giovedì 20 giugno 2013

noi ci limitiamo al metro dello spiraglio, facciamo entrare nelle nostre case la sua leggenda e lasciamo fuori le sue verità che sono la pazienza, il perdono, l’amore


Carlo Bo  Se tornasse San Francesco

Quando Francesco batte alle nostre porte
e questo avviene molto più spesso di quanto non crediamo,
noi ci limitiamo al metro dello spiraglio,
facciamo entrare nelle nostre case la sua leggenda
e lasciamo fuori le sue verità che sono
la pazienza,
il perdono,
l’amore.
In fondo è soltanto l’amore che le raccoglie e le riassume tutte.
Perché lasciamo fuori di casa la sua verità «d’amore»?
Ma perché ne siamo incapaci, il regime di usura e di sfruttamento,
la regola del do ut des,
la filosofia di vita che ne consegue hanno come obiettivo primo lo spirito d’amore,
quel bonum che scriviamo sulle nostre insegne e in realtà non rispettiamo.
Il bonum è soltanto nostro e facciamo di tutto per ottenerlo, migliorarlo sul piano pratico
mentre non è mai
– come vorrebbe san Francesco –
quello degli altri.
Da questo punto di vista vince puntualmente
il nostro calcolo,
il nostro utile,
il senso delle convenienze.
San Francesco ha perso,
così come sembrano fatalmente decaduti i suoi sogni di una comunità umana
svincolata dalle dure leggi dell’economia,
i tentativi che sono stati fatti in altri continenti
e che si ispiravano alle sue più generose ambizioni appartengono alla Storia scritta
ed è improbabile che possano tornare in quella da scrivere.
I tempi per questo motivo non sono mai stati pronti,
lo sono sempre meno, anche se
nelle nostre programmazioni,
nelle nostre calcolatrici,
nei computer
mettiamo tutti i dati necessari per risolvere questo drammatico problema della disuguaglianza.
La società industriale ha ingigantito le ragioni del contrasto sociale
che al tempo di san Francesco avevano un carattere familiare,
ma non dimentichiamo che in prospettiva aveva intravisto l’importanza del tema e secondo la sua natura lo aveva risolto alle radici.

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