Christian Bobin poeta e scrittore intervistato dalla filosofa Marie de Solemne
Il mio Cantico della solitudine (Avvenire, 30 luglio 2012)
M: Un tempo il solitario veniva chiamato recluso, oggi si parla più volentieri di escluso…
Pare che le nostre solitudini contemporanee patiscano una chiara perdita di senso.
Pensa che questa perdita condizioni il disagio che genera la solitudine?
Pare che le nostre solitudini contemporanee patiscano una chiara perdita di senso.
Pensa che questa perdita condizioni il disagio che genera la solitudine?
C: Credo di non potere generalizzare a partire da quello che vivo io…
Quello che potrei dirle della solitudine, potrei dirlo anche dell’amore e di molte altre cose.
Sono tutti aspetti contigui che interagiscono:
è difficile isolarne uno.
Sono tutti atomi legati, come quelli che compongono l’aria che respiriamo…
D’altronde tutte queste sono realtà aiutano a respirare, offrono la più ampia respirazione possibile. L’amore, la solitudine, la scrittura, il canto, il gioco:
mi piace, per esempio, fare girare come trottole sulla pagina queste realtà perché sento che nella mia stessa vita girano l’una sull’altra, l’una nell’altra.
Tuttavia, che cosa potrei mai dire della solitudine degli altri?
Nonostante mi sia già capitato di scrivere al riguardo,
riconosco di avere personalmente una tendenza ad andare a volte troppo in fretta verso il sublime, verso il celeste.
Devo quindi precisare che non ho scelto di vivere come vivo, anche se ne sono felice, e anche se mi percepisco vivo in questo tipo di vita, un po’ strano e, per certi aspetti, un po’ ritirato…
Non ho scelto questa vita e devo persino aggiungere, è un pensiero che mi viene spesso e che mi fa sorridere, che, con molta verosimiglianza, sarei stato un discreto malato di autismo!
Quello che potrei dirle della solitudine, potrei dirlo anche dell’amore e di molte altre cose.
Sono tutti aspetti contigui che interagiscono:
è difficile isolarne uno.
Sono tutti atomi legati, come quelli che compongono l’aria che respiriamo…
D’altronde tutte queste sono realtà aiutano a respirare, offrono la più ampia respirazione possibile. L’amore, la solitudine, la scrittura, il canto, il gioco:
mi piace, per esempio, fare girare come trottole sulla pagina queste realtà perché sento che nella mia stessa vita girano l’una sull’altra, l’una nell’altra.
Tuttavia, che cosa potrei mai dire della solitudine degli altri?
Nonostante mi sia già capitato di scrivere al riguardo,
riconosco di avere personalmente una tendenza ad andare a volte troppo in fretta verso il sublime, verso il celeste.
Devo quindi precisare che non ho scelto di vivere come vivo, anche se ne sono felice, e anche se mi percepisco vivo in questo tipo di vita, un po’ strano e, per certi aspetti, un po’ ritirato…
Non ho scelto questa vita e devo persino aggiungere, è un pensiero che mi viene spesso e che mi fa sorridere, che, con molta verosimiglianza, sarei stato un discreto malato di autismo!
M: L’amore e la solitudine non sono poi così distanti…
C: Così poco distanti che uno dei più bei titoli di poesia è quello di Paul Éluard:
L’amore la solitudine. Non sono separati nemmeno da una virgola…
È molto giusto perché sono come i due occhi di uno stesso volto.
Né separati né separabili. Ma io le dico questo oggi, a quarantacinque anni…
Mi ci son voluti molti anni, molto tempo, per arrivare a capire qualcosa di queste realtà. È avvenuto a poco a poco, grazie a occasioni, circostanze della vita, incontri.
Curiosamente, sono state alcune persone, alcuni incontri, a donarmi la solitudine.
È un dono, che mi è stato fatto. Come il resto, d’altronde…
Non mi appartiene, è qualcosa che mi è stato regalato.
È molto giusto perché sono come i due occhi di uno stesso volto.
Né separati né separabili. Ma io le dico questo oggi, a quarantacinque anni…
Mi ci son voluti molti anni, molto tempo, per arrivare a capire qualcosa di queste realtà. È avvenuto a poco a poco, grazie a occasioni, circostanze della vita, incontri.
Curiosamente, sono state alcune persone, alcuni incontri, a donarmi la solitudine.
È un dono, che mi è stato fatto. Come il resto, d’altronde…
Non mi appartiene, è qualcosa che mi è stato regalato.
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