Conferenza pronunziata all'Università' di Còrdoba nel marzo 1989, durante un colloquio che riuniva sociologi, politologi e filosofi sul tema: "Il futuro dell'uomo, un nuovo umanesimo".
Le donne - dice un proverbio cinese sostengono la metà del cielo. Abbiamo perciò a che fare con un problema elementare di statica: se la metà delle colonne che sostengono il peso venisse a mancare, la volta celeste crollerebbe.
Valéry, in Eupalinos ou l’architecte, deplora che le audaci costruzioni dell'intelletto non dispongano di quel piccolo correttivo così invidiabile che ha l'architettura: concepiti senza rispettare le leggi della statica, i suoi edifici crollano, mentre i progetti dello spirito si levano tanto più in alto quanto più sono vuoti e leggeri...
Se il nostro congresso si può accontentare di una metà delle colonne senza che la volta si abbatta sulle nostre teste, l'umanità non potrà farlo. E certo qui non sono solo io a rallegrarmene!
Vorrei invitarvi a gettare uno sguardo al di sopra della barriera ontologica sulla nostra società in questa fine di secolo ansimante.
La prima cosa che caratterizza un organismo vivo sotto il sole - e una società è un organismo - è la sua respirazione, questo scambio costante che unisce l'uno e il tutto, la particella e l'insieme, paradigma di tutti i ritmi, apparentemente binari (inspirazione-espirazione), ma quaternari se si considerano le apnee, le due pose fluttuanti tra i poli: accogliere-restituire; prendere - donare; nascere - morire; giorno - notte. Questo ritmo della respirazione è quello inerente ad ogni vita sulla terra - la pulsazione del vivente.
Ora, quel che colpisce a prima vista è che la respirazione di questa società è malata. La sua aritmia è di natura asmatica. Essa pompa e aspira rumorosamente, ma non restituisce più quell'aria di cui si è gonfiata, per paura di esserne privata. E così soffoca a poco a poco, non per mancanza ma per eccesso. Tirando a sé tutta la coperta, muore di troppo, di sovrappiù. Giace sotto una montagna di prodotti e di detriti e continua ad accumulare tutti i beni, ad aspirare a tutte le risorse del mondo. Crudele sindrome del mondo civilizzato!
(Uno pneumologo mi faceva notare, poco tempo fa, una differenza essenziale tra un occidentale e un orientale: pregati tutti e due di inspirare profondamente, reagiranno in maniera diametralmente opposta: il primo inspirerà subito con vigore, mentre il secondo vuoterà anzitutto i polmoni dell'aria che contenevano: seguirà naturalmente un'inspirazione naturale e profonda).
La nostra società non sa espirare, restituire, lasciare la presa, badare alle pause dell'apnea. Mossa da un'avidità insaziabile, spinta in avanti come una trottola, sta per inghiottire tutto. L'accecamento e l'accelerazione incessante formano a dir poco un duetto spaventoso.
A ogni livello si riproduce questo stesso schema di comportamento, che privilegia l'avere, la soddisfazione immediata dei desideri, la precipitazione, la rudezza, a detrimento dei loro corollari: l'essere, puro e semplice, la disponibilità, la pazienza, la crescita lenta, la dimensione contemplativa. Lo yang distrugge lo yin (ricordiamo che dall'equilibrio di queste due energie dipende l'equilibrio del mondo nella cosmogonia cinese). Distruggendo lo yin in tutte le sue manifestazioni metafisiche e sociali, lo yang si distrugge da sé - poiché queste due forze sono i due aspetti di una sola e medesima realtà - flusso e riflusso dello stesso oceano - recto e verso di uno stesso foglio.
Ne consegue che, nella nostra società, soltanto una parte della realtà è tenuta in considerazione, esaltata, ipertrofizzata, gonfiata al silicone: il piacere, la salute, la giovinezza, la sicurezza, l'agio, la velocità. L'altra dimensione, benché inerente alla prima, è occultata, atrofizzata, negata, rigettata: la malattia, la sofferenza, la morte, lo sforzo, l'addestramento, la responsabilità, la vecchiaia.
Christiane Singer
(in Del buon uso delle crisi, 1999, pp. 21-31)
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