L'impegno ci spinge più in là: verso qualcuno che resti anche quando noi passiamo; verso qualcuno che ci prende in mano il cuore, se il cuore non regge al salire. (Don Primo Mazzolari) fissare a memoria le parole di Paolo: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù” (Gal 5,1).
venerdì 21 giugno 2013
Niente dà più noia della povertà, nessuno disturba più del povero.
Carlo Bo Se tornasse San Francesco
Nell’ambito della «povertà»
san Francesco aveva saputo distinguere il veleno
che uccide il corpo di un Paese,
intanto se ne era assunto la sua parte di responsabilità, per sé e per i suoi frati
e dal momento in cui si è convinto di questa verità
ha messo in moto la macchina della riduzione
al minimo,
all’essenziale
e perché era santo
del «sotto il minimo»,
dell’appena vitale,
insomma della sopravvivenza.
Questo significa quel suo voler chiedere per gli altri,
farsi povero per le strade,
alla porta della chiesa,
questuando per le case e sottoponendosi all’offesa e all’insulto.
Niente dà più noia della povertà,
nessuno disturba più del povero.
A distanza di molti secoli questa filosofia è stata ripresa e illustrata dal Manzoni
in uno dei grandi libri della letteratura,
che è ancora una storia familiare
ma dove lo spirito di san Francesco è vivo
nella violenza del mondo,
nella coscienza della colpa,
nel solenne invito al perdono
che fra’ Cristoforo rivolge a Renzo.
È la grande linea che riscatta una letteratura come la nostra
per tanta parte incline alla dilettazione retorica,
la linea che parte dal Cantico, passa per Dante e approda ai Promessi sposi.
Ma anche di questo abbiamo fatto una leggenda, qualcosa da ammirare dal di fuori
senza compromettere nulla di quanto sia veramente nostro,
del nostro interiore.
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