
Che sa dell'amore colui che strappa la più sottile dimensione dell'essere alla complessità del rituale amoroso, ai prolegomeni del desiderio e dell'attesa, allo sfumato dell'immaginario, alle alternanze di una castità decisa?
È perdente colui che sostituisce al luminoso regno dell'éros la pornografia dagli occhi morti.

E la malattia?
Quanti di noi conoscono ancora la sua dimensione iniziatica e l'accolgono con rispetto, pazienza, disposti ad un ascolto profondo, invece di aggredirla fin dall'inizio con analgesici e di assestarle tutti i colpi di calcio e di randello che offre l'ampia tavolozza della terapia chimica?

E la vecchiaia?
Trattata come un diverticolo spiacevole di cui il progresso della scienza ci promette presto l'asportazione. Odiata, disprezzata come la morte, perché come questa appartiene al regno dello yin, della disponibilità, dell'apertura, dell'accoglienza, del vuoto, della non frenesia, del non rendimento - in una parola al regno dell'anima.

Lo sconvolgimento dei ritmi, questa ignoranza delle fluttuazioni e dei ritmi ondulatori che costituiscono l'universo, rende la nostra società così temibile per coloro che la compongono, per se stessa e per il nostro pianeta.

Se cerchiamo l'origine di questo sconvolgimento dei ritmi nella nostra società industriale progredita della fine del XX secolo, ne troveremo i germi nelle nostre abitudini di pensiero. Le nostre cerebralità occidentali non conoscono più altro che il movimento fatale del bilanciere: o / o. Tutto il nostro pensiero è oggi atrofizzato. I grandi artisti del Rinascimento potevano essere ad un tempo tecnici e alchimisti, storici e mitologi, scienziati e mistici, potevano alimentarsi della coesistenza dei principi che, per noi poveri spiriti contemporanei, si escludono. È o / o!

Solo la molteplicità degli accessi al reale ci può dare qualche idea del suo splendore. Ma di ogni diamante noi vogliamo vedere solo una faccetta! Cioè: l'autoritarismo o la permissività senza bussola, la scienza o la poesia divinatrice, la logica serrata o l'intuizione, il materialismo cieco o la visione mistica, il profano o il sacro, ecc.

Il nostro modello è ancora quel giovane di ventitré anni chiamato Cartesio e la sua improvvisa illuminazione del 10 novembre 1619 - non un'illuminazione religiosa (la società in cui egli vive è profondamente religiosa), ma un'illuminazione razionalista, se così posso dire -: egli scopre i principi di "un metodo universale per la ricerca della verità" e decide di fare tabula rasa di tutte le conoscenze precedenti, di ricostituire l'edificio del sapere con la sola luce della ratio.
Che superba iniziativa e come ha ragione, quel giovane stanco dell'ingarbugliamento scolastico, della palude concettuale in cui si era smarrito l'aristotelismo, come ha ragione di voler fare tabula rasa!
Non c'è teoria, non c'è filosofia, non c'è Weltanschauung che non abbia il suo tempo biologico, il suo tempo di energia e di splendore - e il suo tempo di ramo secco. Ogni impulso benefico, generatore di vita e di rinnovamento si trasforma, se non è continuamente rinnovellato, riinnestato al circuito principale del pensiero vivo, in una massa amorfa e ingombrante. Così capitò alla scolastica all'inizio del secolo XVII.

Vedendo aprirsi davanti agli occhi le prospettive inebrianti di una scienza nuova, il giovane Cartesio promette alla vergine Maria un pellegrinaggio a Notre-Dame-de-la-Lorette, che adempirà due anni dopo. E così egli è l'ultimo a partecipare ai due regni: a gustare le dolcezze del precartesianesimo e a inebriarsi dell'aria vivificante della ratio tutta nuova! (Ricordiamo per inciso che l'altro motore del moderno spirito scientifico, citato altrettanto spesso di Cartesio, Newton, aveva anche lui familiarità con i due mondi e siglava ogni foglio dei suoi manoscritti con la sigla S.D.G.: Soli Deo Gloria. Grande specialista della qabbalah, che studiò per vent'anni, non scriveva all'inizio di ogni sua ricerca - come si può verificare nella Royal Academy ofScience a Londra -: "Questa è solo un'infima parte degli Ordinamenti del Cosmo così come li ho potuti calcolare a partire dalle strutture fondamentali rivelate dalla Torah"?)

In tre secoli e mezzo, l'aria vivificante apportata da questo spirito nuovo si è trasformata in una tenda ad ossigeno in una delle sale di rianimazione che simboleggiano così bene la nostra epoca e dove il gran trionfo tecnologico consiste nel mantenere in vita a tutti i costi sia i morti soggetti a dilazione sia le ideologie antiquate del materialismo assoluto.

Abbandonando la terra nutrice della fede, quell'humus etimologicamente comune all'umiltà e all'umorismo, lo spirito umano, ormai pesante e testardo, si arrampica sull'albero della conoscenza, trasformato da un bel po' di tempo in traliccio ad alta tensione.

O/o - oscillazione fatale del fatale bilanciere! Perché è così difficile per la nostra civiltà comprendere la natura del Reale - il suo movimento fluttuante, la sua incessante metamorfosi, quel tessuto di correlazioni e di complementarietà che lo costituiscono?

E inutile che la scienza contemporanea e soprattutto la fisica nucleare, dopo Werner Heisenberg e Niels Bohr, ci diano conferma di questa natura del reale attestata dagli antichi sistemi cosmologici e religiosi: noi persistiamo nelle nostre società a inforcare gli occhiali riduttivi di un positivismo miope all'Auguste Comte.

Christiane Singer

(in Del buon uso delle crisi, 1999, pp. 21-31)

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